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martedì 14 luglio 2015

I ricordi non si lavano di Aurora Frola Recensione

Buon martedì cari lettori! Ringrazio la casa editrice Edizioni della Sera per la fiducia e oggi vi propongo una lettura molto profonda e coinvolgente, di un tema delicato ma anche molto violento sia per la consistenza che per la scrittura dell’autrice priva di giri di parole e morbidezza. I ricordi non si lavano di Aurora Frola è il romanzo di cui leggerete nelle prossime righe.

Scrivetemi cosa ne pensate, sarò felice di rispondervi!



Titolo: I ricordi non si lavano
Autore: Aurora Frola
Editore: Edizioni della Sera
Pagine: 204
Genere: Romanzo
Prezzo: € 14,00
Ebook: -
Uscita: Dicembre 2012


 Trama


Un segreto sepolto, che vuole riemergere. Una ragazza rotta, con un mostro dentro. La voglia di vivere, che si agita dentro. Nascosta. Angelica ha venticinque anni quando tenta il suicidio. Fallisce. Perché in fondo lei non vuole morire. È una clinica psichiatrica a raccogliere i suoi pezzi. Un lungo viaggio all’interno di se stessa e dei suoi tormenti. Disturbi di personalità, autolesionismo e dipendenze. Angelica lotterà contro tutto questo per l’ultima volta, svelando il suo passato, attraverso flashback scabrosi e privi di filtro. Una battaglia contro i ricordi, un’analisi attenta sulle lacerazioni di una famiglia disfunzionale, che non l’ha cresciuta, ma distrutta. Sua madre, un’algida manipolatrice, schiava delle apparenze, cerca da sempre di trasformarla in una bambola soprammobile, mentre un orco travestito da zio, si insinua nella sua vita, spacciandosi per un uomo gentile e premuroso. “I ricordi non si lavano” è la storia di un’infanzia che non nutre, ma uccide. È la testimonianza di tutte le ferite invisibili dell’anima, quelle mai guarite, quelle che ad un tratto si riaprono. Emozioni, colate sulle pagine. Parole, come proiettili, dritte allo stomaco di chi legge. Perché la rabbia non si uccide. Non si può. Il risultato è qualcosa di amaro e sconvolgente, come soltanto la vita sa essere.

Aurora Frola nasce a Ivrea nel 1982. Si laurea nel 2005 presso la Facoltà di Economia dell'Università degli studi di Torino. Lavora nel settore informatico, ma coltiva da sempre un grande animo di artista che la vede sviluppare un acceso interesse verso la scrittura sin da bambina. Dedica molto tempo all'arte e alla creatività, approcciandosi anche alla pittura ed inseguendo un unico scopo: trasmettere emozioni.



“Mi sono sempre sentita incompresa, vuota. Un abbraccio spezzato, una lacrima asciutta, un qualcosa che esiste ma che non dovrebbe esistere in quel modo.”

I ricordi non si lavano è un romanzo che racconta di un’esperienza al limite del sopportabile, di un mondo fatto di manicomi e di pazzia, di prostituzione, di droga e di dolore. E’ una storia che narra di un mostro che lentamente si allarga fino a riempire ogni angolo, ogni spiraglio, ogni spazio vitale del tuo corpo e della tua mente. Quel mostro che non vedi in faccia realmente, ma che ti scoppia dentro, ti scioglie il sangue per trasformarlo in veleno, ti acceca gli occhi fino a quando, soddisfatto del suo misero operato, ti vedrà barcollare per i sentieri di un’esistenza che se ne sta cadendo a pezzi. Una danza macabra, sottile e pesante come la pioggia sporca che bagna e insudicia, un balletto notturno e buio, oscuro come la notte dei demoni, delle streghe e delle creature che divorano tutti i sogni. Un passo dopo l’altro e l’unico malefico desiderio di quel mostro è condurti alla morte.

Ma esistono tanti tipi di morte. Esiste quella fisica ma spesso non è quella più terribile. C’è la morte dell’anima, quella che ti tiene ancora in piedi, che ti fa camminare in mezzo agli altri, ma non illuderti: non sei vivo. Non sei neanche uno zombie, perché non sei morto. Sei folle. Semplicemente quello. La follia è un luogo bianco e cristallizzato, nel quale c’è una corrente elettrica onnipresente che ti impedisce di creare rapporti logici con le cose e con le persone e tutto irrimediabilmente perde senso.

