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lunedì 10 giugno 2019

✎ Recensione ➱ MILLE RAGIONI PER ODIARTI di Penelope Douglas

Buongiorno! Purtroppo anche oggi devo parlarvi di un'altra delusione. Dopo aver amato Il mio sbaglio più grande di Penelope Douglas, ho letto il secondo libro della serie, Mille ragioni per odiarti, ed è stato una vera delusione. Venite a leggere perchè!

mille ragioni per odiarti
di Penelope Douglas

Editore: Newton Compton
Pagine: 480
GENERE: Romance
Prezzo: 5,99 
Formato: eBook
Data d'uscita: 2019
Link d'acquisto: ❤︎
VOTO: 🌟🌟

Trama:
Banks non è una ragazza come le altre. È seria, controllata e preferisce di gran lunga starsene da sola, vestita da maschiaccio, piuttosto che parlare con la gente. Vive tra le ombre della città che si allungano intorno al Pope, un hotel abbandonato e oscuro, circondato dal mistero. Un mistero che qualcuno proveniente dal suo passato vuole conoscere, anche a costo di minacciarla. Anche a costo di spingerla al limite. Kai è uscito di prigione e deve fare i conti con tutti i suoi demoni, con tutti i suoi fantasmi. E così si ritrova faccia a faccia con Banks. In tutti gli anni trascorsi in prigione, Kai deve ammettere di non avere mai smesso di pensare a lei. Il nuovo incontro tra i due non scatena delle scintille, ma un vero e proprio incendio. Entrambi hanno dei segreti. E nessuno di loro è disposto a condividerli tanto facilmente. Sono passati sei anni dal loro ultimo incontro. È davvero cambiato tutto?

RECENSIONE


Mille ragioni per odiarti è un romanzo che volevo leggere da tempo ed ero molto curiosa essendo comunque il continuo della storia dei quattro cavalieri, ossia Micheal, Kai, Damon e Will raccontata nel primo libro della serie, Il mio sbaglio più grande.

IMMENSA DELUSIONE.

Il primo libro mi era piaciuto da impazzire, e serbavo grandi speranze per questo.
Ma niente è andato come previsto.

Una storia, incentrata su Kai e Banks che sinceramente mi ha lasciato totalmente fuori.
Non ho capito se è stato un problema mio o se davvero non sono rimasta minimamente coinvolta.
I due si odiano, almeno è questo quello che l’autrice vuole farci credere, ma in fin dei conti, dal loro iniziale primo incontro, all’interno di un confessionale in una chiesa, i motivi per odiarsi non è che siano così chiari.

Comunque, andiamo avanti. Inizia un rapporto piuttosto turbolento tra di loro perché Banks è fortemente legata a Damon (nessuno lo sa, ma è sua sorella) e Kai si infatua di lei perché la vede così diversa dalle altre, così lontana e inavvicinabile.
Tra i due c’è una forte attrazione, una buona chimica che però viene continuamente ostacolata dalla minaccia di Damon e del mondo misterioso a cui lei sembra appartenere.
Un mondo che Kai non riesce proprio a capire.

MI SI ERA INSINUATA SOTTO PELLE E LO SAPEVA.

La narrazione si sposta tra passato e presente, e mentre i vecchi amici, tra cui Michael e Will e la stessa Rika, fidanzata di Michael, appaiono raramente, tutto si concentra su Kai, sulla sua vita e su cosa ha fatto in passato e cosa è disposto a fare nel presente.
Lui e Banks si sono conosciuti anni prima e poi si sono persi, e adesso, scopriamo cosa li unisce nuovamente.

Qualcosa di molto pericoloso, perché per chi ha letto il primo romanzo, Il mio sbaglio più grande, sa che Damon è il cattivo della situazione, è fuggito, nessuno di loro sa dove si trovi ed è una minaccia continua, perché vuole fare del male a Rika e forse anche a tutti loro.

