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giovedì 3 marzo 2016

Il prigioniero della notte di Federico Inverni Recensione in Anteprima + Intervista!

Buon giovedì! Grazie alla Corbaccio, ho avuto modo di leggere in anteprima questo intrigante thriller di Federico Inverni intitolato Il prigioniero della notte. Una storia che non ti aspetti, con numerosi colpi di scena in cui i protagonisti sono due ma sono la mente e la memoria ad avere tutta la forza attrattiva e contrastante di questo romanzo, che ti prende e ti coinvolge in un vortice di inquietudine e di oscurità. In fondo è come se fosse la notte a parlare... E non dimenticate di leggere l'intervista all'autore dopo la recensione!



Titolo: Il prigioniero della notte
Autore: Federico Inverni
Editore: Corbaccio
Pagine: 480
Genere:  Thriller
Prezzo: € 16,90
Uscita: 3 Marzo 2016


TRAMA


Lucas è un detective. Nella sua vita gli sono rimasti solo il nome e il lavoro. Il suo passato è una ferita sempre aperta da un evento sconvolgente ha segnato la sua vita... e la sua mente. Come un automa attraversa i delitti su cui è chiamato a investigare, mettendo al servizio della giustizia il suo intuito straordinario, quasi visionario, e la sua sensibilità persino eccessiva. Fino a quando incappa in un caso diverso da tutti gli altri: una giovane donna trovata morta con il terrore negli occhi e nessun segno di violenza apparente. Lucas sa che il colpevole è un assassino seriale e ne ha conferma da Anna, psichiatra profiler, abituata a scandagliare il male in tutte le sue forme, da quando lei stessa, da ragazza, ha vissuto un’esperienza traumatizzante. Lucas e Anna annaspano in un labirinto di follia in cui i ricordi del loro passato, tenuti troppo a lungo sepolti, riemergono taglienti come vetri rotti in un’indagine che li coinvolge da vicino, lasciandoli devastati di fronte a una verità impensabile.


