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venerdì 26 settembre 2014

Il caso di Charles Dexter Ward di H. P. Lovecraft recensione

Buongiorno lettori, siamo prossimi al weekend e finalmente quel caldo afoso ed appiccicoso ha deciso di lasciarci per dare spazio ad un'aria molto più fresca e rigenerante. 
Oggi dalle mie parti è una splendida giornata di sole, con un cielo blu e pulito, sembra di essere in primavera! 

Non vi ho ancora parlato di uno degli autori che amo di più, forse la mia preferenza assoluta.

In ogni caso H. P. Lovecraft è uno scrittore che adoro e di cui ho apprezzato da sempre oltre che le storie ma soprattutto lo stile. I suoi libri, tra racconti, saggi e romanzi, non sono per tutti. Nel senso è uno scrittore assolutamente horror ma che non si esaurisce semplicemente in questa banale definizione. La sua vita solitaria e distante da tutto il resto del mondo, lo ha reso l'icona di un'epoca e soprattutto di un genere di scrittura a cui grandi autore come Stephen King si sono ispirati. 
Oggi la disputa è ancora aperta su chi tra Lovecraft ed Edgar Allan Poe sia il vero padre della scrittura horror e fantastica. 
Quello che leggerete di seguito è semplicemente la mia opinione, riguardo una delle sue opere, il suo unico vero romanzo intitolato Il caso di Charles Dexter Ward, che inutile dirvi, esalta inesorabilmente la supremazia di Lovrecrat su chiunque tenti di offuscare la sua stella. 

Un autore che visse nel dimenticatoio e nella povertà quando era vivo e che è diventato quello che è oggi, soltanto in seguito. Una storia comune a fin troppi geni della letteratura. 

Nella recensione che leggerete ho cercato di spiegare il mio punto di vista e di raccontare i motivi per i quali Lovecraft è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Ho raccontato la sua ideologia, il suo stile, le sue visioni terribili ma così affascinanti. La sua forza e il suo genio. Spero, che alla fine della lettura, un po' di quell'amore sia giunto anche a voi.








Titolo: Il caso di Charles Dexter Ward
Autore: H. P. Lovecraft
Editore: Rizzoli Bur
Pubblicazione: 2007
Genere: Horror
Pagine: 202
Prezzo: 9,00



❀ Trama ❀



Il caso di Charles Dexter Ward, pubblicato nel 1941, è il romanzo di un pazzo: Ward, personaggio schivo, opaco e studioso, si trasforma, lentamente, in una sorta di alieno, che incute terrore e sgomento. A indagare sul caso è uno psichiatra, che ha conosciuto Ward fin dalla giovinezza, e che scioglie il mistero scoprendo una realtà di orrore insospettabile, svelando pratiche ancestrali di resurrezione dei morti e oscure forze soprannaturali.
L'introduzione è di Valerio Evangelisti.





❀ Recensione ❀


"Il sentimento più antico e più radicato nel genere umano è la paura, e la paura più antica è quella dell'Ignoto." 



Se la paura più antica e potente è la paura dell'ignoto, Il Caso di Charles Dexter Ward, seppur non costituisca l'opera migliore di Lovecraft, rimane sicuramente una lettura imperdibile per tutti colori che intendono avvicinarsi al mondo narrativo di uno dei più grandi autori della letteratura fantastica del novecento. 


 - Vi invito ad entrare nella storia, prego...dopo di voi... - 

 - Ingresso: da dove partiamo... La trama

Il protagonista, il dottor Willet, si trova ad indagare sul misterioso isolamento di un giovane di nome Charles, la cui età appare indefinita a causa del corpo invecchiato precocemente e della voce rauca e sibilante, il tutto stranamente unito ad un'irrefrenabile e folle ossessione per una grande quantità di esperimenti che realizza all'interno di un laboratorio che tiene costantemente chiuso e dal quale fin troppo spesso giungono oscuri e spaventosi lamenti che sembrano provenire da altri mondi. 

La sete di conoscenza di Charles lo induce ad indagare su un suo vecchio antenato, Joseph Curwen, di cui sapremo la storia maledetta attraverso un racconto che ci condurrà indietro nel tempo. Charles recupera e conserva nella sua abitazione un quadro dell'uomo e inizia una folle corsa contro il tempo per scovare qualsiasi testo magico e alchemico che gli permetta di capire le diavolerie e i misteri del suo antenato stregone. 

