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venerdì 16 gennaio 2015

Intervista ad Adrien Brandi autore di Winston Berwick e il segreto del Mastro D'Armi

Buongiorno lettori, oggi vi presento un’intervista molto interessante realizzata all’autore esordiente Adrien Brandi, che ha pubblicato il romanzo fantasy Winston Berwick e il segreto del Mastro d’Armi che ho recensito la settimana scorsa. 

Per chi si fosse perso la recensione può leggerla qui.

Vi lascio in compagnia del nostro autore di oggi e se qualcosa vi colpisce non dimenticate di lasciare un commento con la vostra impressione!





Ciao Adrien, grazie per aver accettato questa intervista.
1 - La prima domanda riguarda la scrittura. Com’è nato l’amore per essa e quando hai davvero iniziato a scrivere?

Da piccolo creavo trame complicate per i miei giochi, costruivo i miei personaggi con il polistirolo e li dipingevo con gli acrilici. Ora li costruisco con le parole.
I primi raccontini li creai tra i nove e i dieci anni, poi a venti cominciai a scrivere racconti più lunghi, sulle trenta-sessanta pagine. Finalmente cominciai a sviluppare una tecnica mia, che mi è utile ancora.


2 - L’idea del tuo romanzo da dove nasce e che cosa devono aspettarsi i lettori?

Tutto è cominciato con Arcady, il vecchio gobbo e imprevedibile, protagonista insieme a Winston del mio romanzo. Vidi un film avventuroso: Il cavaliere di Lagardère. C’era un attore francese, Daniel Auteuil, che zompettava sui tetti tirando di scherma, travestito da gobbo. Era meraviglioso. Quel personaggio mi entrò subito nel cuore.Le storie che mi toccano di più sono quelle in cui il protagonista cresce in forza e sapienza, sotto la guida di un terribile saggio. Il “mentore” o il “maestro” sono archetipi universali che attraversano tutta la narrativa mondiale e il cinema. Il protagonista doveva essere un maestro scorbutico ma simpatico, con cui l’allievo entrava in un rapporto di amore-contrasto, generando anche situazioni brillanti. Così è nato il rapporto fra Arcady e Winston. Altro elemento essenziale è la “vendetta”. Le storie in cui c’è una vendetta sono meravigliose. Sia chiaro, nella vita reale la vendetta è una cosa terribile, ti rovina dentro, ma nella letteratura genera opere straordinarie. Fornisce ad un personaggio il motore psicologico più solido, che insieme all’amore, permette le imprese maggiori. In ultimo, serviva un personaggio ottuso da combattere, Dantòn, con una mentalità rigida, arrogante, che stimolasse l’azione. Così Winston e Arcady non si fanno certo pregare, contenti di sfidare un personaggio così autoritario. Mi piacciono i castelli, il mistero, gli zombie e le storie fantasy piene d’avventura. Quindi per me è stato naturale mettere insieme tutte queste cose in un’unica opera. Cosa devono aspettarsi i lettori? Altre storie piene di divertimento, perché la saga del Clan Berwick è appena agli inizi.

3 - Quanto c’è di autobiografico nella storia?

Di Winston coltivo l’amore enorme per i libri. Arcady, come me, pone l’uomo al centro delle cose. Mentre Caine e Dantòn scovano i varchi Riegher con la tecnologia e i satelliti, Arcady predilige il fattore umano, che vince contro la macchina.
«A me piacciono le cose antiche e i vecchi metodi»,disse convinto Winston.
«Allora siamo gli ultimi a pensarla così, caro ragazzo».
È un tema che sento attuale e mi è piaciuto inserirlo nel libro.

4 – Quanto curi i personaggi di contorno?

Cerco di curarli al massimo. Un personaggio deve esistere in una storia solo se riesce a dare un contributo vero alla trama o a rivelare qualche aspetto dei protagonisti. Perciò mi domando sempre: qual è la sua funzione nel contesto? Serve veramente ai protagonisti? Risolve qualche problema? Fa progredire l’azione?

5 - Da dove nasce l’idea del Mastro d’Armi e dei Varchi Riegher?

Mi piace l’idea che la mente umana possa realizzare cose incredibili, che nasconda segreti che la scienza moderna non sappia ancora spiegare.
I Varchi Riegher sono degli “Stargate” da cui spuntano zombie. Mi piaceva l’idea di un reparto speciale, i “Lancieri di Berwick”, sempre pronto ad intervenire per bloccare l’infezione, un po’ come i “Men in Black” con le minacce aliene.

6 - Poiché tu stesso hai affermato trattasi di una saga, attualmente hai già in mente la storia degli altri due volumi o è ancora tutto da stabilire?

Ho già in mente il secondo e il terzo volume. Vorrei creare un prima trilogia di avventure del Clan. In realtà mi piacerebbe creare una saga lunga, perché il Clan ha tanto da dire e i personaggi, secondo me, si prestano a parecchie avventure.

 7 - Cosa significa per te questo romanzo?

Significa l’occasione di metter su carta tante idee che mi affascinavano, dando sfogo a ciò che ho dentro. La mente è come una pianta che deve dare i suoi frutti, con naturalezza. Tutte le storie che mi porto dentro sono i miei frutti. Penso che sia il momento giusto per comunicare queste storie grazie al self-publishing.

8 - Perché la scelta di usare uno pseudonimo per pubblicare?

