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mercoledì 3 settembre 2025

Recensione: PRIMA CHE SIA NOTTE di Domenico Luigi Pistilli

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con l'autore Domenico Luigi Pistilli, che ringrazio per la fiducia, oggi vi parlo di Prima che sia notte,  una raccolta poetica edita da Midgard Edizioni.

prima che sia notte

di Domenico Luigi Pistilli
Editore: Midgard
Pagine: 84
GENERE: Poesie
Prezzo: 11,00
Formato: Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Raccolta di poesie.

RECENSIONE

Prima che sia notte di Domenico Luigi Pistilli è una raccolta di poesie umane, intense e strabordanti di sensazioni univoche che abbracciano le forme più svariate della vita e dell'esistenza quotidiana. Le emozioni, amare o dolci, passionali o bugiarde, sono le protagoniste di questi versi liberi, raccolti in una forma che si percepisce sulla pelle prima che nell'anima e nel cuore, soggetta a un'esplorazione dell'essenziale attraverso un linguaggio limpido e un'intensa capacità evocativa. 

L'autore costruisce una poetica della percezione, dove il "sentire" – con i sensi, con il cuore, con l'istinto – è costantemente anteposto al "sapere" razionale e accademico. È una ricerca di autenticità in un mondo che rischia di perdersi nella superficialità e nell'autoinganno. 

La poesia Piccolo fiore è un inno alla potenza che si cela nelle cose piccole e semplici. Attraverso l'immagine di un "piccolo fiore", l'autore esplora i temi della bellezza, della forza nascosta e della capacità della natura di offrire conforto universale. È composta da versi liberi e brevi che concentrano l'attenzione su singole immagini e concetti. Lo stile è contemplativo e il linguaggio è limpido e accessibile, ma ricco di metafore profonde che elevano il soggetto da semplice elemento naturale a simbolo universale. Emerge così la descrizione del fiore, la sua azione sul mondo e la rivelazione della sua vera essenza. 
"Di rosso vestito piccolo fiore / Bocciolo di vita"– La poesia inizia con un'immagine visiva chiara. Il fiore è piccolo, rosso (colore della vita, della passione, dell'energia) e definito un "bocciolo di vita", sottolineando il suo potenziale e la sua vitalità. 
"Petali raccolti / Con la grazia / dei capelli nella cuffia"– Questa similitudine è il cuore della prima parte. La forma composta del fiore viene paragonata a un'immagine umana di grazia semplice e quasi umile: i capelli raccolti in una cuffia. Evoca un senso di ordine, delicatezza e bellezza non ostentata, quasi monacale o contadina. Il fiore viene così personificato, dotato di una grazia umana. 
"Riesci a lenire i dolori del mondo"– Qui avviene un salto concettuale. A questo piccolo essere viene attribuito un potere immenso: la capacità di alleviare la sofferenza universale. 
"a chi in Dio non ha mai creduto"– La sua è una consolazione laica e universale. Non serve la fede religiosa per ricevere il suo conforto; la sua bellezza è una verità accessibile a tutti, che offre sollievo in modo diretto e immanente. 
"con il solo apparire"– Il suo potere non risiede in un'azione complessa, ma nella sua semplice esistenza, nella sua presenza. È la bellezza in sé a essere terapeutica. 
"Frutto di forza"– Questo verso rovescia l'idea di fragilità associata a un piccolo fiore. La sua bellezza non è debolezza, ma il risultato di una forza vitale che ha lottato per emergere dalla terra. 
"Respiro quieto della terra"– Il fiore diventa una metonimia per la Terra stessa. È la manifestazione visibile del respiro calmo e costante del pianeta, un simbolo della vita che continua, tranquilla e potente. 
"Ampiezza di luce mai doma"– Il verso finale è una definizione folgorante. Il piccolo fiore non è altro che un frammento di "luce mai doma". La sua essenza è una forza primordiale, selvaggia e indomabile (la luce, l'energia vitale) che si manifesta in una forma piccola e graziosa. 
Piccolo Fiore è una poesia che invita a guardare oltre le apparenze. Ciò che sembra piccolo e fragile (il fiore) è in realtà l'espressione di una forza immensa e di una bellezza capace di curare le ferite dell'anima. È un elogio della natura come fonte di consolazione universale e come manifestazione di un'energia vitale che, nonostante la sua apparente delicatezza, non può essere sottomessa. 

La poesia Mare d'inverno è una profonda meditazione sulla solitudine, sull'introspezione e sulla speranza, usando l'immagine del mare d'inverno come specchio dell'anima del poeta. Si sviluppa attraverso un dialogo intimo tra l'io lirico e il paesaggio marino, che diventa il riflesso e il confidente del suo stato interiore. 
"Freddo vento sul viso / L'anima mi abbraccia calda"– La poesia si apre con una contrapposizione sensoriale netta. Il freddo fisico del vento rappresenta il mondo esterno, forse la durezza della vita o la solitudine stessa. A questo si oppone il calore interiore dell'anima, un rifugio intimo e confortante. 
"Deserta la battigia / Schiumosa l'onda / Fanno compagnia al silenzio / che faccio mio"– La scena è spoglia e silenziosa. La spiaggia deserta e le onde sono gli unici compagni. Il poeta non subisce questo silenzio, ma lo accoglie e lo fa proprio (che faccio mio). Diventa uno spazio per l'ascolto interiore, non un vuoto da temere. 
"Sento del mondo / il battito profondo / in un respiro / che tutto prende"– In questo silenzio, la percezione si acuisce. L'io lirico trascende la propria individualità per entrare in connessione con qualcosa di più grande: il "battito profondo" del mondo, un respiro cosmico. La solitudine non è più isolamento, ma una via per sentirsi parte del tutto. 
"Tu mare / lo sai / Conosci dei sogni miei / il senso della solitudine / mia la forza"– Il poeta si rivolge direttamente al mare, personificandolo come un confidente saggio e antico. Il mare conosce i suoi sogni, il significato profondo della sua solitudine e la forza che ne deriva. La solitudine qui non è debolezza, ma la fonte della propria forza (mia la forza). 
"E come il mare d'inverno / spoglio di persone e grida / aspetta nuova vita"– Questa è la metafora centrale. L'anima del poeta è come il mare d'inverno: apparentemente vuota, spoglia, silenziosa. Ma questa condizione non è una fine, bensì un'attesa fertile. È una fase di quiete necessaria prima di una rinascita. 
"affido al pallido sole / ogni speranza / che sorga luminosa e viva"– La conclusione è un gesto di fiducia e speranza. Il "pallido sole" invernale, simbolo di una luce debole ma presente, diventa il custode della speranza. Il poeta affida a questa luce la certezza che la vita tornerà a manifestarsi in una forma nuova, "luminosa e viva." 
Mare d'inverno trasforma un paesaggio malinconico in un simbolo di resilienza e speranza. La poesia ci insegna che i momenti di solitudine e silenzio, come l'inverno, non sono vuoti da riempire, ma spazi preziosi per ritrovare se stessi, ascoltare il "battito del mondo" e coltivare la forza interiore in attesa di una nuova primavera dell'anima. 

