Buon
martedì! Anche questa sarà una settimana ricca di recensioni in vista poi della
pausa estiva di cui vi metterò al corrente più avanti!
La
recensione di oggi riguarda un romanzo breve a metà tra il giallo e la commedia
all’italiana, pubblicato da Genesis
Publishing, intitolato Ah… Ahh… Ahhh, scritto da Nuwanda,
un autore esordiente che si cela dietro questo pseudonimo.
Titolo: Ah... Ahh... Ahhh
Autore: Nuwanda
Editore: Genesis Publishing
Pagine: 58
Genere: Giallo, Parody Comedy
Prezzo: € -
Ebook: € 2,99
Uscita: Maggio 2015
Trama
Nella
sala conferenze della biblioteca comunale è in corso la presentazione del libro
di Armando Bentivoglio, un noto scrittore sui generis con monomanie bizzarre.
Il romanziere, a un certo punto, decide di scrivere sulla lavagna una frase
ricca di significati e che possa contenere un’emozione: “Ah… Ahh… Ahhh”. Basta una semplice parola, pronunciata in
modo diverso, a suggerire sensazioni di piacere o di dolore, secondo l’interpretazione
del lettore, in grado di andare oltre il volere dello stesso autore. La
differenza tra “il come si scrive” e “il come si legge”. Il ritrovamento di un
cadavere richiederà la presenza del commissario Loquace, un poliziotto dai
metodi alquanto singolari. Un turbinio di battute e dialoghi caustici, spesso
inconsapevolmente comici dei vari protagonisti, caratterizzerà in maniera
originale le varie scene, creando un surreale collage di schegge impazzite. Una
parody comedy all’italiana con le sue nevrosi e le sue megalomanie grossolane e
i suoi personaggi grotteschi non meno suggestivi.
“Ecco, vede? Basta una semplice
parola, pronunciata in modo diverso, a suggerire sensazioni di piacere o di
dolore, secondo l’interpretazione del lettore, in grado di andare oltre il
volere stesso dell’autore.”
Ah.. Ahh… Ahhh è un romanzo breve
di poco meno di 60 pagine che si colloca in una posizione particolare tra
l’umorismo, la commedia e la parodia, con un preciso gusto per la
concentrazione di tutto il filo narrativo sulla discussione classica tra ciò
che si scrive e ciò che si legge. In altre parole tutto si sofferma sul
concetto di interpretazione e l’autore, di cui non conosciamo la vera identità,
poiché usa uno pseudonimo, gioca molto sulle riflessioni positive o negative
che ne possono scaturire. Concentra essenzialmente tutto il suo delirio
narrativo sulla semplice frase che funge anche da titolo all’intero testo,
giocando sul fattore della sorpresa e di conseguenza della
riflessione che i comportamenti e soprattutto le frasi dette dai suoi
personaggi possono provocare in chi legge.
Non c’è nessun vero protagonista
all’interno della storia. Abbiamo uno scrittore alle prese con la presentazione
del proprio libro, all’interno di una biblioteca comunale e un insieme di
persone che vi partecipano, che appartengono alle più disparate categorie
umane. Armando Bentivoglio è un’autore che ha già un discreto successo e si
ritrova catapultato nell’atmosfera ambigua e disincantata del paesino Doppio
Senso dove le strade sono tutte a senso unico. Egli diventa subito mira di uno
strano personaggio che lo punzecchia chiedendogli cose strane riguardo la sua
personalità di scrittore ed il suo scritto, domandandogli al fine, di regalare a
tutti un’emozione. Armando, preso dall’esasperazione, scrive sulla lavagna una
frase: ah… ahh… ahhh, cogliendo tutti di sorpresa e lasciando assolutamente
agli altri l’interpretazione della sua scelta e del suo significato.
Lo stile dell’autore è scarno ed
essenziale. Il testo è scritto bene ed è scorrevole, coadiuvato dalla minuzia
di particolari e di dettagli che seducono l’autore e lo portano, nonostante l’intreccio
asciutto e immediato, a lasciarsi andare nella descrizione della fisicità dei
suoi personaggi, indugiando molto sul loro modo di vestirsi e di presentarsi,
creando così nel lettore un’immagine perfetta e realistica di ciò che ha di
fronte.