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Il prigioniero della notte è un thriller che intrattiene e sorprende, fornendoti una miriade di particolari e di dettagli che ogni volta, pagina dopo pagina, ti incidono addosso la curiosità di scoprire cosa si cela dietro la natura umana. 
E’ la mente ad essere la vera protagonista di questa storia e con essa la memoria, indi, non dimenticate queste due parole, realtà, parti integranti ma anche spaventose della nostra vita: mente e memoria, che poi sono la stessa cosa. 
Lucas è uno dei due protagonisti. Un uomo che fin dai primi accenni appare malato, sia fisicamente che interiormente. Una figura strana ed inquietante che viene chiamata sul luogo di una sparatoria dove un improbabile cecchino sta seminando terrore. Quest’uomo ha fatto il nome di Lucas e la polizia non può non tenerne conto, anche perché Lucas è un collaboratore della giustizia, nonostante la definizione del suo ruolo non sia chiara a nessuno, nemmeno a chi ci è profondamente dentro. 
La prima scena a cui assiste il lettore è magmatica, collosa, lenta come lo sono i ricordi, appiccicosa come lo è il sudore che bagna la fronte ed il corpo di Lucas prima che vada sul luogo dell’incidente per rispondere a quella richiesta d’aiuto apparentemente immotivata. Subito lo si inquadra come un personaggio complicato, pieno di psicosi e di ossessioni, per chi ha familiarità con la psicologia e la psichiatria, è chiaro fin da subito che qualcosa di molto grave nella mente di Lucas non va per il verso giusto. Ma è presto per fare congetture, no? Godiamoci prima la comparsa dell’altra protagonista della storia, Anna Wayne. La profiler che si occupa di redarre i profili dei criminali ed in particolar modo dei serial killer. E’ proprio lei a volere Lucas su un’altra scena del crimine, dove una giovane ragazza viene trovata morta con un tulipano a serrarle le labbra. Non ci sono segni di violenza, né di abusi sessuali, è stata semplicemente avvelenata. In altre parole si è addormentata per sempre. Lucas non conosce Anna e non sa per quale motivo lei abbia fatto richiesta proprio di lui per risolvere il caso di questo oscuro serial killer che è ormai giunto alla sua quarta vittima.  
E’ impossibile non confrontare nell’immediato questi due personaggi. E’ inutile nasconderlo saranno loro la mente e le azioni di tutto il romanzo. Anna e Lucas sono due facce della stessa medaglia e lo si evince anche dalla forma narrativa che assume il romanzo: la voce che racconta si alterna tra la prima persona che corrisponde a quella di Anna e la terza persona che racconta le vicende in rapporto a Lucas. Due episodi apparentemente scollegati tra loro, il ritrovamento della quarta vittima del killer del tulipano e l’incidente in cui sono coinvolte tante persone ed un cecchino, sono al centro della trama principale che partirà ad una velocità sconcertante e violenta nel momento in cui il cecchino si suiciderà costringendo Lucas a sparargli e la storia delle vittime del killer verrà totalmente fuori, tra sonni indotti, incubi marchiati e giovani donne morte come fossero belle addormentate in campi di tulipani. 
Perché il cecchino ha voluto Lucas? E in che modo i due episodi sono collegati tra loro? E’ questo il filo conduttore che tiene col fiato sospeso il lettore durante tutto il romanzo, rafforzato da uno stile molto descrittivo, con cui le scene del crimine sono raccontate nei minimi particolari. Lucas è il neon, una luce asfissiante e abbagliante. E’ lui la presenza che calamita qualsiasi attenzione, è dal suo intuito e dalla sua bravura che ci si aspetta la risoluzione dei due casi. Quell’uomo sembra un automa, fin dall’inizio non ho mai capito se fosse davvero presente e partecipe dei fatti di cui prendeva parte. L’autore è molto bravo nel creare un personaggio affascinante nella sua trasparenza che è come vetro che si spacca. Un vetro segnato, incrinato, sempre sul punto di cadere in mille pezzi. Inafferrabile. Lucas è come qualcosa di sporco che ti scivola dalle mani e che non riesci ad inquadrare, per nessuna ragione al mondo. E’ un enigma, eppure allo stesso tempo è un jolly, quello attorno il quale gira l’intera storia.  
Lucas sembrava un uomo senz’anima. 
Ho avuto la sensazione che non fosse in grado di percepire la gravità di ciò che stava accadendo, come se non fosse capace di esserne coinvolto fino in fondo. E’ uno spettro, un fantasma che lotta con la sua memoria e con le nebbie del suo destino. Le descrizioni sono terribilmente lente, da squarciare occhi e stomaco. Questo romanzo è opprimente, ansioso, intollerante, la giusta misura di ciò che accade al suo interno ti si riversa addosso. 
L’azione si svolge entro quarantotto ore ed è un delirio continuo, pulsante, infernale. Un purgatorio di anime, quella di Lucas e di Anna. Ma è la notte ad essere continuamente chiamata in causa, una notte umanizzata, reale, umida e sofferente. Agitata e per nulla imperturbabile. Una notte nera come l’anima dei protagonisti. 
L’odore della notte era come un veleno. Mi riempiva a poco a poco il naso, la gola, i polmoni, come un miasma letale. L’odore della notte era quello dei miei ricordi più sopiti. 
Il killer tiene le ragazze due settimane nelle quali le mantiene addormentate e poi al termine di quel lasso di tempo le uccide, sostituendo il sonnifero con il veleno mortale. Ma qualcosa nell’ultima vittima cambia il suo modus operandi e il gioco mortale subisce un tragico cambio di direzione. Anna è attratta da Lucas grazie ad un particolare istinto di protezione. Vorrebbe capirlo, alleviare la sua evidente sofferenza ed anche lui non è indifferente alla comprensione che vorrebbe raggiungere a proposito di quella donna anch’ella vittima di un passato pieno di demoni e di ferite.  
Placava la mia rabbia con la sua imperturbabilità, mi acquiesceva l’animo. 
I due protagonisti sono stranianti, sono alienanti ed alienati. Sono malati nella mente e nella memoria. L’autore riesce a dare un quadro molto definito eppure paradossalmente indefinibile di due anime molto tormentate che non trovano pace. Sono inghiottite dal loro passato, dai ricordi, da ciò che è rimasto irrisolto e pesa su di loro con un senso di colpa inammissibile.  
Lucas è un cadavere ambulante, una figura che traballa, quasi priva di forze, ma con una luce negli occhi molto simile a quella di uno spirito, forse malvagio oppure troppo distrutto e provato dalla vita per essere sereno e felice. Anna è una donna forte ma piena di rabbia. La sua rabbia cova in modo indisciplinato e feroce tra le pieghe del suo io interiore, aggrappandosi alle vene sanguinose di un passato che l’ha avvelenata.  
Il titolo del romanzo oltre ad avere senso nella storia stessa è anche una sorta di richiamo alla notte. Quasi tutto accade di notte, al buio, nell’oscurità più assoluta, nel turbamento e in quella coscienza terribile che attraverso l’esterno si può lentamente e inesorabilmente raggiungere, toccando quella verità che si è sotterrata dentro di noi. La notte è un personaggio, una vestale nera e muta che segue i due protagonisti nella loro paura. 
Tornano spesso le parole: fantasmi-spettri e vuoto-voragine. Come se tutta la vicenda fosse un eco di queste dimensioni trascendentali che fanno affidamento sull’essenza inconsistente di Anna e Lucas e sulla loro memoria. 
Lo scorrere delle pagine sempre ad un ritmo serrato ed incandescente, dove non fai nemmeno in tempo ad abituarti alla verità che hai appena appreso da essere subito inseguito da nuovi dubbi e perplessità, ti conduce davanti a dati di fatto sorprendenti ed inquietanti. Scoperte che non potevi minimamente immaginare, risvolti della medaglia nei quali anche chi appariva il più innocente può essere il colpevole o i colpevoli. Chi è davvero Lucas? Cosa è accaduto ad Anna? 
Chi sono queste due figure così perfettamente lo specchio l’una dell’altra tanto da annullarsi a vicenda fino a quando… 
Devo andare a fondo di questa storia, prima che questa storia mandi a fondo me. 
Federico Inverni, che peraltro è uno pseudonimo, ha ammesso la sua passione per la mente e da essa è stato ispirato per la stesura di questa storia. C’è una forte e pressante presenza psicologica che vale davvero la pena di conoscere e di assorbire. Il prigioniero della notte è un romanzo originale e che nessuno si aspetta. Che pone l’attenzione sulla memoria, perché noi siamo memoria, non solo ricordi, passato, ma anche tutto ciò che inventiamo. Il gioco sta per iniziare, e voi siete pronti per guardare nella mente della notte?