“Diventerò una fotografia posata sul comodino che chiederà di essere guardata, salvata.”

Aurora Frola ci racconta del suo personaggio che chiama Angelica come di un’esule, di una madonna del dolore e del rimorso. Una creatura che ha vissuto l’abbandono, la dimenticanza, la violenza, lo stupro, la dannazione e non sa come uscirne viva. L’unica risposta a tutto quel dolore è la rabbia. Rabbia per essere nata, perché ancora continua ad esistere; rabbia per non essere come la madre vorrebbe; rabbia per non saper amare; rabbia perché si sente una bambola rotta, un fantoccio impazzito, un verme nella cui carne putrida è marcita la solitudine e l’angoscia. Un essere infetto e maledetto, destinato a distruggersi in una gabbia per menti malate. 

Tutto inizia con le crisi di panico, l’ansia crescente, la voglia di scappare, la consapevolezza perenne di essere sbagliata e di sentirsi eternamente in colpa. E allora giù con le accuse della madre che la condanna, il legame con il fidanzato che la picchia, il padre che si muove come una marionetta senza voce né anima, e la realtà inizia terribilmente a sgretolarsi davanti agli occhi vacui e perduti di Angelica.

“Ricordo tutti i corpi che mi hanno sporcato. Non si lavano i ricordi. Non si lavano. Vorrei. Ma non si lavano.”

Angelica il cui nome richiama l’angelo che forse non è mai stata ma chi può saperlo se qualcuno le ha strappato l’ingenuità e l’infanzia? Una storia di forze contrastanti la fanno crescere in un clima di depressione e sottomissione, di disperazione e ansia. Lei che non si è mai sentita perfetta, per nessuno, neanche per qualcuno che potesse, anche con un solo sguardo, salvarla. Lei che si è mascherata, ha travestito i sogni di una vita, li ha truccati da sgualdrina e ha strappato l’innocenza, porgendola come sacrificio all’altare della droga.
Un vortice di emozioni pure e strazianti sono le sue parole che si rincorrono frettolose tra le pagine. Flash interrotti, impazziti di ricordi, di memorie e di presente che inghiottono la verità, la maciullano in un pozzo di terrore e la vomitano fuori senza redenzione.
Angelica sta male, Angelica vuole morire, le medicine non bastano a calmarla, l’immensa droga non basta a dissetarla. Angelica si corrode di sangue la pelle, perché solo così riesce a toccare di nuovo se stessa. Sull’orlo del precipizio dal quale qualche imperscrutabile forza l’ha fatta tornare, è ora di entrare in quella gabbia di menti malate per guardare in faccia il mostro scalpitare.

La depressione, la droga, i disturbi psicologici di cui si macchia la rendono una marionetta nella mani di quel dio che è fatto di cotone e la fa sentire tra le nuvole. Un dio molto personale, un dio che spegne ogni contatto con il mondo e la fa rintanare come un animale feroce all’interno di una caverna dove l’aria che respira è rarefatta, è falsa ma lei non se ne accorge. Lei che è troppo presa a vagare senza meta, a nascondersi con le mani sporche di colori nelle pieghe del suo corpo distrutto che vende a chiunque, che lascia comprare solo per sentirsi, almeno una volta, speciale.
Il confine tra la normalità e la follia, pensa Angelica, non è altro che una porta e lei la apre, ritrovandosi faccia a faccia con un mondo decadente ed irrisorio, dove è la paura a comandare grazie alla quale, giorno dopo giorno, ti accorgi di perdere possesso anche di te stesso. Perché più niente è tuo. Quando sei un malato di mente, tu appartieni a quel luogo nefasto, pieno di sbarre e di lacrime, di urla, di marcio, di non detto e spezzato. Le anime si trascinano in mezzo a corridoi che diventano strade che conducono sempre allo stesso posto: il tuo corpo. Non ne esci, non esci dalla gabbia fatta di carne e malattia che ti circonda, perché è un abito perfetto che ti sei cucita addosso. L’unico con il quale il dolore e la rabbia sembrano avere un senso. Angelica non parla, non urla, ascolta e guarda. Angelica vede tutte come bambole rotte e impiegherà il suo tempo per sentirsi parte di quella dimensione sfalsata, in continua combutta con la logica nella quale la malinconia è un’ombra che non si cancella, permeando i giorni che non sembrano avere una meta.

