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venerdì 7 ottobre 2016

PalazzoKimbo di Piera Ventre Recensione

Buon venerdì! Alle porte di questo nuovo weekend di un mese che mi piace molto perchè si avvicina l'inverno, vi propongo una lettura incentrata sulla mia città: Napoli. Piera Ventre, pubblicata da Neri Pozza che ringrazio per la copia, in PalazzoKimbo, racconta un romanzo storico e di formazione in cui una ragazzina guarda con occhi giovani ma profondi una città contrastante e spesso incongruente. Una città dai mille volti che nonostante tutto, non posso fare a meno di amare.



Titolo: PalazzoKimbo
Autore: Piera Ventre
Editore: Neri Pozza
Genere: Romanzo storico
Pagine: 432
Prezzo: 16,00
Uscita:  Settembre 2016
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TRAMA


Nella prima metà degli anni Settanta, Stella, detta a scuola stelladamore, col nome attaccato al cognome, ha un palazzo intero per madre. A Napoli, tutti lo chiamano Palazzokimbo per via dell’enorme insegna pubblicitaria che campeggia sul tetto. Chili e chili di ringhiere, porte blindate, chiavistelli… un clangore di ferro risuona per i suoi otto piani, fino alla cima, una distesa asfaltata e ricoperta di antenne, da cui si scorge tutta la città, compresa la striscia di mare dove si erge la Saint-Gobain, la vetreria proprietaria degli appartamenti in cui vive il personale della fabbrica. Settanta famiglie di operai, come il papà di Stella, e impiegati ed elettricisti che hanno a che fare con silice, ossidi, nitrati e amianto, e rientrano a casa coi vestiti che sopra i baveri sembra vi sia uno spolvero di talco. All’ottavo piano abita la famiglia D’Amore. Ci sono i genitori, zia Marina, la sorella signorina di papà, i nonni paterni, Stella e sua sorella Angela. C’è pure un gatto, battezzato Otto, per un semplice calcolo d’aggiunta. Tanti D’Amore, e ciascuno con un passo e una voce, un modo di sbattere le porte, di strascicare i piedi, di richiudere sportelli, di calibrare il volume della televisione. Quattro piani sotto vive la signora Zazzà, che calza sempre le pantofole, indossa una quantità di stracci variopinti e cela un segreto che nessuno conosce. Quando non si aggira per Palazzokimbo, Stella trascorre il tempo incantato della sua infanzia con Consiglia, l’amica del cuore coi capelli rossi che le sfiammano lampi sulle spalle, le guance accese e la lingua velenosa. Nel ventre di Palazzokimbo penetrano, però, anche i fatti di fuori, gli eventi terribili della fine degli anni Settanta: la deindustrializzazione, il rapimento Moro, la strage di Bologna… L’esistenza dignitosa della brulicante umanità di Palazzokimbo appare allora soltanto come una fugace parentesi, e l’infanzia incantata di Stella come un breve preludio alla consapevolezza dei guasti della vita che l’età adulta dona. Finalista al Premio Neri Pozza 2015, Palazzokimbo svela il talento di una scrittrice capace di dare nuova linfa al romanzo di formazione e di restituirci con brio e impeccabile scrittura l’atmosfera dell’Italia degli anni Settanta.




















Palazzokimbo è un romanzo interno, viscerale, promiscuo, che nasce dalle interiora di un luogo che non posso non guardare sempre con gli occhi dell’amore: Napoli, la mia città.

La dama dalle ciglia lunghe, la vestale fatta di luna e stelle, l’incredibile fantasma che nella sua veste invisibile raccoglie in sé tutto il turbamento delle leggende. Un pezzo di storia che cammina, una languida condottiera di battaglie che non hanno mai una sola vittoria, un’eterna bambina, un po’ pagliaccia con la faccia imbrattata e triste perché sa cosa significa la miseria.

