Pagine

martedì 24 settembre 2024

Recensione: LA DISCARICA di Iva Pezuashvil

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Voland, oggi vi parlo di La discarica di Iva Pezuashvil.

la discarica

di Iva Pezuashvil.
Editore: Voland
Pagine: 152
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 7,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
9 aprile 2017, giornata di commemorazione nazionale a Tbilisi, Georgia. Gheno, eroe nazionale decorato dal presidente, trascorre con indolenza le giornate davanti alla tv a fare scommesse sportive. Mila, la moglie, lavora in un centro estetico e cerca di progettare un futuro senza di lui. E poi ci sono i due figli della coppia: Zema, arruolata nelle forze dell’ordine, che si è fatta le ossa in una società misogina e xenofoba, e Lazare, un adolescente appassionato di hip-hop che guadagna qualche spicciolo facendo consegne a domicilio… Un romanzo che si svolge nell’arco di ventiquattr’ore dove i conflitti familiari si scontrano con i fantasmi del passato, sullo sfondo di una società in trasformazione.

RECENSIONE

La discarica di Iva Pezuashvil è un romanzo che affonda le sue radici nella brutalità della storia post-sovietica, esplorando con lucidità tagliente la disintegrazione dei valori umani e delle strutture sociali in un mondo che sembra non lasciare spazio alla redenzione. Una vera e propria Grimdark Reality dove dominano il cinismo e la brutalità rendendo la società una cupa rappresentazione senza via d'uscita.

Gheno, padre di due figli e marito di Mila, vive a Tbilisi; capo di una famiglia chiaramente disfunzionale che risiede in una zona vicina a un bunker, chiamato, appunto, discarica o in qualunque altro modo poco edificante, che mortifica quotidianamente l’uomo con il suo fetore. Un degrado purulento che infesta l’aria, e che manifesta una propria volontà fisica di far marcire chiunque respiri quell’atmosfera che sa di passato andato a male e di presente senza appigli. Ma non solo, simboleggia il decadimento morale prodotto dal capitalismo selvaggio moderno e dalla corruzione attuale. 

Gheno è un po’ come quella discarica. – “Però la Desna l’avrebbe rallentato e lui avrebbe dovuto respirare più a lungo il lezzo che si levava dalle fauci spalancate della discarica, e se c’era qualcosa che Gheno non tollerava, qualcosa in grado di riportargli alla mente l’inferno che cercava con tutte le forze – con l’alcol, l’indolenza e in mille altri modi – di dimenticare, era proprio il bunker, o meglio il fetore onnipervasivo del suo sozzume (…)” 
È un uomo che dopo aver salvato il Presidente ed essere stato definito un “eroe” è anche un essere umano che ha perso totalmente la voglia di vivere, di sognare, persino di esprimersi. È schiacciato dai ricordi della sua giovinezza e dalla disperazione del presente e rappresenta l'archetipo dell'homo sovieticus che non è riuscito a trovare il suo posto nel nuovo mondo. E ha ragione perchè la realtà post-sovietica risulta una sorta di Currupted Utopia, dove le promesse di libertà e benessere si sono trasformate in un incubo di povertà, disuguaglianza e degrado.

Al contrario di sua moglie Mila. Donna ancora bellissima, che lavora in un salone di bellezza e che soffre per aver perso l’energia vitale del marito, e non sa come recuperare il loro vecchio rapporto fatto di amore e di tanta passione. Si sono conosciuti da ragazzini, hanno passato tanti anni insieme, e poi, all’improvviso, qualcosa si è rotto. La donna vuole suo marito indietro ma non sa cosa fare. E quando Mamuka, un cliente, comincia a corteggiarla, la sua volontà di amare Gheno comunque e fino alla fine, comincia a vacillare. – “Mamuka aveva ottenuto dalla vita tutto ciò che Mila sperava ottenesse suo marito.” Mila si lascia sfiorare dall’idea di poter tradire il marito e comincia a chiedersi se è davvero tradimento. Sarebbe tradimento solo se lo avesse davvero amato. E allora, lo ama o no? 

