Ultime recensioni

martedì 29 dicembre 2015

Il ladro di ricordi di Alessandra Pepino Recensione

Buongiorno! La recensione di oggi riguarda un romanzo ambientato nella mia città, Napoli, scritto da Alessandra Pepino, un thriller intitolato Il ladro di ricordi, edito da Atmosphere Libri che ringrazio per la copia. Un giallo che mi è piaciuto davvero molto, sia per lo stile, le atmosfere e la storia in sé. Leggete per conoscere tutte le mie impressioni!



Titolo: Il ladro di ricordi
Autore: Alessandra Pepino
Editore: Atmosphere Libri
Pagine: 485
Genere:  Thriller
Prezzo: € 18,00
Uscita: 2015



TRAMA


Mancano pochi giorni al Natale quando Elisa Coppola, una quindicenne problematica appartenente a una facoltosa famiglia napoletana, sparisce nel nulla. Apparentemente, non sembrano esserci connessioni con la scomparsa di Lea Andreoli, una coetanea rapita e uccisa soltanto tre mesi prima. Tuttavia, è con l’ombra lunga di un rapitore seriale che si troverà a fare i conti la polizia, chiamata a mettersi sulle tracce della ragazzina. Qualcuno sta giocando a disseminare indizi affinché l’ispettore Jacopo Guerra si accorga della sua presenza: una ciocca di capelli fatta recapitare in commissariato, una filastrocca dai molteplici significati, un messaggio cifrato che forse si nasconde dietro una delle scalinate storiche di Napoli, la Pedamentina di San Martino. Perché il rapitore sceglie di interfacciarsi proprio con lui? C'è qualcosa, nascosto nel suo passato, che possa fare da filo conduttore con i fatti del presente? C'è poi il caso di Mario Ossorio, un uomo che viene trovato cadavere dopo aver fatto un volo di venti metri dalla finestra del suo ufficio. Impossibile stabilire dall’autopsia se si sia lanciato, o qualcuno lo abbia spinto. Un biglietto lasciato sulla scrivania sembrerebbe disegnare lo scenario di un suicidio, ma non sempre le cose sono quelle che sembrano… Tra le luci di un Natale che non sa portare allegria, si intrecciano due storie oscure, che nascondono segreti e rimestano gli equilibri di una squadra di poliziotti che, pur di scavare nelle apparenze, saranno costretti a fare i conti con loro stessi e con il marcio che inquina la coscienza della città e di chi la abita.



Image and video hosting by TinyPic



Il ladro di ricordi è la seconda prova letteraria della scrittrice napoletana Alessandra Pepino. E’ il primo romanzo che leggo di questa autrice e le impressioni ricevute sono notevolmente positive. L’ambientazione è la mia cara Napoli, alle porte di un Natale che si annuncia più fosco di qualsiasi aspettativa, sporcato dal sangue di numerosi innocenti, le cui storie avvolte nel mistero, rimandano echi di silenzi carichi di morte e di sangue.

Il ladro  di ricordi è un thriller a tutti gli effetti non solo perché racconta di un serial killer, di un commissario e di cadaveri che sembra non riescano a trovare pace, ma soprattutto per l’aria che si  respira che è pesante, collosa, opprimente come se ad ogni passo di lettura corrispondesse il suo gemello nella discesa verso l’abisso.

Un abisso che ti scruta, un buio onnipresente che diventa una delle parole più usate nella narrazione. Un buio che è come una coltre di fumo che annerisce, che imbratta le pareti immacolate della vostra voglia di tenervi fuori dall’incubo senza riuscirci.

Elisa Coppola è una giovane quindicenne, esile, taciturna, racchiusa nel suo bozzolo di mancata sicurezza, molto diversa dalla sfrontatezza delle adolescenti di oggi, così mestamente silenziosa, povera di illusioni, ghiacciata da un rapporto con la madre terribile e senza possibilità di redenzione. Elisa scompare, di lei nessuna traccia tranne un diario che viene ritrovato in un secondo momento dove la giovane annotava dettagli riguardanti le sue sedute con la psicoanalista. Una terapia che fino ad un certo punto non aveva dato nessun risultato, fino a quando per un caso puramente fortuito, parte della verità della sua fragile esistenza viene a galla, e a quel punto nessuno più può essere risparmiato dalla colpa.

Proprio da quel diario e da pochi indizi, l’ispettore Jacopo Guerra e tutta la sua squadra indagano. Un’indagine accompagnata da presenze alquanto disturbanti, fantasmi che si vedono rubare la scena come Lea, la ragazzina anch’ella quindicenne che precedentemente era stata rapita e poi uccisa, il cui cadavere è ormai un monito che interroga all’infinito martirio una morte che scava senza perdono.
La morte è una delle protagoniste di questo romanzo cupo, tetro, come non ti aspetti. Una morte che appare e scompare, sottile e fluida, va a sciogliersi tra le intercapedini delle vite dei personaggi, iniettando veleno e sangue. Una morte che si riflette negli occhi vuoti del serial killer, che fin dalle prime pagine è presente sulla scena. Un uomo bello ma inquieto, un uomo la cui anima è piena di demoni senza nome, la cui memoria è impressa in un tatuaggio e la cui volontà sembra essere comandata da un groviglio irrisolto di ricordi.