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Salve Federico, grazie per aver accettato questa intervista. 


Grazie a lei per avermi voluto intervistare. 


1- Federico Inverni è uno pseudonimo. Ci racconti i motivi della sua scelta. 

Due ordini di motivi: il primo è del tutto personale e non ne posso parlare, il secondo invece ha a che fare con l’idea che un romanzo possa trovare i propri lettori anche senza l’ingombro di un autore. Se vorranno e se il romanzo piacerà, i lettori e le lettrici alla fine ameranno Anna e Lucas, conterà ben poco chi sia io… 
  
2- Il suo romanzo, Il prigioniero della notte, è un thriller. Quali sono le motivazioni che stanno alla base della scelta del titolo? 

È un titolo in verità trovato dalla mia casa editrice, Corbaccio. Cecilia Perucci, il direttore editoriale, me l’ha proposto e mi sono subito entusiasmato. Io non avevo la benché minima idea di come intitolarlo, in effetti. Però quando ho letto nell’email di Cecilia la proposta di questo titolo, ho subito pensato che era una definizione perfetta. Applicabile ai protagonisti della storia… E alla storia stessa. Non posso dire di più per non fare spoiler, come si usa dire, ma garantisco che è azzeccatissimo. 
  
3- Qual è l’anima del suo romanzo e cosa rappresenta per lei? 

L’anima del romanzo è un’ossessione, quella per la memoria. È una mia ossessione personale, che ha ragioni biografiche, e lentamente, nel corso degli anni, è diventata oggetto di studio. In che modo la nostra memoria fa di noi ciò che siamo? In che modo l’assoluta inaffidabilità della nostra memoria ci condiziona? Quanto di noi è verità e quanto, invece, è pura e semplice narrazione interiore? Quante volte le menzogne che ci raccontiamo finiscono col diventare verità a cui noi stessi crediamo senza rendercene più nemmeno conto? Sono abissi molto interessanti, per me, e non potendoli sondare con le armi di uno studioso ho provato a scegliere quelle di un narratore. Quindi, per rispondere alla domanda: cosa rappresenta? Facile: un’ossessione. 
  
4 - La storia di Lucas e di Anna, i due protagonisti, è incentrata sulla memoria e sulla mente. Quale ruolo hanno questi due elementi nella sua vita? Perché li ritiene così importanti da aver scritto un romanzo su di essi? 

In parte ho risposto a questa domanda nella risposta precedente. Aggiungo che li ritengo così importanti per ragioni personali, che non posso rivelare ahimé, ma che hanno condizionato in qualche modo la mia vita, la condizionano ancora. 
  
5- Qual è il personaggio che ama di più e quello che le ha creato più difficoltà nella stesura? 