La poesia Nebbia utilizza l'immagine della nebbia come metafora di uno stato d'animo e come catalizzatore per un'immersione profonda e agrodolce nel mondo dei ricordi. Si snoda attraverso un percorso emotivo che parte da una sensazione di sospensione per arrivare a una lucida e dolorosa rievocazione. 
"È tornata la nebbia... Tutto appare ovattato / assopito"– La nebbia non è un elemento ostile, ma arriva "con dolcezza". Crea un'atmosfera sospesa, attutita, che isola dal mondo esterno. Questo paesaggio fisico rispecchia perfettamente lo stato interiore del poeta: non ho voglia di pensare. È una condizione di quiete che, paradossalmente, favorisce l'emergere dei ricordi. 
"Con questa mania di ricordare... mi sento fuori dal tempo"– Il poeta si descrive come affetto da una "mania di ricordare". La nebbia, annullando i contorni del presente, crea la condizione ideale (lo spirito giusto) per abbandonarsi a questa inclinazione e sentirsi "fuori dal tempo", in uno spazio dove passato e presente possono confondersi. 
"Ci sono attimi di vita / che vorremmo rivivere"– Qui si definisce la natura dei ricordi. Non sono semplici memorie, ma "attimi di vita" di un'intensità tale da generare il desiderio di riviverli. L'espressione parlare pelle a pelle evoca una connessione profonda, che va oltre le parole e tocca la sfera fisica ed emotiva. 
"Attimi che hanno scardinato ogni razionalità... nell'assolutezza dell'amore"– Questi ricordi appartengono a un amore totalizzante ("assoluto"), così potente da superare la logica e la paura. Questa idealizzazione del passato accentua la sofferenza per la sua perdita. 
"E allora decido di farmi male / Mi immergo nei ricordi per solitudine"– Questo è un passaggio cruciale. Il ricordo non è più qualcosa che accade passivamente, ma diventa una scelta deliberata e masochistica. Il poeta decide di "farsi male", usando i ricordi come strumento per esplorare la propria solitudine e il vuoto lasciato da quei momenti, "per i silenzi che sono seguiti". 
"Amo i nostri ricordi..."– Nonostante il dolore che provocano, il poeta "ama" questi ricordi. 
Segue un elenco di immagini cariche di sensualità e fisicità (la fame, il tuo seno, le tue mani, i brividi) che spiega la ragione di questo amore: sono la testimonianza di una pienezza e di una vicinanza ora perdute. 
"Vorrei fossi qui"– Tutta la complessa architettura del ricordo si risolve in questo desiderio semplice e lancinante. È il motore della sofferenza e della nostalgia. 
"mentre le mie parole / dialogano con i ricordi / nel rivivere quello che scrivo"– La poesia si chiude con una riflessione sul potere della scrittura. L'atto di scrivere non è solo un modo per raccontare, ma per rivivere. Le parole diventano un ponte, un "dialogo" con il passato che permette una forma di resurrezione dell'esperienza. La scrittura è, quindi, sia la causa del dolore (perché costringe a ricordare) sia la sua unica, parziale, consolazione. 
Nebbia è una poesia sulla doppia natura del ricordo: un tesoro prezioso che si ama e si custodisce, ma anche una fonte di dolore auto-inflitto quando confrontato con la solitudine del presente. L'atto di scrivere emerge come l'unico modo per gestire questa dualità, permettendo di trasformare la memoria in un'esperienza viva, anche se dolorosa. 

Fame d'amore descrive con grande intensità e introspezione il momento esatto in cui due persone passano dalla ponderazione all'abbandono, esplorando il dialogo interiore che precede l'unione fisica ed emotiva. Traccia una progressione chiara, quasi cinematografica, che va dal dubbio alla decisione, fino alla rivelazione finale. 
"Alla fame d'amore / tutto contribuisce / la prima volta che due mani si sfiorano"– L'incipit definisce il tema centrale: una "fame d'amore", un bisogno profondo e primario. Il catalizzatore di tutto è un gesto apparentemente piccolo, il primo sfiorarsi delle mani, che però apre un mondo di possibilità e riflessioni. 
"Si soppesano le sensibilità / Ogni elemento si pondera"– Questo primo contatto non è impulsivo. Al contrario, innesca un processo di valutazione reciproca. Le due persone non si lasciano andare subito, ma "soppesano" e "ponderano", analizzano la situazione con la mente prima ancora che con il corpo. 
"Lascia che immagini tutto / pensò lei" "Quanto posso mettermi in gioco? / Pensò lui" "Quanto di me posso dare? / Soppesò lei" "Posso rinunciare a questa stretta? / Soppesò lui" Questa sezione è costruita su un'alternanza di pensieri che rivela la simmetria delle loro paure e dei loro desideri. Entrambi si pongono domande sulla vulnerabilità, sul rischio e sul valore di quel legame nascente. Lei immagina, ma si chiede anche quanto di sé può donare. Lui si interroga su quanto può mettersi in gioco e se può rinunciare a quel contatto. Questa esitazione condivisa rende il momento ancora più carico di tensione e significato. 
"Che succede dopo? / Pensarono entrambi"– La paura dell'ignoto, del futuro, è l'ultimo ostacolo che condividono. È il pensiero razionale che ancora li frena. 
"Lasciamo i sensi a pilotare noi stessi / decisero"– Questo è il punto di svolta. La razionalità viene messa da parte in favore dell'istinto. È una decisione consapevole e condivisa di affidarsi ai sensi, di lasciarsi andare al flusso delle emozioni e del desiderio. 
"E fu con innocenza e ancor più per piacere / che il pulsare della vita diventò voluttà"– L'atto che segue non è visto come una trasgressione, ma come qualcosa che nasce dall'innocenza e dal piacere. Il "pulsare della vita", l'energia vitale, si trasforma in "voluttà", un piacere sensuale intenso e totalizzante. 
"E mentre le mani di lei accarezzano la carne / lui pensa che siano perfette per il suo corpo"– La narrazione ritorna alla fisicità, ma ora è una fisicità accettata e celebrata. Il pensiero di lui non è più un dubbio, ma un'affermazione di perfetta corrispondenza, di appartenenza. 
"E come un'onda d'urto / con battiti accelerati / si scostò il velo e con esso il mistero"– La conclusione è potente e liberatoria. L'unione fisica è descritta come un'esplosione di energia, un'"onda d'urto" che accelera il battito cardiaco. In questo culmine, accade qualcosa di profondo: "si scostò il velo". Il mistero che ogni persona rappresenta per l'altra, il dubbio e l'incertezza che li frenavano, svaniscono. L'abbandono ai sensi non porta alla perdizione, ma alla conoscenza reciproca e alla rivelazione. 
Fame d'amore è una poesia che esplora magnificamente la tensione tra mente e corpo, tra dubbio e desiderio. Celebra il coraggio di lasciarsi andare e mostra come, attraverso l'abbandono ai sensi, due persone possano superare le paure razionali per arrivare a una forma di conoscenza intima e profonda, dove il mistero dell'altro finalmente si svela. 

