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venerdì 20 settembre 2024

Recensione: JAMES di Percival Everett

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di James di Percival Everett.

james

di Percival Everett
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 336
GENERE: Romanzo storico/Romanzo di formazione
Prezzo: 11,99€ - 20,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Ad Hannibal, una cittadina lungo il fiume Mississippi, lo schiavo Jim scopre che a breve verrà venduto a un uomo di New Orleans, finendo per essere separato per sempre dalla moglie e dalla figlia. Decide, quindi, di scappare e nascondersi nella vicina Jackson Island per guadagnare tempo e ideare un piano che gli permetta di salvare la sua famiglia. Nel frattempo, Huckleberry Finn ha simulato la propria morte per sfuggire al padre violento recentemente tornato in città, e anche lui si rifugia nella stessa isola. Come tutti i lettori delle Avventure di Huckleberry Finn sanno, inizia così il pericoloso viaggio – in zattera, lungo il fiume Mississippi – di questi due indimenticabili personaggi della letteratura americana verso l’inafferrabile, e troppo spesso inaffidabile, promessa di un paese libero. Percival Everett parte dal capolavoro di Mark Twain per raccontare la storia da un punto di vista diverso, quello di James, ma per tutti Jim, mostrando tutta l’intelligenza, l’amore, la dedizione, il coraggio e l’umanità di quello che diventa, finalmente, il vero protagonista del romanzo. Un uomo disposto a tutto pur di sopravvivere e salvare la propria famiglia, un uomo che da Jim – il nomignolo usato in senso spregiativo dai bianchi per indicare un nero qualsiasi, indegno anche di avere un nome proprio – sceglie di diventare James, e sceglie la libertà, a ogni costo. Percival Everett con l’umorismo, l’arguzia, lo stile e l’intelligenza che lo contraddistinguono e che l’hanno reso uno degli scrittori più importanti della sua generazione, ci regala un romanzo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina e che diventerà un punto fermo nella storia della letteratura americana. James è un grande libro che non ha paura di raccontare la vera storia d’America, e dei soprusi e violenze che l’hanno costellata.

RECENSIONE

James di Percival Everett è un romanzo che cattura e coinvolge non solo per la sua audacia narrativa, ma per la capacità di far vibrare corde emotive profonde, portando il lettore in un viaggio che esplora i recessi più oscuri e complessi dell’animo umano. Percival Everett, attraverso la riscrittura di Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain, non solo rende omaggio a un capolavoro della letteratura americana, ma lo trasforma in un'opera densa di significati nuovi e universali, capace di dialogare con il presente in modo vivido e incisivo. 

Il romanzo si inserisce nel picaresque genre, ma lo fa in modo innovativo. Laddove il picaresque tradizionale si limita spesso a una critica sociale superficiale, questa storia si immerge in una narrazione che esplora la profondità delle esperienze umane attraverso un protagonista che non è un semplice antieroe, ma un uomo in costante lotta per la propria dignità e libertà. 

James è un personaggio che sfida e sovverte le convenzioni del genere. Non è un semplice picaro in fuga dalle sue disavventure, ma un uomo in cerca di una libertà che gli è stata negata sin dalla nascita, e che si trova a dover navigare un mondo ostile usando non solo il suo ingegno, ma anche una consapevolezza dolorosamente acquisita della realtà che lo circonda. 

La struttura narrativa è multilayered, composta da molteplici livelli di significato che si intrecciano e si sovrappongono in un gioco raffinato di riflessioni filosofiche, storiche e morali. Attraverso il code-switching, Everett manipola il linguaggio per rappresentare la complessità dell’identità afroamericana, creando un effetto di alienation che costringe il lettore a confrontarsi con la realtà di una società che impone codici linguistici e culturali come strumenti di potere. Il linguaggio diventa così un’arma a doppio taglio: da una parte, è un mezzo di sopravvivenza, una maschera che James deve indossare per proteggersi; dall’altra, è uno strumento di resistenza, un modo per riaffermare la propria umanità in un mondo che cerca costantemente di negarla. 

L'autore costruisce il romanzo come un bildungsroman di rara potenza emotiva, in cui il viaggio fisico lungo il Mississippi diventa metafora di un percorso di crescita interiore, di scoperta di sé e di emancipazione. La relazione tra James e Huck, centrale nel romanzo di Twain, viene qui rivisitata in una chiave profondamente diversa: non è più solo un legame di amicizia tra un ragazzo bianco e uno schiavo in fuga, ma un complesso gioco di power dynamics, in cui le percezioni distorte del mondo da parte di Huck si scontrano con la dura realtà vissuta da James. Questo tensione tra i due personaggi è palpabile, e si riflette in ogni interazione, portando il lettore a interrogarsi su cosa significhi davvero essere liberi in una società che fonda la propria esistenza sull’oppressione e la disuguaglianza. 