Un luogo in cui si raccoglie tutto, tutto quello che l’uomo può immaginare, una visione religiosa e miscredente insieme, che sa tanto del miracolo quanto del peccato.
PalazzoKimbo è il palazzo dove l’autrice decide di ambientare la storia, negli anni Settanta, caratterizzato dall’essere il condominio esclusivo dei lavoratori di una fabbrica poco distante, chiamato Kimbo per l’insegna della nota marca di caffè proprio sulla facciata delle sue mura.
Un palazzo pieno di scale che viene descritto come una madre dalle infinte finestre, piena di occhi da cui immaginare tutto ciò che c’è fuori.
Parlava la lingua proibita, metteva assieme quei fonemi selvatici e sanguigni che parevano risalire direttamente dai sottosuoli di Napoli. Voleva afferrarmi, tirarmi giù nei sotterranei, nelle caverne oscure sulle quali poggiava tutta la città, tormentarmi con parole che non avrei capito, accuse che non avrei potuto controbattere, col mio italiano fiacco e mansueto.
Un luogo pieno di sogni e di incubi dove una bambina cresce in mezzo agli altri bambini, alle amichette, alla famiglia e ai primi amori.
Stella vive come tanti altri, ha una sorella, una madre e un padre che parlano la lingua proibita, il napoletano. Una lingua che lei non riesce ad afferrare e che è incarnata nella sua maledizione dalla vecchia Zazza che borbotta continuamente ogni volta che la vede. Una creatura strana, abbigliata come una strega che rende inquietante quello spazio che della condivisione a volte fa una salvezza, altre una condanna. Stella è legata ai suoi genitori, alla sorella, ha le sue discussioni e i suoi pianti con la sua amica d’infanzia ma ciò che colpisce di più dei suoi occhi che guardano quell’immensità storica e sociale, è l’incredibile condizione universale dei sentimenti esposti e delle sue molteplici realtà.

Passo dopo passo, pagina dopo pagina, attraverso il suo sguardo entriamo dentro PalazzoKimbo che diventa solo un intermezzo per portarci altrove. Il viaggio di Stella ci conduce in un’epoca storica difficile, dove si faceva a gara con la miseria, dove non c’era lavoro, le fabbriche chiudevano e dove la vita valeva tanto quanto un pizzico di felicità conquistata grazie all’acquisto di un televisore, che non tutti potevano permettersi. Il male era la perdita, il malocchio, le superstizioni così radicate da essere il pane quotidiano di quella gente che non conosceva altro modo di affrontare la vita se non affidandosi alla morte.
Tutti si facevano i fatti di tutti, le proprie disgrazie non erano bastanti, ci voleva un supplemento di supplizio. Ci voleva il peggio agli altri per avere l’illusione di una specie di salvezza.
La bellezza, le cose belle non venivano considerate a lungo; quel popolo pensava che ciò che era perfetto, felice, pacifico fosse qualcosa di falso, fosse una presa in giro, un inganno. Preferivano accostarsi al peggio e adorarlo, parlarne, sorreggerlo, promuoverlo, perché soltanto così, pensando a chi stava in condizioni peggiori, potevano trovare negli altri, la forza di salvarsi.

In altre parole, per non abbattersi pensavano continuamente a chi stava peggio di loro. Una filosofia vecchia e malandata che di certo non poteva portare a nulla di costruttivo, di nuovo, di moderno, a nessun vero miglioramento. Ma era proprio in questo modo che Stella viveva e cresceva, cominciava a formare il suo pensiero da adulta. Nelle pagine dedicate al Natale, alla costruzione del Presepe, ho ripensato con dolcezza e malinconia a cose vissute in prima persona, con la stessa dedizione e lo stesso sentimento di appartenenza e di affetto.
Si andava a braccetto con la morte, la si malediceva coi mannaggia per poi erigerle altari e monumenti.
Nel romanzo di Piera Ventre ho ritrovato molti aspetti della mia infanzia e della mia crescita, anche se sono nata diversi anni dopo, la mentalità, le abitudini, i comportamenti, la consistenza dei legami e dei rapporti, erano gli stessi.