Sono un Berwick! Se Arcady sapesse che racconto le cose di famiglia si arrabbierebbe…
Simenon si firmava all’inizio “George Sim”, Stephen King si firmava anche come “Richard Bachman”, la Rowling ultimamente ha scelto un nome maschile “Robert Galbraith”.
In realtà molti scrittori utilizzano uno pseudonimo, che è simbolo di libertà, fantasia e anche scaramanzia.

9 - Quali sono i libri che ti hanno cambiato l’esistenza?

Consiglio ogni opera di Michael Crichton. Simenon per lo stile narrativo. Ma l’elenco sarebbe veramente lungo.

10 - Quali sono i tuoi autori preferiti e quelli che consideri fonte d’ispirazione per la tua opera?

La lista sarebbe interminabile e poco interessante.
È più interessante il fatto che per tutta la stesura di Winston Berwick non pensavo ad opere letterarie conosciute, ma ad un telefilm che si chiama NCIS (Unità anticrimine), con l’agente Gibbs al comando. È una serie meravigliosa, piena di ritmo, che sa alternare azione, commedia, dramma e investigazione in un modo incredibile. Perciò ogni volta che dovevo affrontare un capitolo mi domandavo: come lo scriverebbe uno sceneggiatore di NCIS? Come posso ritrovare il senso del ritmo di questo telefilm?
Ancora piango la fuga di Ziva David che ha lasciato il cast.
Zivaaa… dove sei?

11 - C’è un libro che avresti voluto scrivere tu?

“Dune” di Frank Herbert... o la sceneggiatura di NCIS!

12 - Oggi c’è una diatriba aperta riguardo il mercato editoriale. Uno scontro tra piccole e grandi case editrici e il self-publishing. Cosa ne pensi? Quali sono i pro e i contro di uno e dell’altro?

Per il momento in Italia lo scontro vero e proprio non esiste ancora. L’editoria classica mantiene il primato sul mercato. Ma negli USA non è così. Ci sono self-publisher che hanno venduto milioni di copie in digitale. I grossi editori italiani stanno guardando con interesse l’evoluzione del problema. Sempre più autori si proietteranno sul self-publishing.
Secondo me lo scontro maggiore si avrà tra piccola editoria e il self-publishing.
È bene chiarire cosa sia un self-publisher: è un piccolo editore a tutti gli effetti. Come il piccolo editore deve imparare a fare un corretto editing, con il confronto di amici appassionati di scrittura, deve imparare a correggere bene il proprio testo, deve imparare ad utilizzare un programma di video scrittura in modo più che dignitoso, al fine di realizzare l’e-book e il pdf di stampa, deve saper scegliere un titolo accattivante, deve avere gusto per realizzare o scegliere una copertina valida, deve scegliere la piattaforma digitale migliore dove distribuire i propri libri, deve imparare a gestire la campagna pubblicitaria e tutto ciò che è marketing (dalla creazione del sito internet, blog e social network). Insomma, deve studiare parecchio e acquisire un sacco di competenze, per realizzare tutte queste cose da solo, o deve diventare un manager che sappia coordinare un team professionale.
Perciò, se uno scrittore non si sente in grado di fare tutto ciò allora sarà costretto a rivolgersi agli editori, e accettare qualunque proposta editoriale, anche dalla più piccola casa editrice, demandando tutti questi compiti, nella speranza che l’editore lo sappia fare in modo dignitoso.
Se invece lo scrittore, come nel mio caso, si sente in grado di correre da solo allora potrà decidere di affidarsi al self-publishing.
È prima di tutto una scelta caratteriale e poi di convenienza.

13 - Meglio cartaceo o e-book? L’editoria sta cambiando ma secondo te cosa offre oggi di diverso rispetto al passato quando un autore emergente faticava davvero a farsi conoscere?

Penso che il libro cartaceo non sparirà, ma rimarrà soprattutto per i best-seller. Nel futuro penso che nelle poche librerie che rimarranno aperte, troveremo essenzialmente i best-seller con copertina rigida ed edizioni di lusso, mentre tutto il resto verrà assorbito dall’editoria elettronica, a basso prezzo. Ormai la distribuzione su carta è troppo onerosa, e le grandi case editrici si stanno digitalizzando. Ma nell’equazione c’è Amazon, che sta giocando in anticipo con una forza invidiabile… il futuro è veramente nebuloso.
Anche oggi lo scrittore emergente fa fatica a farsi conoscere, perché la concorrenza su internet è enorme, ma il web gli permette di acquistare un biglietto della lotteria in più. Non è più dipendente solo dalle case editrici e può costruire nel tempo un proprio pubblico.
Quante volte abbiamo cercato inutilmente vecchi libri senza successo, solo perché si erano esaurite le scorte? Invece la meraviglia dell’e-book e del print on demand secondo me è questa: testi sempre reperibili, che non dipendono dalle copie presenti in deposito, visto che l’opera è on line ventiquattr’ore su ventiquattro. Le copie cartacee sono stampate solo ed esclusivamente nel numero richiesto, senza rese di stampe e senza inquinamento inutile.
Con Amazon tu compri e loro stampano il libro e te lo portano fino a casa.
Oppure scarichi subito il testo e te lo leggi sullo smartphone. È fantastico!

14 - Scrivere è…

Scrivere è… la capacità di saper creare emozioni.
Le emozioni alimentano la lettura e si radicano dentro, formando i ricordi più belli.
Spero, che la saga di Winston Berwick, possa regalare al pubblico tante belle emozioni.


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