Il fiume Mississippi, con le sue acque torbide e imprevedibili, diventa a sua volta un personaggio, simbolo della precarietà e della transizione. È un luogo che non concede riposo, che spinge James e Huck in un continuo movimento, un flux che riflette la loro condizione esistenziale. Il fiume è il cuore pulsante del romanzo, un luogo in cui la natura mostra la sua indifferenza nei confronti delle sofferenze umane, ma che al contempo offre rifugio e possibilità di redenzione. La fuga lungo il Mississippi è un viaggio che non conduce solo a una possibile libertà fisica, ma a una trasformazione interiore, un spiritual journey che porta James a confrontarsi con le sue paure, i suoi desideri e, infine, con la sua stessa identità. La zattera su cui viaggiano James e Huck, ad esempio, può essere vista come una metafora della condizione precaria dei fuggitivi: un mezzo di fortuna che li porta avanti ma che potrebbe tradirli in qualsiasi momento. La zattera è un simbolo di speranza e di fragilità, un piccolo spazio di libertà in un mondo dominato dalla schiavitù. Anche i libri che James riesce a recuperare lungo il suo viaggio sono simboli potenti, rappresentando la conoscenza come uno strumento di emancipazione e resistenza contro un sistema oppressivo. 

Il romanzo di Percivale Everett è un’opera deeply philosophical, che pone domande fondamentali sulla natura della libertà, dell’identità e della cultura. Attraverso i dialoghi che James intrattiene con figure come Voltaire e John Locke, l’autore inserisce nel testo una riflessione critica sulle contraddizioni del pensiero illuminista, che, pur proclamando i diritti universali dell’uomo, ha contribuito a giustificare sistemi di oppressione come la schiavitù. James, con la sua crescente consapevolezza, diventa una voce di dissenso, un personaggio che sfida le narrazioni dominanti e che cerca di ridefinire il proprio posto nel mondo. 

L'autore non si limita a ribaltare la prospettiva di Twain; egli demolisce e ricostruisce la storia, ponendo al centro una voce che è stata troppo a lungo marginalizzata. Questo atto di riscrittura non è solo un omaggio a Twain, ma una sfida alle convenzioni letterarie, un modo per esplorare come le storie vengono raccontate, chi ha il diritto di raccontarle e come queste storie modellano la nostra comprensione del passato e del presente

La narrazione si fa carico di un significato universale, toccando temi che trascendono il contesto storico specifico della schiavitù americana. Il romanzo parla della lotta per la libertà in tutte le sue forme, della ricerca di un’identità in un mondo che cerca di imporre etichette e ruoli predeterminati, e della capacità dell’individuo di resistere e sovvertire un sistema che cerca di annullarlo. È un’opera che invita il lettore a riflettere su questioni di giustizia, dignità e umanità, e che riesce a farlo con una scrittura che è al contempo ironica, dolorosa e profondamente toccante. 

L’autore ha la capacità di intrecciare diversi piani temporali e prospettive, creando una narrazione che è al contempo profondamente radicata nel contesto storico e straordinariamente contemporanea. La scelta di Percival Everett di ambientare il romanzo nel periodo pre-Guerra Civile americana, ma con l'occhio critico e la consapevolezza del XXI secolo, permette una riflessione incisiva sul concetto di memoria storica e sulle modalità con cui la storia viene narrata, ricordata e, a volte, distorta. 

Un altro aspetto cruciale del romanzo è la rappresentazione delle dinamiche di potere, non solo tra bianchi e neri, ma anche all'interno delle comunità afroamericane stesse. L'autore esplora con acume le complesse interazioni tra gli schiavi, rivelando come il sistema schiavista abbia creato non solo una frattura tra oppressori e oppressi, ma anche tensioni interne tra coloro che cercano di sopravvivere in condizioni disumane. Queste dinamiche interne sono trattate con una delicatezza che evita ogni forma di stereotipizzazione, mostrando invece la molteplicità delle esperienze e delle reazioni alla schiavitù. 

Non si limita a rappresentare la violenza fisica della schiavitù, ma scava anche nelle sue implicazioni psicologiche e emotive. Il trauma vissuto dai personaggi, in particolare da James, è reso in modo tanto palpabile quanto straziante. L’angoscia di James di fronte alla possibile separazione dalla sua famiglia, la costante minaccia di violenza e la necessità di navigare un mondo in cui la sua vita è continuamente in pericolo, vengono resi con una sensibilità che coinvolge profondamente il lettore. In questo senso, il romanzo può essere considerato un romanzo sul trauma, un’opera che esplora come la sofferenza, la paura e la perdita possono plasmare un individuo e la sua percezione del mondo. 

La questione dell'identità è un tema ricorrente e fondamentale nel romanzo. James, come molti protagonisti del romanzo di formazione è in cerca di una definizione di sé che trascenda le etichette imposte dalla società. Tuttavia, a differenza dei protagonisti tradizionali del genere, la sua ricerca di identità è costantemente ostacolata dalle circostanze esterne. La schiavitù non solo limita la sua libertà fisica, ma tenta anche di soffocare la sua crescita personale e intellettuale. Il fatto che riesca comunque a ritagliarsi uno spazio per riflettere, sognare e persino insegnare ad altri schiavi a leggere, è una testimonianza della resilienza dello spirito umano, un tema che Everett sviluppa con una maestria straordinaria. 