Una domanda che attraversa l’intero libro e che rende disperata la sua ricerca di un amore che, in fondo, nessuno può darle, nemmeno Mamuka. L’uomo che è un tipo di successo, che potrebbe avere qualunque donna, anche più giovane e più bella di lei, non dà molte certezze. Non si capisce bene se voglia Mila perché si è innamorato di lei o semplicemente per avere l’ennesimo trofeo da esporre nella sua teca di vetro. Gli uomini come lui ti riempiono di regali e di attenzioni, ma dopo aver ricevuto ciò che vogliono, passano appresso, lasciandoti più vuota di prima. Mila a differenza di Gheno e di sua figlia Zema, è il personaggio più illuso di tutti. Quello che ancora sogna, che nutre speranze di miglioramento ed è anche, forse, l’unico esempio di vero amore. – “Mila ama il proprio sacrificio, e ama il suo Gheno, così infelice, così sconfitto. Ama il proprio passato e preferisce il tanfo di Gheno all’asetticità di Mamuka.” 

E ora veniamo al personaggio più ambiguo e contraddittorio: Zema. Poliziotta in mezzo a tanti uomini, ingoia ogni giorno offese e colpi bassi perché ha imparato che per andare avanti in questo mondo, è necessario piegarsi al suo volere. Rispetto a Gheno che ha perso lo slancio e a Mila che sogna a occhi aperti, Zema è molto terrena, perspicace, pronta a tutto per non affogare in una realtà dove chiunque vuole sopraffarti. E lei, essendo una donna, deve lottare doppiamente perché deve dimostrare più di chiunque altro di essere in grado di farcela. Se il padre è paralizzato dalla nostalgia, Zema è invece il prodotto di un’epoca senza scrupoli, dove l’unico valore è quello della sopravvivenza a ogni costo. La sua scalata sociale, costruita sulla manipolazione e sull’opportunismo, la rende una figura tragicamente contemporanea. In un mondo come quello post-sovietico, l’unica via per il successo è l’adattamento camaleontico a un sistema corrotto e marcescente. 

È così netto il contrasto con la madre che per tutta la durata del romanzo ambientato nel giro di ventiquattro ore, le due donne si incrociano poche volte e si scambiano solo qualche parola. Mila è sempre alla ricerca di qualcosa o qualcuno che riempia la sua esistenza vuota mentre Zema è dura e priva di compassione. La sua relazione con un uomo misterioso, – “Zema avrebbe bisogno del suo aiuto per dimostrare la verità, per dimenticare per sempre il passato, tirare un respiro di sollievo, avere un presente normale e progettare un futuro tranquillo”, che ha la stessa età del padre, le conferisce un’aria da lottatrice sociale e morale, con un cipiglio tutto suo, che porta dentro di sé le ferite d’amore per Nugo, fidanzato adolescenziale, al quale non ha mai perdonato l’incapacità di renderla pubblicamente sua. Nugo, un ragazzo violento e temuto nel quartiere, è un esempio chiaro di come Zema affronti le sue relazioni sentimentali attraverso una lente di potere e controllo. 

La donna è consapevole del fascino che Nugo esercita sugli altri e del potere che lui detiene attraverso la violenza e l’intimidazione. Tuttavia, è altrettanto consapevole della sua capacità di esercitare un controllo su di lui, sfruttando la sua attrazione per ottenere una posizione di potere. Questo rapporto è costruito sulla manipolazione reciproca, un gioco di forza in cui entrambi cercano di dominare l’altro. Da ragazzina ha usato le sue doti fisiche per convincerlo a stare con lei eppure l’uomo, con problemi irrisolti nel rapporto con la madre, non è mai riuscito a esprimere il suo amore e la sua devozione e la loro relazione è finita prima ancora di cominciare.“(…) e se in una società con il culto della verginità l’unico modo per affermarsi era quello di perderla, Zema non si sarebbe tirata indietro neanche davanti a questo. Solo che non le andava di farlo nei bagni della scuola, avrebbe preferito un posto tranquillo e riparato, un ambiente romantico, in cambio chiedeva unicamente lo status, voleva che i compagni sapessero che era ‘la ragazza di Nugo’, tutti dovevano essere a conoscenza che proprio lei la barilotta armena, come la chiamavano in classe, si era accaparrata Nugo, il ragazzo più ambito della scuola, della via, dell’intero quartiere. Lui insisteva però a non rendere ufficiale il rapporto. Se ne prendeva cura, la proteggeva, non la faceva avvicinare da nessuno, ma evitava di ammettere in pubblico e ad alta voce di esserne innamorato.” 