“Io sono quello che scrivo. Conta
solo questo. Si sente padrone di decidere cosa comunicare e come affermarlo.”
Armando lo scrittore, Carla la
bibliotecaria sono raffigurati nell’empasse della loro trasfigurazione scenica,
nel momento in cui s’incontrano e condividono insieme agli altri il tempo e il
luogo del climax: un omicidio.
Nella tranquilla giornata di una
presentazione libresca in una città assolutamente sconosciuta ai più di cui lo stesso
scrittore non sa assolutamente nulla, l’aria rarefatta e finta di ammirazione e
partecipazione viene interrotta da una scoperta: un cadavere femminile nel
bagno del bar. Una scritta rossa che sovrasta il sangue rappreso a terra: Ah… Ahh…
Ahhh.
Il rosso che ritorna dopo che lo
stesso Armando, con la sua penna di egual colore, aveva firmato tutte le copie e
quella della stessa vittima. Appare al momento giusto nell’incauto sistema di
investigazione paradossalmente accettata seppur in un luogo tanto avido di
fraintendimenti, il commissario Loquace.
Conduce gli interrogatori in modo
sensazionalistico e ambiguo. Si lascia prendere da battute sarcastiche di cui neanche lui si rende
conto, ritrovandosi l’assassino davanti agli occhi senza capirlo se non dopo.
Ogni personaggio è catturato
dall’apparenza, c’è chi pensa di poter trasformare un comune mortale in una
star e chi, come il commissario, pensa esclusivamente a quale profilo del
proprio viso è ripreso meglio dalla telecamera e quanto riscontro in termini di
successo avrà il suo ultimo caso di omicidio.
Ancora una volta, dunque, il tutto
si ripercuote sul senso profondo di ciò che vediamo e sentiamo, su ciò di cui
siamo testimoni, sul raffronto che non tramonta mai tra essere e apparire, tra
ciò che siamo e l’interpretazione che diamo di noi.
Sullo sfondo di una storia che fa
da cornice con le sue battute parodistiche e le sue figure da scenette di
commedia all’italiana, fatta di equivoci e di scontri verbali, si ergono ben più
importanti, le riflessioni su cosa sia esattamente la scrittura. La pratica di
leggere e di scrivere e l’importanza di non deludere i lettori permettendo loro
di scoprire che l’autore che si cela dietro il loro libro preferito non è come
se lo aspettano. Il problema, dunque, dell’amare lo stile di uno scrittore e
nello stesso tempo l’evidente presenza o assenza della simpatia verso quello
stesso, in qualità di persona e non più
di chi scrive.
“Lui, in fondo, ha il compito di
scrivere e loro quello di leggere, una pratica che possono condurre entrambi
senza mai incontrarsi. Non vuole rovinare questo processo per colpa di simpatie
e antipatie.”
Ancor di più sembra essere
fondamentale l’interpretazione e dunque il senso sul quale si basa l’intera
struttura narrativa del romanzo. E’ tutto un equivoco, un delirio, un gioco che
si concentra sul come si dice e come lo si legge.
Divertente e incisivo, pulito e tagliente,
una lettura breve ma piacevole.
Ne avevo sentito parlare, proprio per via dell'insolito titolo... sembra gradevole. Ci darò una letta :)
RispondiEliminaIl titolo è davvero particolare e anche il modo in cui la storia è scritta. Spero possa piacerti :-)
EliminaCiao Antonietta!!! Caspita questo titolo è veramente strano. Ma mi piacciono molto gli estratti che hai proposto. Sei sempre bravissima! Sono passata anche per segnalarti, o per chiederti se vorresti segnalare, il Giveaway che sta avendo luogo sul mio blog. In palio ci sono molti ebook! Ti aspetto. Un abbraccio fortissimo.
RispondiEliminaby Roby
Blog Dolci&Parole
Ciao Roberta! Grazie per le tue parole e per essere passata! Vengo subito a dare un'occhiata al tuo Giveaway! <3
Eliminami hai incuriosita!!! mi sa che lo leggerò;-)
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