Buongiorno! Oggi vi propongo l’intervista a Paolo Durando, scrittore e professore di
italiano e storia di cui ho recensito recentemente il romanzo di Fantascienza intitolato Gli eletti di Scantigliano, che potete leggere qui.
E' un'intervista molto interessante che ci aiuta a comprendere i retroscena del romanzo.
Salve Paolo, grazie per aver accettato questa
intervista.
1
- Com’è nato l’amore per la scrittura e quando ha
iniziato a dedicarsi seriamente ad essa?
Ho
iniziato presto a sentire il richiamo della scrittura. Dapprima cimentandomi in
confuse novelle costituite da dialoghi, forse in analogia con le prime letture
di fumetti Disney, poi in fiabe sotto la suggestione di Andersen. In seguito c’è stata l’influenza
dei romanzi di avventura di Oliver Curwood, tendendo già verso la fantascienza.
Dopo i trent’anni, alcuni riconoscimenti avuti fuori dall’ambito familiare e
amicale, mi hanno incoraggiato a impegnarmi più a fondo.
2
– Perché ha scelto di scrivere un romanzo di
Fantascienza?
Spesso
la fantascienza si pone come genere “maschile”, privilegiando l’azione, il
plot, anche a scapito del sense of wonder. Io preferisco la fantascienza
“umanistica”, quella di Clifford Simak o Ray Bradbury, accesso privilegiato agli archetipi, all’autocoscienza di specie. Non amo le
narrazioni di guerre stellari o imperi galattici, anche perché danno tutto per
già rivelato e conosciuto, mentre a me interessa frequentare il mistero, le
situazioni in cui un nuovo pianeta, una civiltà aliena o un’altra dimensione,
sono ancora tutti da scoprire.
3
– Quanto tempo ha impiegato a scriverlo?
La
prima stesura ha richiesto circa due mesi. Poi c’è stato il lavoro di
scrematura e limatura, a più riprese.
4
– Si è ispirato a qualcuno o a qualcosa in
particolare per la stesura del suo romanzo?
Ho
voluto dare alla narrazione una certa impostazione teatrale, curando il
dialogo, alludendo anche ai clichés dei primi reality degli anni zero.
5
– Quale personaggio le ha creato maggiori
difficoltà e quale ha amato di più?
Quello
che mi ha creato più difficoltà è Massimo, l’uomo “pratico”. Non ho molte
affinità, evidentemente, con lui. Quello che ho amato di più è, probabilmente,
Giorgio, il bambino, per la sua tendenza ad estraniarsi dagli adulti che lo
circondano, dai loro automatismi e ipocrisie.
6
– C’è stato un momento in cui ha pensato di
abbandonare la scrittura?
L’ho
pensato, quando ho partecipato con la prima stesura di questo romanzo al premio
Odissea della Delos Books e ho ricevuto una stroncatura senza appello.
L’esperienza mi è servita per approfondire il lavoro di editing, procedendo
anche a numerosi tagli.
7 – Gli aspetti
che mi hanno colpito di più del suo romanzo sono state le descrizioni e
l’introspezione psicologica dei personaggi. Quanto contano per lei questi
elementi per la buona riuscita di una storia?
Sicuramente,
nella mia accezione di questo genere-non genere (nel senso che li ingloba
tutti), la psicologia è importante. Attraverso alcuni temi tipici della
fantascienza, l’antico “conosci te stesso” e il più recente “essere gettati” nel
mondo, possono declinarsi in modi alternativi e fecondi. Per questo ho guardato
spesso al pensiero della differenza sessuale, dal momento che le donne, per
necessità, hanno dovuto guardare più a fondo in se stesse.
8
– Ad oggi con la pubblicazione, si è pentito di
qualcosa e vorrebbe cambiarla?
Si
vorrebbe sempre poter cambiare qualcosa, ma viene il momento in cui ci si deve
arrendere alla pubblicazione e concentrarsi su altri progetti. Sul piano
formale, è presente ancora qualche refuso, nonché alcune (poche!) ripetizioni e
sciatterie linguistiche che, pur potendo anche sfuggire a un lettore coinvolto
dalla storia, ora vorrei eliminare e non posso farlo, almeno fino alla prossima
ristampa...