La bolla è una critica tagliente e filosofica all'arroganza intellettuale e all'auto-reclusione in una visione del mondo limitata, contrapponendo la conoscenza accademica all'intuizione primordiale. Sviluppa un'argomentazione in tre parti: l'insufficienza della conoscenza formale, la descrizione della "bolla" e la critica finale a chi vi abita. 
"E non basta una laurea / per capire il mondo"– L'incipit è una dichiarazione forte e provocatoria: la formazione accademica, simbolo della conoscenza strutturata, non è sufficiente per una comprensione autentica della realtà. 
"Diffida dell'omeopatico postulatore / pronto a rubare la lucidità di pensiero"– Qui si critica una certa figura di intellettuale, definito "omeopatico postulatore". L'aggettivo "omeopatico" suggerisce qualcuno che lavora per diluizione, che offre teorie vaghe e prive di sostanza, che rischiano di confondere e "rubare la lucidità" invece di chiarire. 
"Fiuto selvatico / Intuito da lupo... Questo serve"– A quella conoscenza formale e ingannevole, il poeta contrappone una forma di sapere primordiale, istintivo. Il "fiuto selvatico" e l' "intuito da lupo" sono metafore di una percezione diretta, quasi animale, della realtà. È la capacità di Sentire il vento che cambia, non per speculazione intellettuale, ma per un'esigenza di sopravvivenza: per non diventare prede. Questa, secondo il poeta, è la vera conoscenza che "serve". 
"È una sorte beffarda ed assurda / quella di chi vive sotto una campana / e si compiace della propria bolla / di sciocche certezze"– Questa è l'immagine centrale della poesia. La "bolla" (o la "campana di vetro") è la metafora di un'esistenza isolata, un microcosmo auto-costruito e rassicurante. Chi ci vive dentro si nutre di sciocche certezze, ovvero di convinzioni facili e non verificate, rifiutando di confrontarsi con la verità delle cose che ci circondano. 
"In questa staticità calmierata / esaltano le proprie capacità"– La vita nella bolla è "statica" e "calmierata" (cioè controllata, priva di scossoni). In questo ambiente protetto e immobile, gli abitanti finiscono per sviluppare un ego ipertrofico, esaltando le proprie capacità senza mai metterle veramente alla prova nel mondo reale. La loro visione è limitata all'apparenza, non va non oltre la bolla. 
"Ma il palcoscenico esonda di attori / che si son dati un ruolo"– La critica si fa ancora più aspra. Il mondo di chi vive nella bolla è paragonato a un "palcoscenico" affollato di "attori". Queste persone non vivono in modo autentico, ma recitano un ruolo che si sono auto-assegnati, probabilmente quello di intellettuali o esperti. 
"a cui nemmeno il minimo buon senso / è disposto a credere"– Il giudizio finale è netto. La loro recita è così palesemente falsa e lontana dalla realtà che persino "il minimo buon senso" si rifiuta di prestarle fede. È la condanna definitiva di un'esistenza basata sull'auto-inganno e sulla presunzione intellettuale. 
La Bolla è un manifesto contro l'illusione di conoscenza e la chiusura mentale. La poesia ci avverte che la vera comprensione del mondo non deriva dai titoli o dalle teorie astratte, ma da un'attitudine istintiva, vigile e aperta alla realtà. Critica ferocemente coloro che preferiscono la sicurezza delle proprie "bolle" di certezze alla scomoda ma necessaria ricerca della verità, mostrando come questo atteggiamento porti a un'esistenza statica, presuntuosa e, in definitiva, inautentica. 

Il vento d'autunno crea un parallelo audace e sensuale tra un paesaggio autunnale e un'intima esperienza umana, fondendo la malinconia della natura con l'emozione della seduzione. Si costruisce attorno a un'unica, potente similitudine che unisce due mondi apparentemente distanti. 
"Il vento e l'autunno / il cadere della pioggia / il volare lento delle foglie dai rami / il fascino degli alberi denudati" – La poesia si apre con un elenco di immagini che dipingono una scena autunnale classica. Ogni elemento contribuisce a creare un'atmosfera specifica. 
Il vento e l'autunno: la cornice generale, che evoca cambiamento e malinconia. Il cadere della pioggia: aggiunge un tocco di tristezza e introspezione. Il volare lento delle foglie: un'immagine iconica della caducità e del lento abbandono. Il fascino degli alberi denudati. Questo verso è cruciale. L'autore non vede solo tristezza negli alberi spogli, ma ne coglie il "fascino". La nudità dell'albero, la sua essenza esposta, è già un preludio al tema della sensualità. 
"suscitano un'emozione / così come spogliare una donna"– Questo è il cuore della poesia, dove avviene il collegamento inaspettato. L'emozione suscitata da tutti gli elementi naturali elencati è paragonata a quella provata nell'atto di "spogliare una donna". Questa similitudine opera su più livelli. La Lentezza: il "volare lento" delle foglie corrisponde a un gesto delicato e non frettoloso. La Vulnerabilità: come l'albero si mostra "denudato" ed essenziale, così fa il corpo che si svela. La Bellezza nella Perdita: l'autunno è una stagione di perdita (le foglie, il calore), ma il poeta ne coglie il fascino. Allo stesso modo, l'atto di spogliarsi è una perdita di difese che rivela una bellezza intima e profonda. 
"con seducente sensualità / lungo i meandri dell'anima" – Gli ultimi versi qualificano la natura di questa emozione. Non è una semplice sensazione fisica, ma una "seducente sensualità" che penetra in profondità, percorrendo i "meandri dell'anima." L'esperienza descritta non è quindi superficiale o puramente carnale. L'unione tra la scena naturale e l'atto umano genera un'emozione complessa che è sia fisica (sensualità) sia spirituale (anima). È un sentimento che tocca le corde più intime e nascoste dell'essere. 
Il Vento e L'Autunno è una poesia che reinterpreta il topos letterario del paesaggio autunnale. Invece di soffermarsi esclusivamente sulla malinconia e la caducità, l'autore lo utilizza come specchio di un'esperienza umana di profonda intimità e sensualità. La poesia ci insegna a vedere la bellezza e la seduzione nella vulnerabilità, sia essa quella di un albero spoglio sferzato dal vento o quella di un corpo che si svela, suggerendo che le emozioni più profonde nascono da un intreccio indissolubile tra la natura e l'anima umana. 