PalazzoKimbo è un romanzo storico e di formazione, un romanzo che parla di Napoli e delle sue crepe, incongruenze del passato ma anche del presente.
Lo stile dell’autrice ti fa sentire a casa. Per me è stato facile, spontaneo, immediato; è stato camminare in quei posti anche se non ci sono mai stata in quel palazzo, ma l’ho visto. Io ho visto PalazzoKimbo, i miei occhi conoscono quel luogo magico e terribile insieme, pieno di voci, di sussurri, di richieste. Un luogo imponente nel quale rifugiarsi, il simbolo di una crescita e di una presa di coscienza che vale ancora oggi.

Una Napoli raccontata fin nei minimi dettagli, una penna che arriva anche laddove si preferirebbe fare a meno, anche dove c’è il marcio, il segnato e persino lo squallido. Ma la bellezza di questo romanzo sta nel dare una visione completa ed unitaria di una storia che non disdegna il miracolo così come la tragedia. 

Un romanzo che dà respiro ad una città attraverso una voce che è quella di una bambina che non teme di parlare, di guardare, di appropriarsi di ciò che gli appartiene: il luogo in cui è nata e che dovunque andrà o qualunque cosa sceglierà di fare, se lo porterà per sempre dentro, quel calore che sa di sangue, di appartenenza, di riconoscenza, perché come dice la vecchia Zazza: ’O sanghe è l’unica cosa che a ‘ sta città nun manca.


8 commenti:

  1. Ciao Antonietta, una recensione bellissima per un libro che deve esserlo altrettanto. Non vi ho prestato troppa attenzione quando è stato pubblicato, ma le tue parole e le tue considerazioni mi hanno incantata e stregata. E poi un Neri Pozza è un Neri Pozza:)
    Un abbraccio!

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    1. Ciao Virginia, sono d'accordo con te e non sai quanto sulla questione di una pubblicazione Neri Pozza. Io adoro questa casa editrice e tutti i romanzi che pubblica, in modo particolare questo che è fin troppo vicino a me, e spero in ogni caso, di aver reso bene le mie sensazioni ed emozioni. Grazie!
      Un abbraccio! <3

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  2. Wow... Si sente proprio il tuo amore e il tuo attaccamento per la tua città, Antonietta. :-) E il cuore che lasci sempre su queste pagine. <3

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    1. Grazie, Federica, era proprio questo che speravo di fare, insomma esprimere il mio legame per la mia città e la lettura di questa storia da un lato è stata facile proprio perchè fin troppo vicina a me, dall'altro è stata anche difficile, perchè sono proprio le cose che ti sono più care, a volte a metterti davvero in difficoltà.
      Un abbraccio! :*

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  3. Wow gemellina ho amato il modo in cui ci hai mostrato una parte così profonda del tuo cuore, con il tuo magico stile hai dipinto emozioni personali ed è stato magico, mi hai catapultata esattamente in quelle atmosfere. Semplicemente unica, immensa ❤️ Un bacione grande grandissimo, buon weekend gemellina!

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    1. Ciao dolce Ely, grazie di cuore per le tue parole e per aver apprezzato quello che ho cercato di esprimere. C'è poco da fare, era ed è certamente un romanzo per me! ^___^
      Un abbraccio fortissimo! <3<3<3

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  4. Ciao Antonietta :-* Napoli è un'incanto, io l'adoro e forse è la città italiana che ho visitato più volte senza stancarmi mai *_* Non sapevo fossi napoletana, lo dico sempre che sei perfetta ^_^
    Ho sentito tanto amore, passione e ammirazione tra le tue parole e assolutamente leggerò questo libro che sicuramente sarà una piccola perla :)
    P.S. Ho letto il tuo commento sul mio blog e ti ho inviato un'email ;-)
    Buon fine settimana e un bacione :-*

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    1. Ciao Maria, sono davvero felice di scoprire ancora un'altro aspetto di te che non poteva calzare più a pennello del tuo amore per Napoli. *___* Ci sono davvero tante cose che ci accomunano ed è bello scoprirle piano piano.
      Sono anche felice che tu abbia sentito la mia passione e il mio legate con la mia città, era esattamente questo che volevo far arrivare. Tu riesci sempre a cogliere i messaggi delle mie recensioni! :-)
      Ti rispondo subito!
      Un abbraccio! <3

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