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martedì 11 marzo 2025

Recensione: MATERIALI RESISTENTI di Francesca Marzia Esposito

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice HarperCollins, oggi vi parlo di Materiali resistenti di Francesca Marzia Esposito.

materiali resistenti

di Francesca Marzia Esposito
Editore: HarperCollins
Pagine: 170
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 18,50
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Quintana ha lasciato Mauro da tre mesi perché non le aveva dato altra scelta e ora, con l’assenza di lui ogni giorno più ingombrante, si chiede se loro due fossero materiali fragili, incapaci di sopportare le pressioni della quotidianità, o se fosse mancata loro la duttilità emotiva necessaria per resistere deformandosi insieme. Di una cosa però è sicura: Mauro le manca in un modo insopportabile, il vuoto che ha lasciato la sovrasta e lei, più che guarire dal virus della sua assenza, vorrebbe solo crogiolarsi nel dolore e lasciare che la febbre continui a salire, mentre legge i post che lui scrive online per la sua nuova ragazza. Fuori, un gruppo di eccentrici attivisti raccoglie firme per ostacolare la costruzione di nuove aree verdi a Milano, e una notte, una tempesta improvvisa si abbatte sulla città, per lasciare spazio a una pace surreale e forse al respiro limpido di nuovi inizi.

RECENSIONE

Materiali resistenti di Francesca Marzia Esposito racconta il dolore dei superstiti, di chi sopravvive a una storia che finisce. È la parola di chi è crudo e sincero, di chi sa che il tempo non guarisce tutto, ma insegna a sopportare. Un romanzo che esplora le macerie interiori e la difficile arte della resistenza. 

Quintana, un’anima scomposta, è una donna frantumata, congelata nel momento della fine, incapace di accettare la dissoluzione dell’amore. "Ci si innamora da sconosciuti, ci si lascia tra conosciuti", pensa, riassumendo con lucidità il paradosso delle relazioni: l’intimità profonda si trasforma nell’estraneità più fredda. Non è solo il distacco da Mauro a farle male, ma la percezione di essere diventata nulla ai suoi occhi, di essere stata sostituita senza che il mondo se ne accorgesse. Non c’è dramma eclatante nella sua sofferenza, nessuna scenata, nessun gesto eclatante. Solo il logorio quotidiano di una mente che non sa più come pensarsi senza l’altro. 

"Semmai lo abbia fatto. Forse all’inizio. Ma gli inizi non valgono. Si scambia la novità per amore, all’inizio. Tu credi che abbia visto in te qualcosa di unico e speciale, e invece è solo che sembri nuova." È una riflessione brutale, ma vera: la fine di una storia spesso non è una tragedia improvvisa, ma una lenta erosione dell’importanza che avevamo per l’altro. 

L'autrice dipinge questa forma di sofferenza silenziosa, quella che non fa rumore ma sfinisce, quella che toglie il senso delle cose. Quintana passa il tempo a controllare il profilo social di Mauro, a cercare tracce di lui nella vita che ora condivide con un’altra. Lo spia con la stessa disperata speranza con cui un affamato osserva un banchetto a cui non è più invitato

Se Quintana è il dolore che si attacca alla pelle, Mauro, simbolo di quell’indifferenza che uccide, è l’incarnazione della leggerezza che ferisce. Non è un uomo crudele, non ha commesso errori clamorosi. Ma è colpevole della cosa peggiore che si possa fare in amore: smettere di provare interesse. Non odia Quintana, non la rimpiange, semplicemente l’ha cancellata dalla sua vita. E questa è una condanna ben peggiore dell’odio. Quando Mauro scrive "Dorme beata. Vorrei svegliarla per dirle quanto mi faccia impazzire. Le cosce, i fianchi, i seni, i piedi, la sua testa soprattutto. La donna che ho vicino in questo esatto momento è un groviglio di cose bellissime che adoro", Quintana non può fare altro che leggere e sentirsi sprofondare. Quegli stessi pensieri, quelle stesse parole, un tempo erano per lei. Ora appartengono a un’altra. E non c’è niente da fare. 

Questo è il punto più dimostrativo del romanzo: la consapevolezza che l’amore non è un’entità sacra e immutabile, ma qualcosa che può scivolare via senza un perché. Mauro è già altrove, felice, mentre Quintana resta intrappolata nel prima, senza sapere come attraversare il dopo. 

In questo paesaggio di macerie sentimentali, due figure emergono come contrappeso: Leona e Agata. La prima è l’amica che non si arrende, che cerca di scuotere Quintana dal torpore, che la costringe a guardare fuori dalla sua bolla di dolore. "Ti trovo sempre in casa, dovresti prendere un po’ d’aria." Non è solo un consiglio pratico: è un invito alla vita, un tentativo di strapparla dalla palude della malinconia. Agata, invece, è il passato che lascia un’eredità concreta: due case, una stabilità materiale che però non può riempire il vuoto interiore. "Lascio i due appartamenti a Quintana, un regalo per dimenticare lo stronzo." Eppure, la sicurezza economica non basta. Quintana ha bisogno di qualcosa di più profondo per salvarsi: deve ritrovare sé stessa. 

Il titolo del romanzo non è casuale. Materiali resistenti è un’allusione alla capacità (o incapacità) di sopportare il peso delle proprie esperienze. Milano, con i suoi cantieri e le sue battaglie urbanistiche tra chi vuole il verde e chi difende il cemento, diventa lo specchio della protagonista. Il cemento è sicurezza, è stabilità. Ma è anche stagnazione, paura del cambiamento. Quintana è come la città: divisa tra il bisogno di ancorarsi al passato e la necessità di lasciarlo andare. "Il cemento è un foglio grezzo solido, è la forza dei graffiti. Dovresti vedere tu stessa." Le scritte sui muri, i segni lasciati dai writer come Buz, sono l’unico modo per dare un senso all’assenza. Il mondo va avanti, cambia, si trasforma. Lei deve decidere se restare un rudere o diventare qualcosa di nuovo. 

Viviamo in un’epoca in cui l’amore è costantemente esposto, pubblicato, narrato in tempo reale. Il dolore della perdita non si consuma più nel privato, ma si amplifica nel confronto con il successo sentimentale degli altri. I social non permettono di dimenticare, anzi, rendono l’assenza ancora più tangibile. Il trauma di Quintana è quello di molti: come si sopravvive quando l’altro continua a esistere davanti ai nostri occhi, ma senza di noi? 

La scrittura dell’autrice è chirurgica, spietata nella sua lucidità, eppure profondamente empatica. Non giudica Quintana, non la ridicolizza, ma la accompagna nel suo viaggio di dolore con una delicatezza autentica. Il romanzo parla a chiunque abbia vissuto una perdita sentimentale, a chiunque abbia cercato risposte dove non ce n’erano, a chiunque abbia avuto bisogno di tempo per riscrivere la propria esistenza dopo un addio. 

Materiali resistenti non ci dice che tutto andrà bene, non ci promette un lieto fine. Ma ci regala qualcosa di ancora più prezioso: la verità. 
La verità che il dolore non è una sconfitta, ma un processo. 
Che la solitudine può essere una prigione, ma anche un’occasione. 
Che il cemento può spezzarsi, ma anche trasformarsi in qualcos’altro. 
Quintana non è una donna che rinasce. 
È una donna che resiste. 
E questo, a volte, è già abbastanza. 
Così come può essere abbastanza la bellezza di una ferita ancora aperta, che però, ha la possibilità di diventare cicatrice.

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