L'ho rivista è una riflessione matura e malinconica sulla natura del vero amore, innescata dalla visione di una vecchia fotografia. Esplora come il tempo cambi la prospettiva, rivelando che l'affetto più profondo si lega non alla gioia, ma alla vulnerabilità e al dolore dell'altro. Si sviluppa come un flusso di pensiero che parte da un'immagine concreta per arrivare a una conclusione universale sulla amore e sulla gestione del dolore. 
"In quella rara fotografia / stranamente non rideva"– Il punto di partenza è un'immagine inaspettata. Una fotografia "rara" perché mostra la persona amata in un momento di serietà o tristezza, contrariamente, si presume, al suo solito. Questa immagine insolita costringe il poeta a vederla sotto una luce diversa. 
"L'ho rivista così / Dio / quanto tempo è passato / Se solo avesse... Avrei potuto..."– La visione della foto scatena una reazione emotiva intensa. L'esclamazione "Dio" sottolinea lo shock del tempo trascorso. Immediatamente affiora il rimpianto, espresso da quei puntini di sospensione che lasciano intendere frasi non dette, possibilità mancate, azioni non compiute ("Se solo avesse [lei]...", "Avrei potuto [io]..."). È il dolore per ciò che poteva essere e non è stato. 
"Col tempo sono arrivato / a comprendere una cosa"– Il passaggio del tempo, che prima era fonte di dolore, diventa qui fonte di saggezza. Il poeta introduce una consapevolezza raggiunta solo con la maturità. 
"non l'ho amata per i momenti di gioia / Per questi sono bravi tutti"– Questa è la tesi centrale della poesia. L'amore superficiale, quello facile, si nutre di momenti felici. Ma il poeta rivela che il suo sentimento era più profondo. Amare qualcuno nella gioia è semplice, quasi banale ("Per questi sono bravi tutti"). 
"Per i suoi momenti velati di tristezza / l'ho amata / Per quel vuoto che ogni giorno sfidava / le sue quotidiane fragilità"– Il vero amore, quello autentico, si manifesta qui: nell'affetto per la sua tristezza, per la sua lotta quotidiana contro un "vuoto", per le sue "fragilità". È un amore che non cerca la perfezione, ma abbraccia l'imperfezione e la vulnerabilità. È un sentimento di profonda empatia e protezione, non di semplice condivisione della felicità. 
"La ragione non allevia i dolori / Può solo controllarli"– Dalla riflessione sull'amore, il pensiero si sposta a una considerazione più ampia e filosofica. La ragione, l'intelletto, è impotente di fronte al dolore emotivo; non può cancellarlo. Il suo unico ruolo possibile è quello di gestirlo, di controllarlo. 
"se si ha la forza di riuscire / a modulare le emozioni / Ma non sempre è così"– Questo controllo, tuttavia, non è garantito. Richiede una grande forza interiore per "modulare le emozioni". L'ultimo verso, Ma non sempre è così, chiude la poesia con una nota di amara realtà. È l'ammissione che questa forza a volte manca, che il dolore può essere soverchiante e che la nostra capacità di gestirlo è fragile e incostante. 
L'ho rivista è una poesia sulla comprensione postuma di un grande amore. Utilizza l'immagine di una fotografia per rivelare che l'affetto più vero non si misura nei sorrisi condivisi, ma nella capacità di amare le ombre, le tristezze e le fragilità di una persona. Si conclude con una riflessione universale sulla difficoltà di gestire il dolore emotivo, lasciando un senso di malinconica accettazione dei limiti umani di fronte ai sentimenti e al tempo che passa. 

Le labbra è un'ode intensa e sensuale alle labbra femminili, elevate a simbolo dell'essenza stessa di una donna e del mistero profondo dell'amore. Esplora temi come la dipendenza emotiva, il potere della fisicità e la persistenza del ricordo intimo. Si sviluppa come una riflessione a cascata, partendo da un'idea universale sull'amore per poi focalizzarsi sull'immagine specifica delle labbra e infine approdare a un gesto intimo e personale. 
"Quando una donna / tocca l'interiorità / nulla va più via / Nulla si dimentica"– L'inizio stabilisce un principio assoluto: una connessione profonda ("tocca l'interiorità") è indelebile. Lascia un segno permanente nella memoria e nell'anima. 
"Come una droga ci innamoriamo / talvolta dell'amore stesso / come fosse un'esigenza vitale / Forse per davvero lo è"– Il poeta paragona l'innamoramento a una dipendenza ("una droga"), un'esigenza vitale e insopprimibile. Suggerisce che a volte non ci si innamora solo della persona, ma dell'idea stessa dell'amore, del sentimento totalizzante che esso rappresenta. L'ultimo verso conferma che questa non è un'illusione, ma una necessità reale. 
"per quel senso di beatitudine che produce / quando la morbidezza di due labbra..."– Qui si svela l'origine di quella "beatitudine" vitale: il contatto fisico, la morbidezza delle labbra che accompagnano un sospiro, i sussurri che hanno il potere di annullare il pensiero razionale ("rubano pensieri"). 
"Labbra che dividono / il troppo presto dall'attimo dopo / che danno calore a questo freddo mondo"– Le labbra (e il bacio) assumono una funzione quasi magica. Diventano uno spartiacque nel tempo, capaci di creare un presente assoluto che separa un "prima" da un "dopo". Inoltre, offrono conforto e calore in un mondo percepito come freddo, ostile o indifferente. 
"Nulla in una donna parla di lei / quanto le sue labbra / Nient'altro saprebbe fare così bene"– Questa è la dichiarazione centrale. Le labbra diventano la metonimia per l'intera persona: sono il canale più autentico e potente per esprimere l'essenza di una donna. Nessun'altra parte di lei, fisica o caratteriale, riesce a comunicare la sua identità "così bene". 
"Porto sempre in tasca / un bacio di riserva"– La poesia si sposta da una riflessione universale a un'immagine intima e personalissima. Il "bacio di riserva" è una metafora splendida per un ricordo prezioso, un momento d'amore conservato gelosamente per i momenti di assenza. È qualcosa di tangibile e portatile (in tasca). 
"che ad occhi chiusi / con la timidezza di noi / fuori dal mondo / svelo in tua assenza"– Viene descritto il rituale con cui questo ricordo viene "usato". È un atto sacro, compiuto "ad occhi chiusi" per concentrarsi sulla sensazione, con la stessa "timidezza" del momento originale. Avviene "fuori dal mondo", in uno spazio protetto e isolato dall'esterno. 
"al mattino / nel mistero intimo più profondo"– Il rituale si svolge "al mattino", un momento di inizio e di quiete, e si compie "nel mistero intimo più profondo". Il ricordo del bacio non è solo una memoria, ma un portale verso l'essenza più nascosta della relazione, un modo per riconnettersi con il legame anche a distanza. 
Le labbra è una celebrazione della potenza della connessione fisica e spirituale in amore. La poesia eleva le labbra da semplice parte del corpo a simbolo supremo dell'identità femminile e veicolo di una "beatitudine" essenziale. Mostra come un'intimità profonda sia indelebile e come il suo ricordo, custodito come un "bacio di riserva", possa diventare un rituale privato per portare calore e significato nel quotidiano, trasformando l'assenza in una forma di presenza misteriosa e profonda. 