Ma l’amore non ha spazio nella vita di Zema. Lei non vede gli uomini in termini di affetto, ma solo come un mezzo di sopravvivenza e affermazione in un mondo ostile. Sia con Nugo che con l’uomo misterioso, Zema usa il sesso come merce di scambio, un modo per ottenere ciò che desidera in un mondo dove tutto è ridotto a una transazione. Il suo cinismo, il suo rifiuto di mostrare vulnerabilità, la rendono incapace di provare o ricevere amore. 

Lazare, il figlio minore, fa il rider e scrive canzoni; rappresenta una generazione che si trova ancora più smarrita di quella dei suoi genitori. Cresciuto in un mondo senza punti di riferimento, è intrappolato tra il desiderio di trovare un significato e l'incapacità di farlo. La sua adesione a una forma di spiritualità confusa, che mescola elementi del cristianesimo ortodosso con la cultura hip-hop e la filosofia orientale, è un tentativo disperato di trovare un'identità in un mondo che sembra non offrirgliene alcuna. È il personaggio più tragico, poiché rappresenta una generazione che non ha nemmeno il conforto della nostalgia. L'incidente durante l'infanzia, in cui ha rischiato di annegare nella vasca da bagno ed è stato “resuscitato” e ribattezzato come Lazare (Lazzaro), è un episodio che simbolicamente lo lega alla figura biblica del risorto, ma che allo stesso tempo lo condanna a una vita di confusione e di ricerca infruttuosa. 

Il legame con la storia familiare e con la tragedia della sua generazione è evidente nel modo in cui tenta di distaccarsi dalla lingua e dalla cultura dei suoi genitori. Il rifiuto del russo, lingua dell’oppressore sovietico, è un atto di ribellione, ma anche un segno della sua incapacità di riconciliarsi con il passato. Questo conflitto linguistico riflette una frattura più profonda, una distanza incolmabile tra lui e la generazione dei suoi genitori, che lo lascia in una sorta di limbo culturale, incapace di appartenere pienamente a un mondo o all’altro. La sua lotta è quella di un’anima che cerca di emergere dalla discarica dell'esistenza, ma che continua a essere risucchiata dalle macerie della storia e della società. – “(…) e allora Gheno avverte che a mandare fetore non sono soltanto il suo passato e il suo presente, ma anche il suo futuro, e anche i suoi figli cresciuti in quell’odore.” 

La discarica è un romanzo scritto in modo crudo, dettagliato, poco dialogato, principalmente un racconto su come una famiglia che metaforicamente rappresenta proprio quella 'discarica', non faccia nulla di concreto per uscirne. Non ci sono promesse di salvezza, né speranze, sembra quasi che i protagonisti vogliano in qualche modo restare dove sono, come sono, e gli piaccia lamentarsi di tutto senza cambiare nulla. È un Psicological Drama che non nasconde di esplorare la psiche dei protagonisti affondando il coltello nella piaga dei loro pensieri più contorti, drammatici, spesso persino ossessivi, fagocitati dalla paura e dai desideri irrisolti.

Non è una storia edificante. Se cercate narrazioni che vi illudano, che vi migliorino, lasciate perdere. Ciò che troverete qui, invece, non sono false promesse: bensì semplici verità. Riuscite a sopportare la vita vera e cruda senza sconti e senza scappare? Se sì, allora potrete leggerlo con la certezza che vi aiuterà a riflettere un po’ di più su quello che vi circonda, e senza fingere che le cose vadano bene, capirete che al peggio non c’è mai fine, ma senza scandalizzarvi, se siete intelligenti, sapete anche che il peggio è anch’esso una condizione umana. 
E questo libro non parla d’altro: di esseri umani. Degradati, discaricati, danneggiati. Ma comunque umani.

Nessun commento:

Posta un commento