La memoria non molla e lei deve lottare contro la dipendenza delle droghe e contro il mostro che la corrode da dentro e che si fa in mille pezzi, assume infiniti volti, la voce dei suoi simili e ancora degli incubi. Angelica vuole sopravvivere, non vuole perdere del tutto la sua lucidità. Ha guardato dritto negli occhi la vera follia, quella delle compagne che hanno davvero perso se stesse e si sono lasciate inghiottire dalla sofferenza e dalla sconfitta.

Aurora Frola ci racconta la vita di Angelica che inevitabilmente mi ha ricordato pagine lette dal diario di Alda Merini (L’altra verità), dove la poetessa innocente raccontava della sua esperienza in manicomio al limite di una narrazione tra la poesia a la ragione. Un involucro, quello di Angelica, fatto di sussurri e maldicenze, di incubi e disdette molto simile a quello della Merini. Ma in questo romanzo non c’è spazio per la poesia, per le metafore o per quella capacità di sentire che dovrebbe addolcire la presa di coscienza di qualcosa di terrificante. Le emozioni che emergono sono fredde, animate nella loro forma ghiacciata ed inusuale. Anche le sensazioni hanno un colore, un odore ed un sapore. Queste hanno il colore della notte e della neve, l’odore dell’aria sospesa e gelida che ti entra nelle narici e te la senti nella testa, il sapore amaro della vergogna, dell’indecenza. Ci sono pezzi scritti in cui è eclatante la sfacciataggine, la consapevolezza della protagonista di godere di ciò che ha fatto e di desiderarlo. Le parole sono misurate nella loro dismisura, nel riuscire a trattenere troppe emozioni tutte insieme che feriscono come ferisce il vento gelato, tagliandoti il respiro.

"Il mio ospite oscuro è una bambina arrabbiata, il mio mostro sono io a otto anni che cerco vendetta. La rabbia inespressa è un’arma potentissima”

La scrittura di Aurora Frola è a blocchi. Le frasi sono brevi, i punti frequenti e le parole non si piegano alla morbidezza di un racconto che non scivola lentamente ma ti controlla con la sua determinazione, staticità, imposizione fatta di scatti e salti e con un rigore che rende la lettura come un urlo disumano e rabbioso contenuto ed incanalato per striderti il cervello. Non hai modo di distrarti, perché le frasi sono solo quelle necessarie, sono lì per bloccarti, con una velocità e una lucidità spaventose. Alcuni passi letti sono come tante testate nel muro, azioni senza controllo eppure in una ripetizione malata e folle per intimidire la ragione.

Il buio di Angelica è mancanza di amore materno, di presenza genitoriale, assenza di accettazione, violenza familiare, rigide e sinistre costrizioni che alimentano a dismisura il suo mostro fino a renderla un animale impazzito. Si sente una burattinaia perché nella sua vita nessuno le ha insegnato ad amare ma solo a giocare con le persone. Ha provato a sopravvivere, a darsi un ruolo, una maschera ma alla fine anche l’ultima si è sbriciolata. Cos'è l'amore? Il suo compagno che vede come un bambino travestito da adulto, un pagliaccio buono a farla ridere mentre lei diventa la sua bambola gonfiabile. Ma Angelica si rompe, il suo viso di ceramica s’inceppa e le righe della bruttezza, quelle del mostro che non vuole saperne di dormire, sfigurano la pupa che pur di valere ancora qualcosa, s’incolla il viso ma le righe sulla faccia non vanno via neanche a morirne.

“Quando ci rompiamo, noi bambole, non ci vuole più nessuno.”

E’ il delirio di un’esistenza che si aggrappa all’amicizia vera, alla solidarietà nata dentro quelle sbarre di indifferenza. Un’indifferenza del mondo verso quella follia che qualunque sia il suo gesto o la sua voce, ha sempre una ragione.
Angelica, il cui nome è sublime, puro come le promesse di una vita piena di meravigliose certezze, si sfregia con il male, si accascia a terra come una diva dimenticata, lei che cercava di essere tanto sicura ed apprezzata. Il sesso come scambio, come mezzo, come soddisfazione, come l’ennesima illusione. Angelica che si sporca della malattia in quel luogo dove cercano di non farti vedere ciò che ti circonda per non farti capire fin dove arriva la loro indifferenza, sono automi abituati a curarti sedandoti, eppure lei riesce a trovare una via, un sentiero in mezzo a quel bosco di neve e noncuranza, dal quale rinascere e sognare di nuovo una vita normale.