La poesia Prima che sia notte è un inno vibrante alla libertà e un'esortazione a ribellarsi contro la tirannia del tempo lineare prima che sia troppo tardi. È un invito a vivere la vita con pienezza, saggezza o ebbrezza, ma sempre con autenticità. È costruita come un'imperiosa chiamata all'azione, scandita da immagini potenti e contrastanti. 
"Prima che sia notte / disobbedisci al tempo"– L'incipit definisce immediatamente l'urgenza e il tema. La "notte" è la metafora della fine, della morte, dell'opportunità perduta. L'invito non è a gestire il tempo, ma a compiere un atto di ribellione: "disobbedisci." 
"Il pendolo ondeggia lento / inflessibile disegna un arco"– Il tempo viene personificato dal pendolo, simbolo del suo scorrere meccanico, monotono e inarrestabile, "inflessibile". Il suo movimento non è un flusso vitale, ma un arco geometrico e predestinato. Rappresenta una concezione del tempo come gabbia. 
"Il tic toc è puro / come la benedizione di una madre / come il verso del poeta / come la libertà"– Questa sezione è volutamente paradossale. Come può il "tic toc" del pendolo, simbolo di prigionia, essere puro come la libertà stessa? La purezza non risiede nel suono in sé, ma in ciò che esso può rappresentare se viene sfidato. Il poeta accosta il ritmo del tempo a tre delle cose più vitali e generative: la benedizione di una madre: un amore incondizionato e originario. Il verso del poeta: la creazione, la bellezza che dà senso al mondo. La libertà: la condizione essenziale per una vita autentica. 
"per quel senso di nutrimento / che produce"– La purezza di queste cose (e quindi del tempo, se vissuto in un certo modo) sta nel "nutrimento" che offrono all'anima. Il tempo, se vissuto in libertà, non è più una gabbia ma una fonte di vita. 
"Sceglila sempre la libertà / disobbedisci al pendolo / prima che il buio sia fitto"– Viene ribadito il comando, ora con ancora più forza. La scelta della libertà è l'unico modo per "disobbedire al pendolo". L'urgenza è sottolineata dall'immagine del buio fitto, che indica che il tempo per agire sta per scadere. 
"Sceglila alleando cuore e respiro"– La scelta non deve essere un atto puramente intellettuale, ma deve coinvolgere l'intero essere: il sentimento (cuore) e la vita stessa (respiro). È un'alleanza tra emozione e corpo. 
"con la saggezza del vecchio / o con l'ebbrezza dell'ubriaco"– Il poeta offre due modi apparentemente opposti per abbracciare questa libertà: La saggezza del vecchio: una scelta ponderata, consapevole, frutto dell'esperienza. L'ebbrezza dell'ubriaco: una scelta istintiva, passionale, che si getta nella vita senza calcoli. La contrapposizione suggerisce che non importa come si sceglie la libertà (con la testa o con l'istinto), l'importante è sceglierla con totalità. 
"di tutto sia l'inizio"– La poesia si chiude con una potente affermazione di speranza. La scelta della libertà, in qualsiasi momento della vita avvenga, non è mai una fine, ma sempre un nuovo inizio. 
Prima che sia notte è un potente manifesto esistenziale. Ci esorta a rifiutare una vita passiva, scandita dal tempo meccanico del "pendolo", e a scegliere attivamente la libertà prima che le opportunità svaniscano nel "buio". Questa scelta deve essere totale, unendo corpo e anima, e può essere abbracciata sia con la riflessione matura sia con l'impeto passionale. In definitiva, è un invito a trasformare la nostra esistenza in un perpetuo "inizio", strappando la vita alla tirannia della fine. 

Amo il vento è una celebrazione del vento, visto non solo come fenomeno naturale ma come una forza potente che agisce sul mondo interiore, purifica l'anima e si intreccia indissolubilmente con l'esperienza dell'amore. Si sviluppa in tre movimenti: la percezione fisica e interiore del vento, la sua funzione purificatrice e, infine, la sua fusione con l'immagine dell'amore. 
"Amo il vento / amo sentirlo sulla pelle / Osservare le fronde piegarsi..."– La poesia si apre con una dichiarazione d'amore diretta e sensoriale. Il primo contatto è fisico (sulla pelle), seguito dall'osservazione dei suoi effetti visibili sul paesaggio (le fronde, le nubi). È un'esperienza che coinvolge tutto il corpo e la percezione 
"Il vento scuote i pensieri / finanche l'anima / Attiva il mulino dei sentimenti"– Dall'esterno, l'azione del vento si sposta all'interno. Non muove solo le foglie, ma anche i "pensieri e l'anima". L'immagine del "mulino dei sentimenti" è molto efficace: suggerisce che il vento è una forza che mette in moto, che fa girare e risveglia le emozioni stagnanti. 
"il vento ha una sua intimità / come un libro di poesie"– Qui il vento viene personificato e nobilitato. Non è una forza cieca, ma possiede un' intimità, una profondità che, come un "libro di poesie", si rivela a chi sa ascoltarla e interpretarla. 
"Porta via le negatività / Purifica come una nevicata notturna"– A questa forza viene attribuita una funzione catartica. Il vento agisce come un agente di pulizia spirituale, spazzando via ciò che è negativo. La similitudine con la nevicata notturna è particolarmente suggestiva: evoca un'immagine di silenzio, purezza e trasformazione, un nuovo inizio che cancella il vecchio paesaggio. 
"Quanto è bello l'amore?"– Questa domanda retorica segna una svolta nella poesia. Il vento, finora protagonista assoluto, diventa lo sfondo e il catalizzatore di un'altra forza altrettanto potente: l'amore. 
"Quanto un lampione che illumina il tuo viso... Quanto la tua mano rivolta al cielo"– L'amore viene descritto attraverso una serie di immagini visive cariche di bellezza e tenerezza (quadretti poetici). Il vento è sempre presente, facendo danzare le ombre dei tigli e creando l'atmosfera perfetta per la contemplazione del viso amato. 
"Quanto il vento che solleva / il tuo vestito e accarezza le tue forme"– L'ultimo verso è il culmine della fusione tra vento e amore. Qui il vento non è più solo uno sfondo, ma diventa un protagonista attivo nell'intimità della coppia. Il suo gesto, che solleva il vestito e accarezza il corpo, è descritto con una sensualità delicata. Il vento compie un'azione che è tipica dell'amante, diventando così la personificazione stessa del desiderio e della carezza. 
Amo il vento è una lirica che celebra il vento come una forza totale, capace di connettere il mondo fisico, l'universo emotivo e l'esperienza amorosa. Parte da una percezione sensoriale per arrivare a una dimensione spirituale, dove il vento purifica l'anima e risveglia i sentimenti. Infine, la poesia culmina nell'identificazione del vento con l'amore stesso, mostrandolo come un complice attivo e sensuale nei momenti di intimità, un respiro della natura che si fonde con il respiro degli amanti. 