Appena ho iniziato la lettura ho subito sentito di non poter smettere. E’ bello provare questa sensazione, è qualcosa che ti ammalia, che non coincide con la semplice curiosità ma ti conquista, ti strappa qualcosa dentro e ti spinge a continuare a leggere sperando di trovarlo.

E’ quasi Natale, Napoli è inclemente nelle sue visioni di città malleabile, perfettamente adattabile agli odori e ai suoni che riverberano nell’aria e nella notte. Sembra che sia sempre notte in questa storia, come la copertina del romanzo che riflette un senso di angusto. La stessa angoscia che vive Elisa e che a tratti appare attraverso la sua figura spezzata, ingoiata dalle tenebre, nel luogo fetido ed umido dove è rinchiusa. I suoi discorsi alla notte, alla donna col cappuccio (un uomo, in realtà, il suo uomo, quello che l’ha rapita ma lei non lo sa), sono un cumulo di macerie fatte di parole e di respiri contorti, di preghiere senza luna, di filastrocche che non incantano più nessuno.

“Ferite più o meno lontane nel tempo che riposavano come tombe vuote sulla pelle di una bambina.”

Lo stile dell’autrice è un connubio di molte cose: poetico, stilizzato, intenso, pungente, crudo, ma anche maccheronico e dialettale. Un linguaggio che ti sbatte in faccia la quotidianità di un’esistenza normale nella quale si infila senza troppi complimenti l’assurdo comando di chi uccide e ferisce. Il controllo della perversione, della malattia, della deviazione non si concentrano soltanto nell’omicida, nel colpevole di quelle scomparse così giovani e forse anche di un uomo che si è gettato dalla finestra al cui suicidio nessuno crede, ma si avviluppano nelle cellule di ogni singolo personaggio con i suoi scheletri putridi nell’armadio.

Un romanzo strutturato molto bene, che ti lascia scoprire le cose piano piano, che cambia stile all’occorrenza, che punta molto sulla psicologia dei personaggi, spiegando cosa si cela nelle loro anime. Lo stesso ispettore Jacopo Guerra è un uomo assediato dai suoi fallimenti, da un’indagine passata che non è riuscito a risolvere, è stanco e pieno di angosce. Il suo personaggio è estremamente umano, sembra già uno sconfitto prima ancora che la guerra sia finita. E anche questo contribuisce a donare alla storia un alone di credibilità maggiore ma soprattutto un senso profondo di disillusione. La tragedia della piccola Elisa è come una nube gigantesca  e nera che non mette al riparo nessuno.

“Era una notte senza stelle, una di quelle  che pesano sulla testa degli uomini con tutto il suo buio.”

Una macchia d’inchiostro che si allarga sempre di più, nella quale tutti possono annegare senza rendersene conto. Più leggevo e più mi rendevo conto che non c’era innocenza in ciò che veniva raccontato, neanche nelle vittime, e persino nei cadaveri. Il ladro di ricordi è un romanzo nel quale emerge potente la forza della memoria, il peso del passato che gestisce le azioni di ciascuna figura coinvolta modificando il suo presente. 

“Era una pazzia ma, in fondo, in quel modo tutto sembrava andare al suo posto. Una logica incomprensibile, folle, ma che gli premeva lungo le pareti del cervello, decisa ad uscire. Se quello che stava pensando avesse avuto anche un minimo fondo di verità, allora era arrivato davvero a tanto così da scoprire l’identità del rapitore di Elisa.”

Una storia che odora di strada, di palazzi, di corse contro il tempo, che ha il sapore bruciante della vergogna e il peso opprimente del peccato. I personaggi si passano la voce alternandosi al cospetto del lettore, fornendo così una visione completa ma che giunge da ogni parte, come se il male e il mistero fossero ovunque.

Non conoscevo Alessandra Pepino e questa lettura me l’ha fatta scoprire affrontando un genere sicuramente non facile ma che lei porta a compimento nel modo più completo e soddisfacente. Quando un romanzo ti trasmette sensazioni che ti toccano, sia nel bene che nel male, è un romanzo che si è preso un pezzettino di te e lo ha fatto senza chiederti il permesso. Lo ha fatto perché poteva, perché si è stabilita una sorta di sintonia, di legame che non ha bisogno di permessi per esistere. C’è e niente conta di più.


Nessun commento:

Posta un commento