Il romanzo di Aurora Frola è realtà, non è una storia qualunque, fatta di qualunquismo e belle parole. E’ il racconto a voce piena, discordante, rimbombante, piena di echi di morte e rivendicazione, di una sofferenza implacabile e di una rinascita che barcolla con tutte le sue ineccepibili speranze. Per questo io l’ho sentita vera nella sua fragilità e conflittualità, senza promesse né idilli, forse una guarigione che non significa cancellazione ma cura dei propri demoni perché l’errore più grande è scappare.

“E allora capii che cosa aveva significato quel gesto di violenza. Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.” L’altra verità. Diario di una diversa di Alda Merini.


32 commenti:

  1. Sembra una lettura difficile ma coinvolgente..

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    1. Hai usato due termini perfetti per questo romanzo... difficile e coinvolgente.

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  2. Molto coinvolgente e ricco di particolari...proprio il libro che ti tiene incollato a leggere tutto d'un fiato!!

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  3. Proprio il genere di libro che piace a me, che coinvolge, che ci trasmette la sofferenza della protagonista. Ho amato questo libro, che non conoscevo, solo leggendone la trama. Sono certa che sia un libro da avere nella propria biblioteca personale.

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    1. Sono felice Sabina che ti abbia colpito. Quello che hai detto è vero, certe storie andrebbero lette sempre e comunque per il loro valore e la loro realtà.

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  4. grazie di avermi aggiunta! imparerò molto da te

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  5. questo libro mi ha veramente incuriosito! vado a vedere se c'è per ebook :S

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  6. devo iniziare a leggere un pò, questo libro non è niente male

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  7. molto interessante questo libro, avvincente! lo leggerò sicuramente!

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  8. Una lettura "pesante", importante e coinvolgente... Sarei curiosa di saperne di più

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  9. mi piace il tuo blog, ci dai sempre ottimi spunti di lettura
    Alessandra

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  10. Questo libro m'ispira davvero moltissimo *^*
    Sai, credo che tu stia facendo proprio un bel lavoro con il tuo blog. Queste sono le prime volte che davvero riesco a desiderare di leggere dei libri di autori italiani. Tu riesci a trovare quei libri un po' più nascosti, ma decisamente migliori di quelli che "l'industria del libro italiano" ci propone.
    Brava davvero ^^

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    1. Sai che sono sempre felice di incuriosirti riguardo i libri italiani. Questo è molto particolare, è crudo e violento per certi versi ma sicuramente vero. Ci sono case editrici come questa, Edizioni della Sera, che dimostrano, attraverso i libri che pubblicano, di credere fortemente nei loro autori. E lo si evince dal libro stesso, da com'è fatto, dalla cura e dalla premura. Sì, un libro vale indipendentemente da chi lo pubblica, ma a volte ci vuole anche un pizzico di fortuna nell'incrociare lo sguardo di chi davvero crede in te e non ti lascia.
      Grazie, Anto! Un abbraccio.

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  11. Perfetto libro da free time :) da leggere sotto l'ombrellone!!

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  12. Sicuramente intenso e coinvolgente.
    Grazie ed un abbraccio Maria

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  13. le tue recensioni sono sempre attente e dettagliate. La trama sembra molto forte e la storia non facile e per coinvolgere il lettore in questo tipo di storie ci vuole bravura. Da quello che scrivi sembra che l'autrice ne abbia ed è un bene

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    1. E' così Susy, l'autrice riesce a coinvolgere per uno stile molto particolare, estremo per certi versi. Ho cercato di spiegare al meglio le mie sensazioni e spero di esserci riuscita. Esse derivano oltre che da ciò che racconta ma soprattutto dal modo.

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  14. Dalla tua recensione mi sembra un libro coinvolgente ed intrigante .... quando scendo a Genova vedo di trovarlo in qualche libreria

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    1. E' coinvolgente senza dubbio! Spero tu riesca a leggerlo :)

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  15. proponi sempre libri splendidi...mi piace

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  16. ogni volta che leggo i tuoi articoli , mi innamoro del libro che ci fai conoscere!

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    1. Grazie Stefy, è bellissimo quello che hai detto e conta tantissimo per me! <3

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