- Corridoio: come ci arriviamo... L'ideologia. 

Oltre una trama ricca di suspense e senza approfondimenti psicologici che avrebbero snaturato lo stile dello scrittore, ciò che emerge da ogni riga è l'imminente stato di follia che presto o tardi coinvolge inesorabilmente tutti i protagonisti delle sue opere, a causa di un'ideologia particolarmente pessimista per cui gli unici Dèi a governare questo mondo siano creature venute da altri spazi e tempi, dalle fattezze animali e mostruose, con nomi leggendari e malefici, la cui natura è legata inesorabilmente al caos, all'ignoranza e alla follia pura. 

Questo traboccante quanto mai urlante olimpo divino non è altro che un'invenzione dello stesso autore, la cui visione dell'uomo moderno è quella di un essere fragile ed indifeso, impreparato di fronte agli orrori che si celano dietro secoli di assenza, avvolti e protetti da un tempo che falsamente li ha creduti lontani, la cui insidia è talmente tangibile e vicina da minacciare l'intera esistenza umana. 
Creature ultraterrene che con l'aiuto di esperimenti ed invocazioni come quelli di Charles, possono trovare accesso alla nostra dimensione ed è difficile rispedirli indietro. 

 - Grande Sala: perché è Lovecraft e nessun altro, il più grande scrittore fantastico del novecento... Lo stile

Indimenticabili e pregne di terrore le pagine in cui il protagonista discende nei sotterranei e nella più cupa oscurità sente i lamenti di tutte quelle creature che in esso sono intrappolate, senza che il lettore realmente comprenda di quale raccapricciante abominio si tratti, perché lo stile di Lovecraft è quello di rendere intangibile ciò che può essere visibile, di suggerire senza mai descrivere apertamente, dimostrando che la vera paura nasce e cresce dentro di noi al di là di ciò che il nostro occhio può vedere e la nostra mano toccare. 

 "Era un suono empio, uno di quegli affronti insidiosi e silenziosi della natura che non dovrebbero esistere. Chiamarlo un gemito monotono, un pianto funereo o un disperato clamore di angoscia corale e di carne ferita in assenza di intelletto avrebbe voluto dire tralasciare la sua quintessenziale repulsività e le tonalità che avvilivano l'anima." 

Questo è un tipico esempio dello stile di Lovecraft. 
Con una sequenza di frasi e di aggettivi ad effetto, egli riesce a NON descrivere fisicamente cosa il protagonista si trovi davanti o semplicemente senta con le proprie orecchie. In altre parole non ci fa capire di che strano animale, essere, mostro o bestia si possa trattare. Non c'è nulla da fare, anche se rileggete, non avete gli elementi FISICI per immaginare. 
Perché? Perché Lovecraft non lo vuole. Non vuole farvi vedere, vuole solo farvi sentire, sulla pelle, nel cuore e nell'anima la Paura
 E la paura, l'ansia da cosa nascono se non dal fatto di non sapere cosa c'è intorno a noi, di cosa si tratti? L'impossibilità di riconoscere, di riportare nelle categorie logiche con cui pensiamo il mondo. E' questa la più grande paura. 

Ancora per voi...un altro pezzo... 

"Era bagnato di sudore, senza un modo per farsi luce; ferito e sfibrato in quel buio e in quell'orrore abissale e annientato da un ricordo che mai sarebbe riuscito a cancellare. Al di sotto di lui decine di creature vivevano e da uno di quei condotti la copertura era stata tolta. Sapeva che ciò che aveva visto non avrebbe mai potuto scalare quelle pareti scivolose, eppure tremò al pensiero che potesse esistere un segreto punto d'appoggio. Non avrebbe mai saputo dire che cosa fosse quella creatura. Somigliava ad una di quelle figure scolpite sul diabolico altare, ma era VIVA. La natura non l'avrebbe mai creata con quella forma, perché era troppo palesemente incompiuta." 