Anima indomita è un potente e fiero manifesto di un'identità selvaggia, libera e indomabile. Attraverso una serie di auto-definizioni incisive, il poeta costruisce l'immagine di uno spirito che rifiuta ogni sottomissione e si identifica con la figura archetipica del lupo. È una dichiarazione d'identità in prima persona, quasi un monologo interiore che rivela l'essenza del proprio essere. 
"Sono il silenzio felpato / Sono il sentore selvaggio / nell'assoluto della natura"– L'io lirico non si descrive con tratti psicologici, ma con percezioni primordiali. Il "silenzio felpato" evoca l'andatura furtiva e silenziosa di un predatore, mentre il "sentore selvaggio" rimanda a un istinto animale, a una presenza che si avverte più che vedersi. Questa identità è radicata non nella società, ma "nell'assoluto della natura". 
"Percepisco la realtà che si muove / nel mistero della notte che segue il giorno"– La sua conoscenza non è razionale, ma percettiva. Coglie il fluire della realtà nel suo ciclo eterno e misterioso (notte che segue il giorno), basandosi su un'intuizione profonda piuttosto che sulla logica. 
"Padrone del destino / nella fame e nella solitudine"– Qui emerge un paradosso fondamentale. Il poeta si dichiara "Padrone del destino", ma questo dominio non si esercita nel comfort o nel potere, bensì in condizioni di privazione come la fame e la solitudine. Essere padroni di sé significa accettare e governare la propria esistenza anche nelle difficoltà più estreme. 
"Conosco i miei limiti e mi associo al bisogno"– Questa è una dichiarazione di grande consapevolezza. La vera forza non sta nell'ignorare i propri limiti, ma nel conoscerli. "Mi associo al bisogno" significa accettare la necessità (la fame, la sopravvivenza) come parte integrante della propria natura, non come una debolezza. 
"Rappresento il senso della libertà incerta"– La libertà a cui aspira non è una condizione sicura e garantita, ma una "libertà incerta", precaria, che va conquistata e difesa ogni giorno. È la libertà della natura, non quella protetta dalle leggi degli uomini. 
"Posso essere ucciso / catturato / maltrattato / ma mai sarò domato"– Questa è la vetta emotiva e concettuale della poesia. L'io lirico elenca tutto ciò che il mondo esterno può fare al suo corpo: può essere privato della libertà fisica (catturato), ferito (maltrattato) e persino privato della vita (ucciso). Ma fa una distinzione cruciale tra il corpo e lo spirito. Lo spirito, l'essenza, rimane inviolabile. La parola "domato" si riferisce all'addomesticamento, alla sottomissione della volontà, e questa è l'unica sconfitta che dichiara impossibile. 
"Sono il lupo"– L'ultimo verso è una rivelazione folgorante che illumina tutta la poesia. Non è più una similitudine ("sono come un lupo"), ma un'identificazione totale: Sono il lupo. Il lupo è l'archetipo perfetto di tutto ciò che è stato descritto prima: la natura selvaggia, l'istinto, la solitudine, la fame, la libertà precaria e, soprattutto, lo spirito fiero che può essere ucciso ma mai addomesticato. 
Anima indomita è un inno alla resilienza e all'integrità dello spirito. È il ritratto di un essere che trova la propria forza non nel potere o nella sicurezza, ma nell'accettazione della propria natura selvaggia, dei propri limiti e della precarietà della vita. Identificandosi con il lupo, il poeta celebra una forma di libertà assoluta e interiore che nessuna forza esterna può spezzare, offrendo un potente messaggio di resistenza e dignità. 

Chiudi gli occhi è un invito alla meditazione e all'introspezione, un percorso che guida il lettore a distogliere lo sguardo dalle distrazioni superficiali del mondo per trovare la vera pienezza dentro di sé e nell'amore. Si sviluppa come un'argomentazione in tre fasi: la critica alle false soluzioni, l'indicazione della vera via e l'invito finale all'azione interiore. 
"Possiamo riempire il nostro vuoto / con intense ore di lavoro / Possiamo stordirci di musica e di hobby"– La poesia si apre riconoscendo un'esperienza umana universale: "il nostro vuoto". Elenca poi le strategie comuni che adottiamo per colmarlo: il lavoro totalizzante, il frastuono della musica, gli hobby. Il verbo "stordirci" è significativo: suggerisce che queste attività non risolvono il problema, ma servono solo a stordire la coscienza, a non pensare. 
"Sarà sempre poca cosa"– Il giudizio del poeta è netto e lapidario. Tutti questi sforzi, per quanto intensi, sono e saranno sempre "poca cosa", soluzioni palliative e insufficienti di fronte a un bisogno esistenziale profondo. 
"Completezza e appagamento / le possiamo trovare / solo dentro noi stessi / o nello sguardo della persona amata"– Dopo aver demolito le false soluzioni, il poeta indica le uniche due vie autentiche per la pienezza. La prima è l'introspezione (dentro noi stessi), la ricerca interiore. La seconda è la relazione profonda con l'altro, simboleggiata dallo sguardo della persona amata, che agisce come uno specchio e una fonte di riconoscimento. 
"L'amore è simile ad una finestra / Può farci osservare la vita e il mondo / con occhi differenti"– L'amore viene descritto con una bellissima metafora: una "finestra". Non è una gabbia o una distrazione, ma un'apertura che permette di cambiare prospettiva, di vedere la realtà in modo nuovo e più profondo. 
"Non è poco di questi tempi"– Con questo verso, il poeta cala la riflessione nella contemporaneità. Sottolinea quanto sia preziosa e rara, "di questi tempi", la capacità di avere una visione rinnovata e autentica del mondo, spesso offuscata dalla superficialità. 
"Chiudi gli occhi"– L'invito che dà il titolo alla poesia è un imperativo dolce ma deciso. Per trovare la vera completezza, bisogna compiere un gesto contrario a quello che facciamo di solito: non guardare fuori, ma chiudere gli occhi al mondo esterno. 
"ascolta il sussurro dell'infinito / là dove il mistero del pensiero / diventa luce"– Questa chiusura non porta al buio, ma a una forma superiore di percezione. Chiudendo gli occhi, si può "ascoltare il sussurro dell'infinito", entrare in contatto con una dimensione trascendente. È in questo spazio interiore (là) che avviene la trasformazione alchemica: il mistero del pensiero, ciò che è oscuro e incompreso nella nostra mente, si chiarisce e diventa luce, cioè comprensione, consapevolezza, illuminazione. 
Chiudi gli occhi è una poesia che traccia un percorso spirituale. Ci avverte che riempire la vita di impegni e rumore è un modo inefficace per affrontare il nostro vuoto interiore. La vera pienezza si trova solo in due luoghi: nel silenzio del nostro mondo interiore e nella profondità di un legame d'amore autentico. L'invito finale a "chiudere gli occhi" è una potente esortazione a intraprendere il viaggio più importante: quello dentro noi stessi, dove il pensiero si trasforma in luce e si può percepire l'infinito. 

