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lunedì 17 febbraio 2025

Recensione: LA PRIGIONIERA D'ORO di Raven Kennedy

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Armenia, oggi vi parlo di La prigioniera d'oro di Raven Kennedy.

la prigioniera d'oro

di Raven Kennedy
Editore: Armenia
Pagine: 300
GENERE: Dark Fantasy
Prezzo: 8,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2022
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Auren è la favorita di re Mida, l'uomo dal tocco d'oro, che la tiene in una gabbia dorata, simbolo del suo potere. Questa «gabbia» copre l'intero piano superiore del castello, con gabbie integrate in ogni stanza e passerelle sbarrate collegate tra loro, in modo che Auren possa girare liberamente per il castello. La prigioniera si sente protetta e al sicuro nella sua gabbia. Ma da cosa? Ha avuto una vita molto dura, ha vissuto per strada fino a quando Mida non l'ha salvata. Auren lo conosce da prima che diventasse re, il che spiega molto sul loro rapporto. Ma la sua vita, le sue sicurezze, stanno per cambiare brutalmente...

RECENSIONE

Esistono prigioni con sbarre di ferro, catene e chiavistelli. E poi ci sono prigioni che luccicano, che ammaliano, che sussurrano promesse di amore e protezione mentre ti stringono sempre più forte. La prigioniera d'oro di Raven Kennedy esplora proprio questo tipo di prigionia: quella che non si impone con la forza, ma con il veleno sottile della dipendenza emotiva e della manipolazione psicologica. 

È un Dark Fantasy, certamente, con vibes seducenti e impreziosite da sospiri e vagheggi che hanno il sentore di deliri a occhi aperti, ma la cruda verità è che attraverso una metafora eclatante si lancia un messaggio inequivocabile. Auren è la preferita di re Mida, il sovrano dal tocco dorato, colui che trasforma ogni cosa in oro, compresa lei. Ma non è una statua, almeno non ancora. La sua pelle è d’oro, la sua bellezza leggendaria, il suo status apparentemente invidiabile. 

Vive in un castello d’oro, circondata da lusso e ricchezze, adorata come un gioiello raro. Ma sotto la patina brillante, si cela una realtà brutale: Auren è una prigioniera, una creatura fragile rinchiusa in una gabbia che, per quanto sia estesa, resta pur sempre una gabbia. — "Cerco di mantenere una visione positiva della vita, anche se sono in una gabbia per uccelli a misura d’uomo. Una bella prigione per una bella reliquia."

Fin dalle prime pagine, si percepisce il senso di oppressione che grava su di lei. Raven Kennedy ci trascina dentro la sua mente con una prosa evocativa, capace di rendere tangibile la sua solitudine, la sua fame di amore e la sua graduale disillusione. Auren si illude di essere speciale per Mida, di essere amata, eppure il lettore avverte subito l’inganno: non è amore, è possesso. Lei è il trofeo perfetto, l’unico essere umano trasformato dal re senza essere distrutto. Un’eccezione, certo, ma non un’eccezione privilegiata. — "Pavimenti d’oro. Infissi d’oro. Tappeti, dipinti, arazzi, cuscini, vestiti, piatti, armature, cazzo, persino l’uccellino è congelato in uno splendore senza vita. A perdita d’occhio, ogni cosa è oro, oro, oro, compresa l’intera infrastruttura del palazzo stesso." 

Il personaggio di re Mida è affascinante proprio nella sua complessità tossica. Non è il solito villain crudele e spietato, bensì un uomo che nasconde la propria natura dietro gesti che potrebbero essere scambiati per affetto. Mida coccola Auren, le offre abiti sontuosi, la chiama "bestiolina dorata", le dice che è preziosa. Ma la isola, la tiene lontana da tutto e da tutti, la sorveglia costantemente. La gabbia in cui vive non è solo fisica, ma mentale. Ed è qui che La prigioniera d’oro si discosta dai soliti fantasy romantici: ci mostra il ritratto inquietante di un rapporto basato sulla dipendenza emotiva. — "Il mio re è un uomo complicato. So che tiene a me, ma ultimamente voglio... di più. So che è colpa mia. Non dovrei volere nient’altro. Dovrei accontentarmi di quello che ho, ma non posso farci niente." 

