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martedì 27 ottobre 2015

Nero Dostoevskij di Antonio Mesisca Recensione

Eccomi con il secondo post della giornata. Grazie alla fiducia della casa editrice Scrittura&Scritture che ringrazio, oggi vi parlo del romanzo Noir di Antonio Mesisca, intitolato Nero Dostoevskij. Un libro che subito mi ha incuriosito soprattutto per il titolo essendo Dostoevskij uno dei miei autori preferiti. Infatti volevo capire cosa c’entrasse esattamente il russo con la storia, e non sono rimasta affatto delusa!


Leggete e lasciatemi un commento, sarò felice di rispondere!


Titolo: Nero Dostoevskij
Autore: Antonio Mesisca
Editore: Scrittura&Scritture
Pagine: 160
Genere: Noir/Commedia
Prezzo: € 13,50
Uscita: 2015

Un demone possiede l’anima di Oscar Peretti: quello del gioco d’azzardo. Ma Oscar, che da un impiego nelle pompe funebri è passato a quello in una gioielleria, non se ne cura. Continua a frequentare sale da gioco e persone poco raccomandabili alle quali deve soldi, tanti soldi, fino a quando una sera il Jack, la Donna e il Re ebbero la faccia tosta di calarsi in tavola, con quegli altri due schifosi dei loro amici, tutti con lo stesso completo nero a fiori: “Eccoci, Peretti, adesso sei fottuto.” Per uscire dai guai, Oscar escogita un piano, ma gli serve una pistola. Il caso lo fa incontrare con il Turco, e il giro di losche amicizie si allarga. Eppure tutto sembra procedere al meglio e la sua vita è sul punto di cambiare, come dalla notte al giorno. Purtroppo, per uno come Peretti i piani non vanno mai come stabilito. E quando fuori dalla sua casa arriva il macinino di un solerte commissario, Oscar capisce che la sua partita più importante non è ancora chiusa. Il ritmo è serrato, le situazioni rocambolesche, il tono ironico e brillante. Tutto questo è Nero Dostoevskij. A proposito, ma cosa c’entra Dostoevskij?




Nero Dostoevskij è una storia che ha dell’incredibile.  Breve, coincisa, dal ritmo fulminante e concreto. Uno stile immediato, una lingua anche abbastanza lunga che rende l’autore un interessante giocoliere di parole, incastrate alla perfezione per fondere serietà e risate, scomodando nientemeno che l’imperturbabile autore russo, dal quale, senza chiedere permesso, prenderà in prestito qualcosa.

L’inizio è folgorante. La morte(a) messa in piazza come un panno steso al sole, piantata lì per irretire e nel contempo rendere sin da subito il racconto una simil-allucinazione degna delle più comprovate storie del mistero, anche se qui di mistero ce n’è davvero poco, perché l’artefice impunito di tutto l’ambaradan è soltanto uno: Oscar Peretti, l’astro nascente dell’antieroismo più convincente, colui che uccide la moglie quasi per caso e da allora inizia una divertente quanto rocambolesca confessione senza prete che conduce il lettore nel tunnel della sua esistenza sulla quale troneggiano due elementi: la moglie-padrona e i soldi.

“Chiusi i conti con il gioco d’azzardo una sera di dicembre, quando, imputato dell’ennesimo ammanco dalle casse della gioielleria, sparai a mia moglie a sangue freddo.”

Oscar è un protagonista irriverente, un uomo che approfitta, un complice irrisolto di loschi figuranti che rappresentano il lato sporco e viscido della vicenda, perché in questa storia non manca proprio nulla. C’è la faccia buona e quella cattiva della legge, ci sono gli uomini di malaffare, il gioco d’azzardo di cui Oscar è la vittima fin troppo consapevole e la presenza-assenza così pesante di Fedor Dostoevskij.

“A ogni modo c’erano libri dell’autore russo ovunque e in principio pensai che per arrivare a comprendere mia moglie sarei dovuto partire dai testi di quel tale. Quando ci provai, avvertii che non avrei mai legato né con l’uno né con l’altro: al cospetto di entrambi mi addormentavo secco.”