Ebbene ancora un'altra testimonianza della grande capacità di questo autore di suggerire inquietanti e sinistre sensazioni senza dare la possibilità ai suoi lettori di capire davvero di cosa si debba avere paura o timore. Non a caso, descrive quella creatura come incompiuta e non c'è nulla di più indistinto ed indefinibile di qualcosa di incompiuto, di così spaventoso da non avere alcuna corrispondenza in ciò che esiste in natura e quindi in ciò che noi conosciamo. 
Magari starete pensando che non sa nemmeno lui di quali creature si tratti e può anche essere vero. Chi era in fondo Lovecraft? Un uomo solo che viveva a Providence, nel New England, alla fine del Novecento. 
Non aveva una vita sociale e dai resoconti delle sue biografie e degli studi fatti sulla sua persona, risulta sia stato un uomo con un'infanzia abbastanza complicata. Molti pensano che l'universo da lui creato nei suoi racconti, questi Dèi che dominano incontrastati un mondo fatto di ignoranza e sconfitta, siano esseri senza forma, dalle figure più terribili e inimmaginabili, impossibili da comprendere e persino da sostenere con lo sguardo, perché non sono altro che il risultato delle sue sofferenze infantili. 

Ogni suo incubo, ogni sua angoscia egli lo riveste di una caricatura simbolica che affonda le proprie radici in questo blasfemo e terrificante pantheon fatto di oscurità e maledizione. 

La risposta alle sue sofferenze, Lovecraft la trova nei mondi ultraterreni di cui si fa portavoce e di fronte all'immenso dolore e paura dell'uomo che si trova inevitabilmente solo, l'unica risposta è l'immaginazione. 

"L'immaginazione è il più grande rifugio che esista."

Orrendi mostri provenienti da mondi paralleli al nostro che non hanno alcuna intenzione di aiutare l'uomo, di comprenderlo. Essi sono semplicemente la manifestazione del Caos, dell'abisso, dell'inafferrabile, che non si cura assolutamente di nulla, neanche delle sofferenze umane. 

L'uomo ha un ruolo insignificante nel cosmo dominato da entità che non si preoccupano della razza umana. Non esistono preghiere, nessuno ci salverà quando affonderà la nostra isola di ignoranza e ci troveremo di fronte terrificanti realtà per capire solo allora che "la follia governa il vento che scende dalle stelle". 


 - Vi accompagno verso la porta... - 

 - Epilogo: la grandezza del maestro. 

Ma allora qual è la risposta di Lovecraft di fronte a tutto questo? 
Da grande teorico e scrittore sapeva bene che l'unico modo per combattere le paure umane è affrontarle

Esorcizzarle, non voltandogli le spalle, ma guardandole direttamente negli occhi.

Concludo citando un commento di Jacques Bergier all'opera di Lovecraft e aggiungo la mia personale considerazione di questo indimenticabile maestro del fantastico e della vita stessa. 

Mio mito e scrittore preferito, ad esso ho sempre cercato di fare riferimento per la mia scrittura. 

Da qui nasce questa recensione, questa opinione, questo insieme di parole che non vogliono raccontarvi uno scrittore qualunque ma un profondo conoscitore dell'animo umano. 

 "La chiave d'argento che ci consegna lo scrittore ci addita un cammino che porta fuori dal nostro universo, nei continua dell'infinito. E' un cammino che si addentra così tanto nell'ignoto che lo spirito umano non può seguirlo se non grazie all'immaginazione. E' una strada aperta a tutti nel mondo, compreso il malato prigioniero della sua malattia e della sua povertà quale fu Lovecraft. E il deportato che io fui si accorse bene che è una via d'evasione concreta, che porta molto lontano, ben al di là dei fili spinati." 

Se trovate la chiave d'argento non buttatela. 

Essa è la chiave della Porta dei Sogni. La chiave dei mondi paralleli. 
Vi siete mai chiesti perché e come esistono le premonizioni? 
Lovecraft sosteneva che non esiste solo la dimensione temporale in cui viviamo ma ne esistono altre, infinite, in cui passato, presente e futuro combaciano, contemporaneamente. 
E il Sogno è la porta attraverso cui accediamo alle altre dimensioni. 
In uno dei suoi più famosi racconti parla di una chiave d'argento, la chiave dell'immaginazione. 


 Non smettiamo di immaginare e non smetteremo mai di vivere.





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