Il momento in cui Mida considera di "prestare" Auren a re Fulke in cambio di un esercito è il punto di rottura. La protagonista comprende di colpo la verità: non è amata, non è unica, non è protetta. È un oggetto da usare per il potere. Questo tradimento è devastante e segna l’inizio della sua lenta rinascita. Auren è una protagonista particolare. Non è la classica eroina forte e combattiva fin dall’inizio. È fragile, ingenua, e ha interiorizzato talmente tanto la sua prigionia da convincersi che quella sia la normalità. Ma il romanzo non si ferma alla sua debolezza: la trasforma. La sua consapevolezza cresce, il suo desiderio di libertà si accende. Il percorso che intraprende è graduale, pieno di esitazioni e paure, ed è proprio questa autenticità a renderla così affascinante. — "Mi distraggo. Annaspo. Riempio le ore come posso. Ma per quante persone veda ogni giorno, mi sveglio sola e mi corico nello stesso modo." 

Quando viene rapita e portata via dal castello, Auren si trova per la prima volta senza Mida. Ed è lì che il lettore respira con lei, sente il sollievo e il terrore di un mondo sconosciuto. L’incontro con Slade e i suoi uomini rappresenta la porta verso una nuova realtà, una in cui lei potrebbe essere qualcosa di più di un oggetto prezioso. 

L’autrice ha uno stile incisivo, sensuale, immersivo. Le descrizioni del castello d’oro, con le sue stanze soffocanti e il suo splendore opprimente, trasmettono il senso di prigionia di Auren. Il contrasto tra il calore delle attenzioni di Mida e il gelo della sua indifferenza è reso alla perfezione. La scrittura è cruda e poetica allo stesso tempo, con immagini potenti e un uso sapiente dei dettagli. Le scene di tensione sono cariche di emozioni, e il lettore è trascinato nel vortice della psicologia della protagonista, sentendo sulla propria pelle la sua lotta interiore. 

Dentro La prigioniera d’oro c’è una riflessione profonda sulla libertà. Quanto è difficile riconoscere di essere prigionieri quando la prigione è dorata? Quanto è difficile liberarsi quando si è stati addestrati a credere che la propria gabbia sia l’unico posto sicuro? Auren incarna la lotta di chi si è perso dentro un amore tossico, di chi ha bisogno di riscoprirsi per poter davvero vivere. È un romanzo che parla di identità, di potere e della necessità di prendere in mano il proprio destino. 

La prigioniera d’oro non è solo una storia d’amore e fantasy. È una discesa negli abissi della dipendenza emotiva e una lenta risalita verso l’autodeterminazione. È un libro che sussurra ai lettori intrappolati in dinamiche tossiche, che offre una luce alla fine del tunnel, che insegna che nessuna gabbia, per quanto bella, può essere una casa. 

Lo fa, certo, in un modo del tutto inusuale, promettendo rose e fiori che in realtà fin dal primo momento sono i resti di cuori diventati cenere. Non sono mai esistite rose realmente vive per Auren, né un uomo, un re che l’amasse per davvero. E questa relazione che potrebbe apparire surreale solo perché ambientata in un contesto fantasy, è invece incredibilmente plausibile e reale, perché punta tutto sul rapporto tra un uomo e una donna, chiaramente in una posizione diversa; in quanto lei è succube di lui, del suo ruolo, del suo fascino, di quel suo modo di trattarla che la fa sentire ciò che in realtà non è per lui, ossia speciale. Mida la prende in giro e lei non se ne accorge, fino alla fine, fino a quando non viene condotta lontano, ed è allora che comincia ad aprire gli occhi. È inutile scandalizzarsi perché le scene sono brutali, il re è cattivo e Auren è cieca; la realtà, purtroppo, non è molto diversa in alcuni casi, ed è necessario un vero e complicato percorso di crescita personale ed emotiva per distaccarsi dal quel mondo che pensavamo essere tutta la nostra “casa” e da quella persona da cui dipendevano in ogni cosa che facevamo. È una storia toccante per certi versi, che va vissuta senza freni, senza stare lì a giudicare cosa possa disturbare o cosa no, bisogna invece cogliere il non detto, tutto ciò che c’è dietro le scene e che accompagna il messaggio fondamentale dell’autrice: seguire Auren per non fare i suoi stessi errori e tenere gli occhi sempre aperti su personaggi come re Mida. 

La prigioniera d’oro è il primo di una saga e immagino che la strada per la protagonista sarà ancora molto lunga. Distaccarsi dal re e da tutto ciò che ha sempre rappresentato per lei non sarà facile e non basterà un rapimento per farla rinascere. Le catene che la legano al passato sono ancora troppo strette e presenti, ci vorrà tanta rabbia, amore per se stessa e voglia di speranza per riappropriarsi della propria vita e della sua voce.
Ci riuscirà?

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