I capitoli del libro sono intitolati utilizzando i titoli dei romanzi del russo, ed essi sembrano essere gli intermediari perfetti che traghettano il lettore verso il contenuto, anticipandone con precisione gli effetti.

La trama è un raccoglitore disastrato e confusionario di eventi, creati ad arte per rendere la storia avvincente, e profusamente ironica. Perché c’è ironia da vendere, tutta impacchettata con intelligenza e con savoir faire, insomma non una cosa qualunque. Il linguaggio è colloquiale, veloce, trascendentale e pratico. Nero Dostoevskij è un testo pratico con uno scopo ben preciso: il sorriso. E’ spumeggiante, scoppiettante, travolgente pur mantenendo un certo piglio di orgoglio quasi a voler sottolineare che pur trattandosi di una sorta di commedia, è pur sempre anche un noir e che quindi si pretende, quantomeno, il rispetto.

Alla storia di Oscar si collegano una serie di microstorie che emergono attraverso la comparsa di personaggi minori, come il Vecchio o il Turco, che oltre a rendere ancora più intricata la trama, mettono in evidenza il ruolo di queste figure, incarnazioni perfette di macchiette e stereotipi tipici di racconti simili.
Oscar s’inventerà di tutto pur di salvarsi dall’omicidio commesso e nonostante sembra che tutto gli vada contro, la fortuna, in fin dei conti, non gli volterà mai per davvero le spalle.

“Non potevo andarmene senza dire la mia. Latitante certo, esecutore materiale di un delitto senza dubbio, ma bisognava venissero a galla i come e i perché, quali fossero state le cause scatenanti il mio raptus omicida.”

Mi è piaciuto molto il modo di raccontare dell’autore, così spigliato, pronto, sfacciato. Oscar è un protagonista sbagliato, che compie un delitto. E’ un bugiardo, uno che prende per i fondelli la gente, uno che non sopporta la gente, eppure, non riesci ad avercela con lui, perché il modo e l’intensità, l’arguzia con cui l’autore lo ha creato non ti permette di disprezzarlo, perché è perfetto in quel ruolo e in quella storia. A metà tra la serietà e lo sballo, tra la realtà e l’assurdità di certe scuse, certe invenzioni che però puntualmente riescono a salvarlo. Oscar è un personaggio interessante seppure non sia assolutamente un modello da imitare.

La sua vita, da quando inizia a raccontarcela, è un groviglio di bugie e di battute, di frasi dissacranti e di odi celati, è un uomo che vive tutto al contrario e la sua storia è l’esempio più fulgido di come, alla fine, tutto diventi il contrario di tutto. 

E’ paradossale, spiritoso, con quel velo di giallo che inquieta ed oscura la percezione al punto giusto, che ti permette di gustarti la storia con tranquillità, sapendo che il finale non ti deluderà. Istinto? Direi di sì, perché Mesisca conquista e coinvolge fin dalle prime pagine, sorprende e non lascia dubbi: lui sa scrivere e questo genere di storie rientrano perfettamente nelle sue corde. E allora, a quando la prossima?

16 commenti:

  1. Molto carino, viene voglia di leggerlo!!

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  2. Sembra carino ma non è cmq il mio genere :)

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  3. Mi piacciono sia la recensione che il libro! ;)

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  4. Un'analisi davvero dettagliata, lo metto in wishlist!

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  5. Davvero molto interessante la tua recensione, il libro che hai descritto sembra davvero adatto ai miei gusti...ci farò un pensierino :)^__^

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  6. Il tuo modo di raccontarci i libri è veramente unico. Hai molto talento e permetti anche a chi come me non ha molto tempo di capire in fretta se avrà voglia di acquistare o meno un libro ! Grazie !

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  7. dalla trama sembra avvincente e anche il tuo modo di raccontarlo mi incuriosisce

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