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lunedì 1 settembre 2014

"LOVE TRAFFIC" DI DAVIDE RIZZO RECENSIONE

Eccomi ancora qui con voi!
Oggi è davvero una giornata piena a tal punto che voglio presentarvi anche la recensione di un libro di poesie dell'autore esordiente Davide Rizzo, intitolato Love Traffic.
Una raccolta di poesie molto particolare, corredata da immagini suggestive che ne ampliano l'impatto emotivo e sensoriale.

A voi la lettura... ^__^








Autore: Davide Rizzo
Titolo: LoveTraffic
Genere: Poesia
Editore: Ibiskos
Pubblicazione: 2011
Pagine: 104
Prezzo: 12,00






^^Recensione^^



Welcome to the Davide Rizzo’s World.
Questo e tanto altro è LoveTraffic , estremo poetare, punta di diamante di versi concatenati, incastrati in mirabolanti congiunzioni per dare vita ad un intenso affresco fatto di immagini e poesia, dove ti sembra di ascoltare musica e di vedere stralci di film mentre stai raccogliendo da terra pezzi sparsi di freddi immaginari, dei quali i colori sono strascichi furenti di emozioni, insidiosi, carichi di energia e spessore, pronti alla riflessione sulla vita e sull’amore. Cardini indissolubili di questo strano poetare sono i grandi temi esistenziali, le visioni, i sogni infranti e le paure ma soprattutto la consapevolezza del proprio io, accarezzato nel profondo, a dispetto di ciò che lo stesso poeta afferma di se stesso: “ Ho un’opinione di tutto tranne che su me stesso.”
Il poeta finge perché la poesia è fonte di verità plausibile racchiusa in un involucro fatto di bugie e lacrime. E allora il poeta fingerà la forma che schiude la propria malinconia, per servirla su un piatto d’argento nel modo più fruibile che conosce. Perché i versi si devono sentire e Rizzo sa comandare i meccanismi del cuore e della mente per raggiungere le corde sensibili di chi legge.
Su tutto troneggia incontrastato l’amore, un dissidio profanato, che si vorrebbe ricordare ma che forse va solo dimenticato. Un amore bloccato nel traffico, che rimane ingorgato tra pensieri, mani e sensazioni che non sanno più liberarlo.
Un amore mercificato e mercificabile che vorrebbe salire le vette del Paradiso, conquistando una sacralità che lo porterebbe lontano, ma resta inchiodato alla misera terra, ad infangarsi tra le strade sporche di pioggia, a sgualcirsi come una qualsiasi carta, strappata dal vento e troppo leggera per non essere spostata.
Un amore visionario perché il poeta vede laddove l’umanità è cieca, sente il freddo della notte che giunge e racconta di sussurri  segreti che aprono varchi ai misteri più grandi. Rizzo reinterpreta la musica della vita, donandogli un ritmo tutto suo, laico, anticonformista, dissacrante ma terribilmente musicale.
E’ seduto da qualche parte a battere il tempo con il piede mentre noi leggiamo ritmando le sue esperienze, le sue sensazioni, i suoi valori trascesi in poesia e visioni. Terra e cielo per scavare nella profondità dell’animo, cogliere il frutto e donarlo a noi che usufruiamo della poesia per riconoscere e per maturare ciò che siamo, praticando strade già battute ma costantemente rinnovate.  
Il caos del mondo è quello in cui il poeta ci getta d’impulso e noi arranchiamo tra regole e disdette, tra mura che cadono e silenzi che gridano per ritrovarci incastrati in un terrificante disincanto tra romanticismo e maledizione, tra intimismo e distacco.
Il poeta è coraggioso e temerario, scopre le nuvole, attento sempre al sole, e scava con le mani cariche di ricordi e dolori gli abissi più interiori.
Parole schiette e sincere, alcoliche e altamente rischiose come i colpi di una pistola che bucano le pareti sensoriali e ci restano attaccati fino alla fine, fino a quando le sensazioni non sono diventate percezioni sane ed infine, consapevolezze chiare.
Versi provocanti e ubriachi che stagliano immagini di luci e di ombre, selvagge e impenitenti, dolorose e rinfrescanti, incisive come la paura e come le mani nodose e ruvide di chi “ ha toccato troppe volte le stesse cose.”