L’ironia e l’umorismo giocano un ruolo fondamentale. L’autore utilizza l’umorismo non solo per alleggerire i toni di una narrazione altrimenti gravata dalla violenza e dal dolore, ma anche come strumento di critica sociale. È tagliente e mirata, spesso diretta a smascherare le ipocrisie della società americana del XIX secolo, ma che risuonano anche nel presente. Il modo in cui i personaggi bianchi cercano di giustificare la schiavitù o di minimizzare la sofferenza degli schiavi viene smascherato con un sarcasmo che evidenzia l’assurdità delle loro convinzioni. Questo tipo di umorismo, pur se intriso di amarezza, offre al lettore uno spazio di riflessione, mettendo in discussione le narrative dominanti e le loro implicazioni. 

Un altro elemento di rilievo è la rappresentazione della religione e della spiritualità. La religione viene affrontata con una complessità che riflette il suo ruolo ambiguo nella vita degli schiavi. Da un lato, la Bibbia viene utilizzata dai padroni per giustificare la schiavitù e mantenere il controllo sugli schiavi; dall’altro, James e altri personaggi trovano nei testi sacri un linguaggio attraverso cui esprimere la loro sofferenza e la loro speranza di redenzione.  

La dimensione onirica del romanzo è un ulteriore aspetto che contribuisce alla sua ricchezza. James, durante il suo viaggio, è perseguitato da sogni e visioni che riflettono le sue paure più profonde e i suoi desideri inespressi. Questi momenti onirici offrono al lettore una finestra sull’inconscio del protagonista, aggiungendo uno strato di complessità alla sua caratterizzazione. I sogni di James non sono solo fughe dalla realtà, ma anche spazi in cui egli può confrontarsi con il suo passato e immaginare un futuro diverso. Questa dimensione simbolica del sogno, insieme alla riflessione filosofica e alla narrazione picaresca, lo rende un romanzo che sfida le convenzioni letterarie e che invita il lettore a esplorare le profondità della condizione umana. Stiamo parlando quindi di un’opera che riesce a combinare una narrazione avvincente con una riflessione profonda sui temi della libertà, dell’identità e del potere. 

È un romanzo che trascende i confini del genere, fondendo il bildungsroman, il picaresco e la riflessione filosofica in una narrazione che è al contempo universale e profondamente radicata nel contesto storico della schiavitù americana. Percival Everett dimostra una padronanza straordinaria della lingua e della struttura narrativa, creando un’opera che non solo emoziona, ma che stimola il pensiero critico e invita a una riflessione continua e profonda. 

Di seguito trovate i tropes del romanzo che possono aiutarvi a comprenderlo meglio.

1. The Unreliable Narrator (Narratore Inaffidabile): James, in quanto narratore, filtra la realtà attraverso la sua esperienza e la sua percezione, creando una narrazione che potrebbe non essere completamente oggettiva o veritiera, ma piuttosto una rappresentazione soggettiva della sua realtà. 

2. Journey of Self-Discovery (Viaggio di Autoscoperta): Il viaggio lungo il Mississippi è metaforico per la ricerca interiore di James, un percorso che lo porta a comprendere meglio se stesso, la sua identità e il suo posto nel mondo. 

3. Code-Switching (Cambio di Codice Linguistico): Il romanzo utilizza il code-switching come un trope significativo, dove James alterna tra il Black speech e l'inglese normativo, riflettendo la dualità della sua esistenza e la necessità di adattarsi a diversi contesti sociali per sopravvivere. 

4. Oppressed Underclass (Classe Oppressa): James, come schiavo, rappresenta il trope della classe oppressa che lotta contro un sistema ingiusto e disumanizzante, cercando la libertà in un mondo che gli nega i diritti fondamentali. 

5. Mentor Figures (Figure Mentori): I dialoghi interiori di James con pensatori illuministi come Voltaire e Locke fungono da mentori spirituali e intellettuali, guidandolo attraverso le sue riflessioni sulla libertà e la giustizia. 

6. Racial Passing (Passing Razziale): In un momento del romanzo, James deve travestirsi e adottare una maschera per passare inosservato tra i bianchi, un trope che esplora i temi dell'identità e della dissimulazione razziale in un contesto di oppressione. 

7. Escape Narrative (Narrazione di Fuga): La fuga di James dalla schiavitù è un trope centrale, rappresentando non solo una fuga fisica ma anche un tentativo di liberarsi dalle catene mentali e sociali che lo imprigionano. 

8. Intertextuality (Intertestualità): Il romanzo dialoga costantemente con il testo di Twain, creando una rete di riferimenti e contrapposizioni che arricchiscono la lettura e offrono una nuova prospettiva sul classico originale. 

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