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mercoledì 13 novembre 2024

Recensione: LA GEOGRAFIA DEL DANNO di Andrea De Carlo

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di La geografia del danno di Andrea De Carlo.

la geografia del danno

di Andrea De Carlo
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 176
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Questa è la storia di un segreto di famiglia che ne contiene altri. Di una traversata oceanica dall’Italia al Cile in cerca di fortuna. Di un’emigrazione dalla Sicilia alla Tunisia per le stesse ragioni. Di una ragazza cilena che arriva a Genova all’alba della prima guerra mondiale. Di un giovane ingegnere navale che perde la testa per un’attrice di teatro. Di una compagnia di commedianti sudamericani che cela talenti straordinari. Di una coltellata che sfigura un uomo e distrugge una famiglia. Andrea De Carlo parte da una rivelazione sconvolgente per inoltrarsi in un’indagine che lo porta ai primi decenni del secolo scorso e poi ancora più indietro, alla fine dell’Ottocento. Poco alla volta, grazie a vecchie fotografie ritrovate, scritti, incontri e un ostinato lavoro di osservazione e deduzione, l’autore ricostruisce le vicende avventurose e drammatiche della sua famiglia. "La geografia del danno" è una storia vera raccontata come un romanzo, che pagina dopo pagina rivela quanto chi ci ha preceduti determini in parte chi siamo oggi.

RECENSIONE

Nel romanzo La geografia del danno, intimo e autobiografico, Andrea De Carlo ci offre una narrazione inusuale, che non segue i canoni tradizionali del romanzo, ma si articola come una ricostruzione profonda e familiare dai toni vibranti e incisivi. 

Si tratta di un’opera ibrida che, come un affresco, ricompone brandelli di memorie, fotografie ingiallite e racconti, tessendo la trama di un passato che sembrava irraggiungibile, ma che riemerge in tutta la sua crudele bellezza. 

Il racconto si apre con una rivelazione sconvolgente: la nonna paterna, la cilena Doralice Migliar, mai conosciuta e creduta morta da decenni, è in realtà appena scomparsa. Questo fulmine a ciel sereno accende in De Carlo, protagonista che ricorda, una sete di verità, la curiosità di svelare cosa abbia separato quella donna dal figlio e cosa abbia scavato quel solco silenzioso tra le generazioni.

Doralice è un personaggio enigmatico e magnetico, una donna vibrante e libera, un’attrice dalle inclinazioni vivaci e dalla vita cosmopolita, la cui storia emerge per contrasti con quella più composta e ordinata dei De Carlo. Il viaggio dello scrittore tra passato e presente assume qui le sfumature di un giallo storico che, lontano dalla detective story tradizionale, esplora crimini emotivi e segreti sepolti, con un’introspezione sincera, ma allo stesso tempo calibrata e mai indulgente. 

De Carlo segue il filo degli eventi, spostandosi tra Europa, Sud America e Nord Africa, costruendo una “geografia del danno” familiare che attraversa continenti e generazioni, come un lungo fiume carsico che riaffiora in un legame epigenetico mai davvero interrotto.

Milano, simbolo di modernità e stabilità, si contrappone alla narrazione frammentata e quasi mitica di una famiglia con radici in luoghi lontani: il Cile, la Tunisia, e persino la Puglia, rappresentata da un anziano prozio che vive in un trullo. Il periodo della Prima guerra mondiale diventa il punto di svolta per Doralice, una figura misteriosa e affascinante che arriva a Genova come una giovane attrice cilena. Il protagonista si trova a ricostruire le tappe di una vita rimasta a lungo sepolta e a fare i conti con verità inaspettate, come la scoperta della lunga esistenza della nonna, inizialmente creduta morta. 

I personaggi, anche se non appaiono direttamente sulla scena, emergono attraverso il ricordo e la ricostruzione: Doralice, la nonna sfuggente e misteriosa, una donna che porta con sé il fascino e la distanza di un mondo lontano; Carlo, il nonno enigmatico, per il quale il ricordo di Doralice sembra essere un peso ineluttabile. Giancarlo, padre del protagonista, si rivela anche lui fragile, segnato da traumi mai risolti che finiscono per influenzare le generazioni successive. 

Le emozioni dei personaggi principali si intrecciano in un tessuto denso di silenzi, tradimenti e omissioni. Il protagonista è pervaso da un senso di tradimento e confusione, manifestato dalle molte domande che emergono solo dopo la morte dei genitori, quando ormai non può più ricevere risposte dirette. Sperimenta un senso di perdita per non aver mai conosciuto la verità su Doralice e per il dolore del padre, celato dietro un’immagine di madre perduta. Questi sentimenti si mescolano a una crescente fascinazione per il passato familiare, che lo porta a intraprendere una ricerca personale. 

L’elemento dell’investigazione familiare, che evoca quasi un’indagine poliziesca, trasforma la ricerca delle origini in un viaggio che rivela un universo di vite straordinarie, intessute di migrazioni, sogni infranti e amori perduti. Il protagonista diventa un detective di una memoria collettiva e familiare, raccogliendo brandelli di storia attraverso documenti, fotografie e testimonianze di parenti anziani. Ogni scoperta svela nuove trame e connessioni, che conducono a riflessioni più ampie sul destino e sull’eredità intergenerazionale. 

La narrazione suggerisce l’idea che la nostra identità sia profondamente legata a ciò che ci è stato tramandato, non solo nei tratti visibili ma anche nei segreti, nei traumi e negli amori dei nostri antenati. Il protagonista si trova a esplorare come le vite di chi lo ha preceduto, con i loro “doni e danni,” modellino il suo essere e si annidino nel suo sangue, rendendo la storia familiare un aspetto ineluttabile della propria identità. 

L’autore crea un’atmosfera sospesa tra passato e presente, dove il tempo si dissolve e le distanze fisiche e culturali si accorciano attraverso l’investigazione interiore. Quest'analisi svela una sensibilità profonda verso i legami familiari e il mistero dell'eredità, riflettendo su come le storie dimenticate o distorte dei nostri avi siano parti integranti della nostra identità e delle nostre scelte. Il viaggio del protagonista rappresenta così una scoperta di sé attraverso le ombre e le luci del passato, dove il peso dei segreti e delle scoperte si fonde per restituire una storia densa e vibrante di vita, dolore e speranza.  

La scrittura è elegante e tagliente, sorretta da una formazione storica che emerge nel rigore con cui ripercorre date e luoghi. Tuttavia, ciò che rende il libro davvero unico è la sensibilità con cui sa catturare il dramma umano e familiare senza cedere all’autobiografia pura, pur tracciando una connessione con il vissuto personale. 

La “geografia” qui diventa una mappa non solo di luoghi, ma di sentimenti irrisolti, che segnano i rapporti e costruiscono un determinismo familiare che l’autore, con lucidità disarmante, identifica anche nelle proprie relazioni e nella propria esistenza. 

Nelle pagine finali, la figura di Doralice, così luminosa e carismatica, lascia trasparire un velo di simpatia, una sorta di nostalgia per quella libertà mai davvero compresa dai suoi contemporanei. De Carlo ci guida fino a un epilogo che, senza offrire risposte definitive, suggerisce che il valore della verità spesso risiede nell’immaginazione, in quell’interpretazione di tasselli mancanti che rendono finalmente coerente la storia. 

La geografia del danno è un libro che vibra di emozione e complessità, destinato a colpire il lettore con la sua indagine universale sulla famiglia, il peso delle origini e il significato dell’eredità emotiva.

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