Le parole s’incastrano nei versi con sintonia e cadenza fatta di musica che non intimidisce ma spinge a scoprire cosa l’anima poetica nasconde, rendendo quei momenti come pezzi frantumati dall’estrema voglia di esserci. Qui ed ora.
Stralci di mondo, di vita vissuta, fatta a pezzi per essere meglio compresa, evasione di note fatte di ira e di terra, di malinconia e di alba. Un canto che è una eco di rumori, di luci e di guerra: è questo l’amore che “dirige bellissima orchestra.”
Alcune poesie sono struggenti, emozionanti, romantiche  ed oscure come i sentimenti che usano la carnalità per venire fuori, per incidere, per ferire e farsi finalmente sentire. Perché la poesia usa le parole per rendere eterno un istante e per rendere tangibile un mondo fatto di anima e di mistero. Il cuore, artista di strada, giocoliere di momenti in cui i sogni diventano le carte vincenti, con cui fregare la vita, batte nel petto del poeta e sanguina nel corpo di chi lo ha rubato.
“Ci sono luoghi dell’anima che non hanno finestre
Soltanto porte sbarrate.
Da lì il mio cuore rimbalza da muro a muro e ha un suono grave
E forte che riecheggia il tuo nome.
Nessuno sentirà le mie urla e verrà a salvarmi,
tutti dimenticano un piccolo principe
chiuso in una torre d’avorio
che muore dissanguato per te.”
Il cuore che pulsa, protagonista di molti componimenti, nel suo lento incedere, duro a morire, si rifiuta inesorabilmente di dimenticare. Nostalgia e malinconia piombano pesanti su quella torre d’avorio dove il principe innamorato si conta le ferite del suo amore dissanguato. E le parole incidono le nostre porte di legno e non importa quanto siano sbarrate quelle che vede il poeta, anche i nostri sensi rimbalzano da una parete all’altra senza tregua.
Tra fumo, sigarette, birra e canzonette, bisognerebbe avere il coraggio di un bambino che ama con tutto l’universo e dimostra senza vergogna di sentire la mancanza di ciò che ama.
Stille di pensieri, stelle di malinconie, bicchieri che capovolgono inganni, lampi di bugie, ferite fredde e inquietudini  senza nome perché: “Tutti i poeti hanno per secondo nome inquieti.”
Parole abusate, credenze strappate, preghiere sussurrate, ti amo spiazzanti e finestre che gridano miserie tra felicità sonnolente che aspettano di essere timidamente vissute.
Il poeta urla contro il mondo e le sue discrepanze, contro l’avidità, lo spreco di soldi, l’inerzia e l’amoralità del fine che giustifica i mezzi: “si mettono da parte di ogni cadavere i pezzi.”
La sua è una visione tanto terribile quanto reale, addolcita dalle forme delicate della poesia, che accarezza senza strapazzare il cuore e la vista. Le parole si abbracciano in versi, intessendo mondi nuovi eppure così riconoscibili perché di ciascuno di noi. La poesia di questa raccolta diventa tutt’uno con i ricordi e la memoria, con le  paure e con i sogni spezzati perché lo sguardo è fin troppo spesso disincantato, crudele, sbagliato. Odio, morte, follia, guerra, passione e inganno che fa rima con disastro eppure tutto è magico fino a quando si respira l’aria del gioco e ci si dimentica che in fondo il mondo umano dei sentimenti è tragico, ma necessita costantemente di qualcosa di comico.
Io esisto sembra dire il poeta, così come esiste la sua poesia, tra intelligenza, distacco e nostalgia.
Qui e adesso è tutto un traffico di suoni e voci, di nebbie e colori, di canzoni che hanno il sapore della lontananza, di memorie piene di odori fatte di versi che scheggiano le mani ed inquietano i sensi. Ma la poesia è anche capace di trascendere, ipnotizzare, identificare ciascuno di noi in quel vortice umano fatto di anima e cuore di un poeta che non si tira indietro di fronte a questa sfida: vita che diventa poesia. Senza fine.









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