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mercoledì 27 agosto 2025

Recensione: NATA NELL'ACQUA SPORCA di Giuliana Vitali

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Perrone, oggi vi parlo di Nata nell'acqua sporca di Giuliana Vitali.

nata nell'acqua sporca

di Giuliana Vitali
Editore: Perrone
Pagine: 228
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 18,00
Formato: Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Sara, giovane napoletana, cresciuta nell'assenza di un padre emigrato in Albania e nella distanza emotiva di una madre troppo presa dal suo lavoro di giornalista, impara presto a convivere con il silenzio e l'incomprensione. Fuggire diventa l'unica scelta possibile: lascia la casa d'infanzia per seguire il fidanzato tossicodipendente, ritrovandosi in un vortice di eccessi e smarrimento. Il suo destino si intreccia con quello di altri tre compagni di deriva. La loro amicizia è il nodo viscerale di un amore tossico e in questo naufragio volontario, il corpo diventa una frontiera da esplorare, un territorio di perdizione e riscoperta. Ma il passato riaffiora, si insinua nel presente, lo plasma e lo deforma come un'eco: l'infanzia e l'adolescenza si specchiano l'una nell'altra, cicliche, inevitabili in un dialogo doloroso tra la bambina che era e la donna che sta diventando.

RECENSIONE

Nata nell'acqua sporca di Giuliana Vitali non è una lettura confortevole, non è una carezza, ma un pugno gelido e preciso allo stomaco che ti lascia senza fiato, costringendoti a guardare lì dove preferiremmo voltare lo sguardo. È un frammento di vita urlato con una voce tanto lucida quanto disperata. 

Al centro di questo gorgo c'è Sara, una protagonista che si imprime nella mente non per ciò che fa, ma per ciò che non è. Sara è un guscio definito dalle sue assenze: l'assenza di un padre, di un amore materno, di un futuro riconoscibile. La sua è una fame disperata di sentirsi viva, un bisogno che la spinge a legarsi a un ragazzo che è la sua stessa condanna, un amore che non nutre ma consuma. 

Intorno a lei si muove un "branco" di coetanei che non sono amici, ma specchi della stessa solitudine. Non c'è solidarietà nel loro stare insieme, solo una condivisione muta dello stesso vuoto, un tentativo di annullarsi nell'eccesso per non sentire il dolore sordo dell'esistenza. L'autrice riesce a non giudicarli mai; ce li mostra nella loro cruda, a volte patetica, umanità. 

Nata nell'acqua sporca è un'analisi spietata di cosa significhi crescere oggi, senza punti di riferimento, senza una bussola. Il disagio giovanile raccontato non è la ribellione adolescenziale da manuale. È un'apatia profonda, una paralisi esistenziale. È la sensazione di essere nati, appunto, in un'acqua sporca da cui è impossibile emergere puliti. I suoi personaggi non lottano contro il sistema; non ne concepiscono nemmeno l'esistenza. Fluttuano, sopravvivono, si anestetizzano. 

L'amore tra Sara e il suo ragazzo è un concentrato di tossicità. Non ha nulla di romantico. È una dipendenza reciproca, un legame basato sulla distruzione condivisa. Lui non la salva, la trascina più a fondo. Lei non lo redime, si aggrappa a lui come all'unico appiglio possibile, anche se quell'appiglio è un'ancora che la tira giù. È la rappresentazione perfetta di come la ricerca d'amore, quando nasce da un vuoto interiore, possa trasformarsi nella sua più letale contraffazione. 

La Napoli del romanzo non è quella da cartolina. È una città notturna, marginale, quasi predatrice. Le sue strade, i suoi vicoli, i suoi bassi non sono un semplice sfondo, ma un personaggio attivo che respira e inghiotte. È una Napoli che riflette il caos interiore dei suoi protagonisti, una città che non offre riparo ma diventa essa stessa labirinto e prigione. È l'incarnazione fisica e urbana dell' "acqua sporca" del titolo. 

Lo stile di Giuliana Vitali è tagliente, scarno, chirurgico. Non c'è una parola di troppo. La sua prosa è quasi fisica, ti colpisce con frasi brevi e secche. Non ci sono voli lirici o sentimentalismi; l'autrice rifiuta ogni forma di consolazione per il lettore. Questa scelta stilistica non è un vezzo, ma una necessità: è l'unico modo per raccontare l'afasia emotiva dei suoi personaggi, per restituire al lettore la stessa sensazione di soffocamento e urgenza. 

Ciò che colpisce e resta addosso, a giorni di distanza dalla fine della lettura, è la sua sconvolgente autenticità. Non offre morali, non indica vie d'uscita, non promette redenzione. È uno spaccato di realtà così crudo da sembrare un documentario dell'anima. Colpisce la capacità di raccontare il vuoto senza cadere nel nichilismo fine a se stesso. Sotto la superficie di apatia e autodistruzione, si percepisce un disperato, quasi animale, anelito alla vita, alla purezza, a un respiro d'aria pulita. 

La storia di Sara è la storia di una caduta, ma anche la cronaca di una resistenza silenziosa, quella di chi, pur nato nell'acqua sporca, non smette mai del tutto di cercare un modo per tornare a galla. È un libro che consiglio di leggere, soprattutto oggi. Un po' di verità spietata non guasta mai.

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