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giovedì 3 ottobre 2024

Recensione: IL SOGNO RAPITO di Edith Bruck

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di Il sogno rapito di Edith Bruck.

Il sogno rapito

di Edith Bruck
Editore: La nave di Teseo 
Pagine: 112
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 7,99€ - 15,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
“Presto sarò padre.” Questa la frase che Sara, ancora in dormiveglia, sente pronunciare da suo marito Matteo sulla soglia di casa una mattina. Ciò che ha udito – o sognato? – non sembra verosimile. È un incubo? Il marito, dopo un lungo calvario di scontri e confronti, alla fine confessa: una giovane palestinese di nome Layla è incinta di lui. Per l’ebrea Sara, la cui madre è una sopravvissuta ai campi di sterminio, lo choc è doppio: una sconosciuta darà al marito la figlia che il suo corpo non ha saputo generare e la bambina avrà per metà il sangue di un popolo oppresso e perciò profondamente ostile agli ebrei. Sara, in parte incapace di lasciar andare il marito anche se l’ha fatta soffrire così intensamente, e decidendo di ascoltare la propria voce interiore improntata a un radicale pacifismo, cercherà un dialogo con la giovane palestinese offrendosi di aiutarla ad allevare la bambina nel segno dell’amore universale.

RECENSIONE

Il sogno rapito di Edith Bruck, scrittrice pluripremiata, la cui vita è stata segnata dall’atrocità della storia, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti e testimone di una memoria che va oltre i puri fatti deterministici per affondare le radici in una complessa dimensione psicologica e sociale che la vede legata inesorabilmente alle caratteristiche personali ed esistenziali di Sara, la protagonista del romanzo. 

Una donna ebrea che ha un rapporto complesso con la madre, sopravvissuta al nazismo che si porta ancora addosso i segni di un dolore che nessuno saprebbe spiegare a parole, nemmeno chi lo ha vissuto. È inutile girarci intorno, tutto ciò che Edith Bruck scrive ha qualcosa di speciale; non è solo un problema di stile. La sua prosa è tanto scarna quanto ricca di parole che richiamano altre parole, sostanze, magie che s’incrociano con gli incubi, creando un racconto che ha il sapore dell’orrore e della malinconia. 

Non voglio illudervi. 
Questa storia è malinconica, triste, parla di guerra, violenza e di maternità negata. Sara, da figlia che fa da madre a sua madre, che a sua volta è stata talmente invasa dalla paura della prigionia più mentale che fisica, cerca di proteggerla in tutti i modi, trasmettendole, seppur involontariamente, paure e ossessioni, è spostata con un uomo, Matteo, di cui scopre il tradimento. Un tradimento che diventa una ferita insanabile dentro e fuori le mura del suo corpo e della sua anima.“Il cane randagio con la sua lingua calda lecca la mia mano morta. Chi è che lo ha portato via da me, cane fedele che scodinzolavo a ogni suo rientro a casa? Cane in attesa dietro la porta che gli leccava il corpo e gli offriva il proprio a suo piacere, soprattutto di mattina presto ancora semiaddormentata.” 

Matteo sta per avere un figlio. L’ha tradita con una donna palestinese di nome Layla.“(…) la donna di Matteo c’è, ha un nome, non è un brutto sogno, si chiama Layla. Nome arabo che significa “notte” anche in ebraico. Notte. La mia notte che non sarà mai più giorno.” Sara non la odia, ma Layla odia Sara. Ironia della sorte. Dovrebbe essere la moglie ferita a odiare marito e amante, e invece, in questa storia accade l’impensabile. 

Sara vuole conoscere Layla e vuole diventare sua amica. Perché? Vuole crescere quella bambina, figlia di Matteo, come se fosse sua, insomma una famiglia allargata dove nessuno prova odio ma soltanto voglia di rappacificazione. – “Resto distrutta. Terrorizzata. La verità ha un effetto peggiore delle bugie, che contengono le possibilità del dubbio a cui aggrapparsi o credere per autodifesa. Ma le verità, sia quelle grandi, storiche, collettive o semplicemente quelle private, sono diversamente devastanti. La verità è il Male?” 

Matteo è un personaggio deplorevole. Una mattina si sveglia e le dice che l’ha tradita. Senza mai parlare d’amore, perché in questo romanzo l’amore ha un ruolo strano, più che una dimensione intima diventa un urlo soffocato, come un sentimento più sociale e rivolto alla pace che all’essere singolo. Sara incarna la voglia di tranquillità e di perdono dell’autrice. Non vuole che il conflitto tra ebrei e palestinesi possa distruggere quel sentimento di unione che solo una nuova nascita può risvegliare in tre personaggi così distanti. Matteo, dal canto suo, non ci fa una bella figura. Ha sempre trattato la moglie come un oggetto; Sara ricorda i momenti intimi quasi spaventata. Il marito che fa il ginecologo le chiedeva cose irripetibili, sconcertanti e lei lo ha sempre accontentato, per poi trovarsi un giorno come un altro da sola. 