Per questo l’unico intento di Kai è quello di trovarlo a tutti i costi, e sarà disposto a tutto per raggiungere il suo scopo, persino a sposare una donna che non ama.
Ho trovato la narrazione estremamente confusionaria, io ci ho capito ben poco. Cioè in realtà ho capito tutto, mah, oh, quanta fatica.

Tutta una serie di situazioni, di circostanze per mettere in piedi l’odio tra Kai e Banks che secondo me non reggono.
Perché poi il motivo è uno: Damon.
Ma non è abbastanza secondo me.

L’ho trovato arzigogolato, confusionario, pieno fino a scoppiare, scene inutili, senza fondamento.
Sono rimasta davvero tanto delusa. È stata quasi una fatica leggerlo. Una lettura pesante, solo in alcuni momenti gradevole.

AVREI CONTINUATO SEMPLICEMENTE A 
COMBATTERE PERCHÈ... L'AMAVO.

Pensavo ci sarebbe stato lo stesso angst del romanzo precedente, lo stesso tormento e sofferenza, ma non ho trovato niente di reale, di sincero, di emotivamente struggente.

Tutto mi è sembrato calcolato, finto. Lo stesso personaggio di Kai che avevo apprezzato, qui si è rivelato una macchina, calcolatore, prima istintivo e un attimo dopo razionale, incapace di esprimere i propri sentimenti per quelli che sono senza pensare a un secondo fine.
Lo stesso Banks, una donna forte, ma fin troppo. Cioè anche abbastanza antipatica. Vuole combattere contro tutto e tutti, e l’unico uomo a cui tiene veramente è il fratello Damon.
Cioè, ma anche no.

Tutto un romanzo su questa tiritera che veramente alla fine mi ha stancato.
Sono arrivata alla fine del libro senza capire se i due protagonisti si amano o meno.
Sembra quasi che si debbano amare per forza.

Per non parlare della figura di Damon che appare verso la fine, nonostante sia presente in tutto il romanzo perché è sulla bocca di tutti.
Un fantasma che vuole fare paura, ma che alla fine a me fa solo ridere.

È stato sempre dipinto come il peggiore, quello che ha subito abusi, quello con problemi psicologici, ma io in questo romanzo non ci ho visto nulla di vero, di spontaneo. L’autrice non è stata brava a coinvolgermi, non è stata capace di farmi credere che fosse tutto vero. Quella sofferenza l’ho sentita falsa, romanzata, costruita per forza.

Non ho provato nessuna emozione, è stata solo un’immensa fatica arrivare alla fine.

Ma ce l’ho fatta. Grazie a Dio.


2 commenti:

  1. Cara Antonietta, sebbene non abbia ancora letto questa serie della Douglas, sono perfettamente d'accordo con te. La sofferenza, per essere attendibile, nei libri come nella realtà, deve essere innanzitutto vera, autentica, la devi proprio prendere con le mani e tirarla fuori. Ma per farlo bene e soprattutto per riuscire a trasmettere questa sincerità, deve rimanere così com'è... cruda, ruvida, che graffia al punto di sanguinare lasciando una scia indelebile dietro di sé, non puoi smussarla, stemperarla e romanzarla. E io, da grande e instancabile fan di Nicholas Sparks e di Colleen Hoover quale sono, posso dire che tutta la sofferenza (quella vera e che graffia le pagine) che questi autori straordinari riescono a trasmettere e a far rivivere nel loro lavoro, non ti danno mai da pensare che sia una cosa finta e costruita. <3<3<3

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    1. Cara Federica concordo con te su tutto. Anche io la penso come te riguardo il raccontare la sofferenza, anche io ho letto la Hoover e so, proprio grazie a lei, come devono essere raccontate certe cose. Va bene che questo romanzo fa parte di un genere a sè, però a me non ha emozionato per i motivi che ho spiegato.
      Ti abbraccio forte <3<3<3

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