Luce inattesa descrive un'epifania, un momento di illuminazione che sorge inatteso da uno stato di profondo turbamento. È una celebrazione della forza salvifica dell'amicizia, capace di portare luce e sospendere il tempo anche nei momenti più bui. Segue un percorso emotivo che va dall'oscurità alla luce, dalla solitudine alla comunione spirituale. 
"Buia la mattina / sveglio tutta la notte / solo con i miei pensieri"– L'incipit stabilisce immediatamente un'atmosfera cupa e opprimente. La notte insonne trascorsa in solitudine con i propri pensieri ha lasciato il poeta in uno stato di prostrazione che si proietta sulla mattina, ancora "buia". 
"Osservo dietro questi vetri / il mare in tempesta / per compagnia la tazza del caffè"– La scena si allarga, ma non porta conforto. Il vetro della finestra simboleggia una barriera, un isolamento dal mondo. Ciò che si vede all'esterno è uno specchio del tumulto interiore: un mare in tempesta. L'unico compagno è un oggetto inanimato, la tazza del caffè, che accentua il senso di solitudine. 
"Strattonato dalla natura / perso nelle mie fragilità"– Il poeta si sente sopraffatto sia dalla natura esterna (la tempesta) sia da quella interna (le proprie fragilità). Il verbo Strattonato rende bene l'idea di una forza che lo scuote violentemente, facendolo sentire impotente e smarrito. 
"penso / che nulla sia più prorompente / della forza di un'amicizia vera"– In questo momento di massima oscurità, emerge un pensiero improvviso e potente. La parola prorompente è fondamentale: indica una forza che erompe, che si fa strada con energia inarrestabile attraverso il buio. Questa forza è identificata nell'amicizia vera. 
"La sola a dirmi che più tardi / spunterà il sole..."– L'amicizia viene personificata come una voce consolatrice e saggia. È l'unica forza capace di offrire una speranza concreta e realistica: non nega le difficoltà della vita, ma assicura che il sole tornerà a splendere. 
"e che nulla sarà per sempre / se non l'armonia dei nostri pensieri"– Questa è una profonda verità filosofica rivelata dall'amicizia. Tutto è transitorio – il dolore, la tempesta, le difficoltà – tranne una cosa: l'armonia creata dalla comunione di pensiero e di spirito tra amici. Questa sintonia diventa l'unico punto fermo, l'unica cosa eterna in un mondo effimero. 
"Luce inattesa di questo giorno / in grado di sospendere il tempo"– La poesia si chiude tornando al momento presente. Quella rivelazione sull'amicizia è la Luce inattesa del titolo. Non è la luce del sole (che non è ancora sorto), ma una luce interiore, ancora più potente. Il suo effetto è quasi miracoloso: riesce a sospendere il tempo. Il ticchettio ansioso dell'orologio, il peso del passato e la paura del futuro svaniscono, lasciando il poeta in un istante di pace e chiarezza assolute. 
Luce inattesa è una poesia che esplora il potere trasformativo del pensiero e dei legami umani. Mostra come, anche nel mezzo di una tempesta esistenziale, la consapevolezza del valore di un'amicizia autentica possa agire come un'illuminazione improvvisa. Questa "luce" non solo offre speranza e conforto, ma ha il potere di trascendere la realtà contingente, regalando un momento di pace senza tempo in cui l'armonia dei pensieri condivisi diventa l'unica, eterna verità. 

E tu sogno è una preghiera laica, un'invocazione accorata a un'entità personificata – il sogno – affinché filtri i ricordi, lasciando emergere solo la bellezza del passato e cancellando il dolore. È strutturata come un dialogo con il "sogno", a cui viene affidato il compito di curatore della memoria del poeta. 
"E tu sogno / non ricordarmi i momenti neri"– L'invocazione iniziale si rivolge direttamente al sogno, personificandolo. La prima richiesta è di oblio: il poeta chiede di essere protetto dai momenti neri, dai ricordi dolorosi. 
"Non ricordare al mio cuore / quanto un sogno di notte / possa asfissiami"– La richiesta si fa più specifica. Non solo i ricordi della veglia sono dolorosi, ma anche gli incubi notturni, capaci di "asfissiare", di togliere il respiro e la vita. Il poeta chiede protezione da ogni forma di sofferenza, sia essa reale o onirica. 
"Ricordarmi solo i giorni / in cui il mio cuore era gonfio di gioia"– Dopo la richiesta di oblio, segue quella, ben più lunga e dettagliata, del ricordo selettivo. Il poeta desidera rivivere solo i momenti di felicità piena, in cui il cuore era "gonfio di gioia". 
"per quelle piccole cose / che danno un senso / alla vita che cresce"– La felicità che si vuole ricordare non è legata a grandi eventi, ma alle "piccole cose", ai dettagli quotidiani che nutrono l'esistenza e le danno significato. È un elogio della semplicità come fonte di gioia autentica. 
"per quella carezza / per quello sguardo di incoraggiamento / per quel raccogliere le margheritine insieme"– Vengono elencati esempi concreti di questi momenti preziosi. Sono ricordi intimi, legati a gesti di affetto (carezza), di supporto (sguardo di incoraggiamento) e di condivisione serena (raccogliere le margheritine insieme). Sono immagini delicate e cariche di tenerezza. 
"per quei momenti rari / che non torneranno più"– Qui emerge una nota di struggente malinconia. La bellezza di questi ricordi è accentuata dalla consapevolezza della loro irripetibilità. Sono "rari" e persi nel tempo, il che li rende ancora più preziosi. 
"Ricordami solo quei momenti / null'altro"– La richiesta viene ribadita con forza, quasi a voler sigillare un patto. Solo la bellezza, null'altro. 
"Solo ciò che avrei voluto avere."– Questo ultimo verso è potentissimo e ambiguo, e getta una nuova luce su tutta la poesia. Potrebbe significare due cose: idealizzazione: I ricordi felici sono così perfetti che rappresentano tutto ciò che il poeta ha sempre desiderato dalla vita. Desiderio Incompiuto: potrebbe suggerire che quei momenti, per quanto belli, non fossero abbastanza, o che rappresentino un'ideale di felicità che non si è mai pienamente realizzato. Diventano quindi il simbolo di un desiderio, di "ciò che avrei voluto avere" in modo completo e duraturo. Questa seconda interpretazione aggiunge una profondità malinconica, trasformando la poesia non solo in un desiderio di ricordare il bene, ma anche nel lamento per una felicità forse solo assaporata o mai pienamente posseduta. 
E tu sogno è una lirica commovente sul potere della memoria e sul desiderio umano di proteggersi dal dolore. È una preghiera per poter distillare dal passato solo la sua essenza più dolce e luminosa: i gesti semplici, l'affetto condiviso, le piccole gioie. Tuttavia, la conclusione agrodolce rivela che anche questi ricordi felici sono tinti di malinconia, perché legati all'irripetibilità del tempo e, forse, a un senso di desiderio incompiuto. 