Ho iniziato a scrivere amando disperatamente Lucas. Quella forma d’amore appunto ossessiva che spinge a voler sapere sempre di più dell’oggetto del proprio amore. Poi però a un certo punto – ricordo ancora il momento esatto, era una giornata di vento e sole, c’era il rumore delle onde – la voce di Anna ha preso il sopravvento. Di lei ho amato e amo la passione per la giustizia, e soprattutto la rabbia. Una rabbia intrisa di splendore come un sole, che mentre scrivevo mi accecava quasi a dirmi: scrivi più in fretta. Nessuno dei personaggi mi ha creato difficoltà, invece, ma forse perché sono un esordiente… 
  
6 - C’è stato un momento in cui ha pensato di abbandonare la scrittura? 

No, a dire il vero no. C’è stato forse qualche momento in cui ho temuto che la scrittura abbandonasse me. Per fortuna, Anna e Lucas ci hanno messo una pezza. 
  
7- Quando ha iniziato a scrivere e perché? 

Da quando ho imparato a farlo, non ricordo un momento in cui abbia smesso di scrivere. Ho ancora da qualche parte a casa il primo romanzo che ho scritto, battendolo a macchina con una vecchia Olivetti e rilegandolo con ago e filo. 
  
8- Quale definizione darebbe di se stesso come scrittore? 

Fortunato. Sono qui a parlarne, questa è fortuna pura ;-) 
  
9- Quali sono gli autori da cui trae ispirazione? 

Tantissimi, sono un lettore compulsivo e onnivoro. Mi sono chiesto perché ho scritto un thriller… La risposta forse l’ho trovata scavando nella memoria. Ho sempre preferito Topolino a Paperino. Ho amato Conan DoyleAgatha Christie, Rex Stout, Ellery Queen. Trascorrevo le vacanze al mare, da piccolo, nell’appartamento dei miei zii e c’era uno scaffale enorme pieno di piccoli volumi dalla costa gialla. Li sfilavo uno a uno, li aprivo, le pagine spesso ingiallite, a volte anche fragili, odoravano di salsedine e di carta umida. Erano Gialli, e li ho divorati. 
  
10- Chi è Federico Inverni nella vita di tutti i giorni? 

Non posso dirlo. 
  
11- Pensa che nella vita siamo tutti prigionieri della nostra memoria? 

No. Ognuno ha una forma di prigionia interiore, perché ognuno ha una debolezza. La mia è la memoria, ma si può essere prigionieri di emozioni, di sentimenti. Di pregiudizi. Di opinioni che s’incancreniscono e diventano verità assolute. L’unico modo che conosco per liberarsi, per sprigionarsi, è leggere. 
  
12- Continuerà a scrivere? 

Eh… Mi sa di sì. 
  
13- Com’è stato esordire con una casa editrice affermata come la Corbaccio? 

Meraviglioso. Molto professionale ma anche molto divertente! Hanno dovuto lavorare con uno sconosciuto, solo tramite email, senza mai vedermi né parlarmi, senza sapere chi sono… Una grande pazienza da parte loro, devo dire. Ma forse anche in casa editrice si sono divertiti… Io lo spero! 
  
14- Se dovesse dedicare il suo romanzo a qualcuno, a chi lo dedicherebbe e perché? 

Lo dedicherei a tutte le lettrici e a tutti i lettori. Del mio romanzo o meno, non importa. L’importante è leggere. 






2 commenti:

  1. Ciao Antonietta, come ben sai io non sono un'amante di questo genere ma devo dire che questa storia sembra davvero avvincente e mi è piaciuta non tanto ma tantissimo l'intervista con l'autore e sono d'accordissimo con lui sul fatto di leggere e leggere e di continuare a scrivere, solo così uno scrittore può sentirsi bene e in pace, o perlomeno ti senti in pace con te stesso e con il mondo mentre lo fai.
    Io mi sento così.
    Tutto il resto si annulla, per poi tornare, ahimè, quando spegni il computer o metti giù un libro.

    Un abbraccio <3 <3 <3

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    Risposte
    1. Cara Federica, questo thriller è molto interessante, a parte per il genere narrativo, ma proprio per la tematica su cui si basa il romanzo: la mente. Si vede che l'autore non ha scritto nulla per caso, ma dietro c'è studio e un reale interesse, approfondito ed intenso, per questo aspetto del nostro essere, ossia la memoria e la mente. Sono d'accordo anche io sullo scrivere ed il leggere e sul fatto che davvero quando avviene, tutto scompare.

      Un abbraccio ^___^ <3

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