Sara è dotata di una potenza salvifica difficile da imitare. È una donna molto forte su cui si riversa il peso del passato. Anche se non ha vissuto la tragedia, ne porta addosso i segni invisibili a causa delle psicosi materne. Dopo aver perso il padre, la madre è piombata in uno stato ansioso perenne, eppure lei la ama come nient’altro al mondo, e cerca di proteggerla in tutti i modi. – “Come potrei mai dirgli la verità sulla bambina? Un bambino è un bambino e se lo cresci tu è tuo.” Non le può dire tutto, non le può confessare il tradimento meschino del marito, perciò soffre in silenzio; anzi, cerca di giustificare quel fantasma infido e fedifrago che non ha nemmeno il coraggio di prendersi le sue responsabilità. 

Ma dico io, nemmeno un po’ di senso di colpa? È stato lui, complice di un intervento fallimentare, ad aver privato la moglie di poter avere figli. E poi che fa? Ha un figlio con un’altra. Beffa del destino. Matteo, essere che si conferma arrivista e privo di scrupoli, senza il minimo senso di coscienza, povero mentecatto che si lascia abbindolare senza nemmeno farsi una domanda sul perché una donna come Layla abbia scelto proprio lui. 
Ci arriverà Sara. 

Sara scoprirà cosa si cela davvero dietro a questa improvvisa gravidanza e non saranno rose e fiori per nessuno.“Per Layla sono un invasore, non si sente una donna che ha sedotto il marito di un’altra, ma una palestinese contro un’ebrea, e la bambina, più che la sua bellezza e giovinezza, è il suo trionfo, la sua guerra vinta.” Intanto, leggiamo la storia di una donna che non si arrende; che sembra pazza, fuori di testa, una donna che vuole l’affetto di un’altra donna e che cerca di imporre il proprio significato di pace coinvolgendo anche un uomo che non la merita. Un uomo che non merita nulla, nemmeno di avere un figlio. –“È proprio l’amore inclusivo che mi rimetterà al mondo e potrà riempire il mio letto vuoto, il mio cuore rattrappito, il mio corpo orfano del tuo, è così difficile da capire?” 

Il racconto ha il ritmo veloce e soffocante delle storie cariche di pregiudizi, di verità che fanno male, di violenze silenziose che si perpetrano da anni. Conflitti grandi come la Storia che si ripercuotono sulle vite dei piccoli esseri umani che annaspano tra le onde di un mare che non accoglie più nessuno. Sara vorrebbe accogliere tutti. Il marito, l’amante, la neonata; ha le braccia grandi e il cuore pieno d’amore, ma non tutti vogliono quello che ha da dare. La sfruttano, la usano, è questa la sua storia. Eppure non si tira indietro, perché il suo è un coraggio che non ha bisogno di giustificazioni nè di memorie o di atti altrui per esistere. 

Il sogno rapito è la storia di una donna che parla di Storia, di passato e di cose che nessuno può dimenticare, ma che ti rimane impressa soprattutto per la bravura di un’autrice che con una penna che non risparmia nulla, nemmeno i momenti più brutali, crudi e agghiaccianti, sa come rendere “vivente” un semplice personaggio; un’anima piena di complessità e di cose da dire; un’anima che è piena di emozioni, belle e brutte, sfrontata e irriverente, potente e disillusa. Un’anima che non smette mai di urlare al mondo, seppure questo tenti di tapparsi le orecchie, la sua feroce esistenza. –"Mentre attendo il tassì il mio sguardo resta sul pesce nel piatto, il vino nel bicchiere, e la mente è incapace di mettere insieme un solo pensiero come se con Layla e la bambina fosse sparita anche la mia ragione, il mio sogno."

Ho interpretato le parole di questa storia come un grido, per tutto il tempo. Per me non è una narrazione come un’altra. È proprio un GRIDARE, nemmeno tanto sommesso, il proprio dolore e frustrazione. Sara vuole la pace, ma la vuole senza risparmiarsi; cacciando la voce fin dal fondo della sua gola spezzata. Le corde vocali gracchiano, i denti si spaccano, la bocca sanguina, ma il suo grido dura. Così tanto, così forte da diventare più duraturo di tutte le guerre del mondo.

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