9
– Qual è il messaggio nascosto, se c’è, che il
lettore dovrebbe cogliere?
Il
messaggio è, essenzialmente, che non sappiamo davvero chi siamo, da dove
veniamo e dove andiamo. Che siamo intubati nei nostri microcosmi, perdendo –
chi più, chi meno - la consapevolezza del macrocosmo di cui facciamo parte.
10
– Cosa rappresenta Scantigliano per lei?
Credo
che non ci sia nulla quanto certa provincia italiana a poter configurare un
microcosmo, in cui la struttura profonda della vita quotidiana resta
relativamente stabile nei decenni. Questo costituisce una protezione, ma rende
complicata l’apertura al diverso, si tratti di persone o di situazioni. Io ho
sempre cercato di fuggire dalle mie Scantigliano, pur subendone il fascino.
Sono un cittadino nell’anima, un flâneur. Amo l’anonimato, l’avventura e la
libertà della metropoli.
11-
C’è un motivo particolare per cui ha scelto il mare come fonte di incubi e punto di
risoluzione di tutta la vicenda?
Veniamo
dal mare e siamo fatti soprattutto di acqua. Si pensi a come Stanisav Lem, nel
romanzo Solaris, a cui fu liberamente ispirato l’omonimo film di Andrei
Tarkovskij, avesse immaginato un pianeta dove un oceano pensante creava e
disfaceva elementi a partire dall’inconscio dei personaggi.
12
– Quanta critica sottintende da parte sua la
presenza narrata di un’umanità teatralizzata?
I
personaggi del mio romanzo rappresentano tendenze medie. Sono soggetti
sostanzialmente integrati. Sono tutti veri toscani, come si evince dai cognomi,
e radicati a Scantigliano. Sono stati selezionati dalla Extension Ov proprio
per questo. Anche se alcuni di loro possono sembrare degli intellettuali,
soprattutto Serena, vivono il loro tempo e lo interpretano senza andare troppo
in profondità. Come, nel bene e nel male, la maggior parte di noi.
13 – Quali sono gli autori dai quali trae ispirazione?
Oltre
a quelli già citati, non posso non ricordare Philip Dick, quello di Ubik,
soprattutto. E’ indubbio, però, che un
ruolo rilevante lo ha avuto la letteratura non fantascientifica, da Kafka a
Bulgakov e quel filone “praghese” che dal Golem approda a Meyrink o Kubin. Mi
hanno segnato, inoltre, Giorgio
Scerbanenco, per la felicità narrativa, e Clarice Lispector, per i movimenti
dell’interiorità. Ho cercato poi, a più riprese, di trarre linfa per la
scrittura da altre forme espressive, come il teatro di ricerca e le arti
visive. In questa ottica multidisciplinare ho collaborato con altri artisti, ad
esempio nel maggio 2012, nella mostra “Donna con frittata”, allo Spaziobianco
di Silvano Costanzo a Torino. Mi interessa infine, per l’ampiezza della
visione, il percorso dei connettivisti.
14 – Scriverà ancora
romanzi?
Ne sto già scrivendo.
15 – Le chiedo di lasciarci con la citazione di un passo
del suo romanzo, che ha un’importanza particolare per lei.
“La presenza di Scantigliano nei loro ricordi li
caricava di una nostalgia mai provata fino a quel momento. Si sentivano
complici in questo, uniti da qualcosa di profondo, specifico e irripetibile.
Scantigliano non era stato soltanto lo sfondo dei loro giorni e del loro
evolversi o involversi che fosse, era stato parte del loro corpo, sostanza
stessa delle loro azioni.”
Grazie Antonietta!
RispondiEliminaInteressante l'intervista. Non conoscevo questo scrittore.
Un abbraccio Maria
Grazie a te Maria! <3
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