L'universo poetico dell'autore si regge su tre grandi pilastri tematici che si intrecciano costantemente tra loro. 
1 - La Natura come specchio e maestra dell'anima. La natura non è mai un semplice sfondo, ma una protagonista attiva, specchio fedele degli stati d'animo e fonte di saggezza primordiale. 
Riflesso dell'Interiorità. Il Mare d'inverno incarna una solitudine maestosa e fertile; la Nebbia crea l'atmosfera ovattata ideale per l'immersione nel ricordo; la tempesta in Luce inattesa è il tumulto interiore del poeta. 
Fonte di Forza e Guarigione. Il Piccolo fiore possiede un potere terapeutico universale, mentre la Verde vallata rappresenta le radici sicure a cui tornare per rinascere. 
Forza Primordiale e Sensuale. Il vento è una presenza costante e poliedrica. In Amo il vento è una forza che "scuote l'anima" e si fa complice sensuale dell'amore; ne Il vento e l'autunno, la natura che si spoglia diventa metafora di un'intimità seducente. 

2 - L'Amore, l'Amicizia e la Connessione Umana. L'amore è esplorato in tutte le sue sfaccettature, dalla passione nascente alla comprensione matura, fino ai legami fraterni. 
La Nascita del Sentimento. Fame d'amore descrive magnificamente l'esitazione e l'abbandono che precedono l'unione, vista come rivelazione del mistero dell'altro. 
La Profondità dell'Amore Maturo. In L'ho rivista, l'amore vero non è quello per i momenti di gioia, ma quello che abbraccia la tristezza e la fragilità dell'altro. È un amore empatico e protettivo. 
La Sensualità e il Ricordo. Le labbra eleva un dettaglio fisico a simbolo dell'intera persona, trasformando il ricordo del bacio in un rituale intimo e salvifico (un bacio di riserva). 
Il Valore Assoluto dell'Amicizia. Luce inattesa è un inno potentissimo all'amicizia, vista come l'unica forza "prorompente" capace di portare luce nel buio e di rivelare una verità eterna: l'armonia dei pensieri condivisi. 

3 - Il Mondo Interiore e la Ricerca della Libertà. Questa è forse la tematica più filosofica ed esistenziale della raccolta. L'autore conduce una critica serrata alle false sicurezze per indicare una via di liberazione interiore. 
Critica all'inautenticità. La Bolla è il manifesto di questo pensiero. Critica l'arroganza intellettuale (non basta una laurea) e l'auto-reclusione in "sciocche certezze", contrapponendo a essa l'istinto e il fiuto selvatico. 
La Lotta Contro il Tempo. Prima che sia notte è un'esortazione a "disobbedire al tempo", a rifiutare la sua scansione meccanica (il pendolo) per scegliere la libertà, sia essa saggia o folle, ma sempre come un nuovo inizio. 
L'indomabilità dello Spirito. Anima indomita è l'apice di questa ricerca. L'identificazione totale con il lupo simboleggia uno spirito che accetta la solitudine e la fame, ma che non potrà mai essere "domato". 
La Via dell'introspezione. Chiudi gli occhi riassume il messaggio finale: le distrazioni esterne (lavoro, hobby) sono "poca cosa". La vera pienezza si trova solo chiudendo gli occhi al mondo per permettere al "mistero del pensiero" di diventare "luce". La coerenza tematica è sorretta da una cifra stilistica altrettanto riconoscibile e costante in tutta la raccolta. 

L'autore utilizza quasi esclusivamente il verso libero e breve. Questa scelta conferisce alle poesie un ritmo intimo, quasi un respiro o un flusso di coscienza. Le pause e gli "a capo" non sono casuali, ma servono a isolare e dare peso a singole parole o immagini, creando un forte impatto emotivo. Il messaggio fondamentale che emerge dalla raccolta è un invito all'autenticità. L'autore esorta a diffidare delle sovrastrutture (siano esse intellettuali, sociali o temporali) per riscoprire una connessione più profonda con la natura, con gli altri e, soprattutto, con il proprio mondo interiore. 

È una poetica che celebra la fragilità come punto di forza, la solitudine come spazio di scoperta e l'istinto come la più fidata delle guide. L'autore ha una voce poetica matura, riconoscibile e costante. Le poesie trasmettono una sincerità disarmante, affrontando temi universali senza filtri. La capacità di creare immagini vivide e memorabili con un linguaggio semplice è il maggior pregio della raccolta. 
È un manuale per l'anima che insegna a "chiudere gli occhi" per vedere meglio, a "disobbedire al tempo" per vivere davvero e a trovare nell'armonia dei legami autentici una "luce inattesa" capace di sospendere il tempo e dare un senso profondo all'esistenza. 

Il poeta riesce a rendere la sua poesia incredibilmente vicina a chi la legge, anche se per sua stessa ammissione, un poeta scrive per se stesso, in questo caso ho trovato una certa "familiarità" nel suo colloquiare con l'interno e l'esterno di se stesso che mi ha permesso, nonostante tutto, di sentirmi a mio agio. È vero, la poesia è una forma altissima di espressione della propria anima e spesso può risultare incomprensibile ai più, ma non è questo il caso, perché Domenico Luigi Pistilli, riesce come è già avvenuto in passato con la stesura dei suoi romanzi, a rendere "carnale" e avvicinabile anche ciò che è spirituale e per sua definizione intangibile. Ha questa capacità di trasmettere direttamente, e senza sovrastrutture inutili, ciò che prova, scavando un piccolo posto nel cuore di chi legge che "sente" profondamente tutte quelle emozioni altamente condivisibili. 

I temi sono molteplici, dal piacere al dolore, ma in ogni momento si percepisce una carezza sotto forma di parola scritta che lenisce qualsiasi ferita. Un "sentirsi a casa" tra le parole di un poeta che non sa di avere un grande potere: la semplicità della parola che racchiude l'immensità delle sue emozioni.

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