Autore: Davide Rizzo
Titolo: LoveTraffic
Genere: Poesia
Editore: Ibiskos
Pubblicazione: 2011
Pagine: 104
Prezzo: 12,00
^^Recensione^^
Welcome
to the Davide Rizzo’s World.
Questo e tanto altro è LoveTraffic ,
estremo poetare, punta di diamante di versi concatenati, incastrati in
mirabolanti congiunzioni per dare vita ad un intenso affresco fatto di immagini
e poesia, dove ti sembra di ascoltare musica e di vedere stralci di film mentre
stai raccogliendo da terra pezzi sparsi di freddi immaginari, dei quali i
colori sono strascichi furenti di emozioni, insidiosi, carichi di energia e
spessore, pronti alla riflessione sulla vita e sull’amore. Cardini
indissolubili di questo strano poetare sono i grandi temi esistenziali, le
visioni, i sogni infranti e le paure ma soprattutto la consapevolezza del
proprio io, accarezzato nel profondo, a dispetto di ciò che lo stesso poeta afferma
di se stesso: “ Ho un’opinione di tutto tranne che su me stesso.”
Il
poeta finge perché la poesia è fonte di verità plausibile racchiusa in un
involucro fatto di bugie e lacrime. E allora il poeta fingerà la forma che
schiude la propria malinconia, per servirla su un piatto d’argento nel modo più
fruibile che conosce. Perché i versi si devono sentire e Rizzo sa comandare i
meccanismi del cuore e della mente per raggiungere le corde sensibili di chi
legge.
Su
tutto troneggia incontrastato l’amore, un dissidio profanato, che si vorrebbe
ricordare ma che forse va solo dimenticato. Un amore bloccato nel traffico, che
rimane ingorgato tra pensieri, mani e sensazioni che non sanno più liberarlo.
Un amore mercificato e mercificabile che vorrebbe salire le vette del Paradiso,
conquistando una sacralità che lo porterebbe lontano, ma resta inchiodato alla
misera terra, ad infangarsi tra le strade sporche di pioggia, a sgualcirsi come
una qualsiasi carta, strappata dal vento e troppo leggera per non essere
spostata.
Un amore visionario perché il poeta vede laddove l’umanità è cieca,
sente il freddo della notte che giunge e racconta di sussurri segreti che aprono varchi ai misteri più
grandi. Rizzo reinterpreta la musica della vita, donandogli un ritmo tutto suo,
laico, anticonformista, dissacrante ma terribilmente musicale.
E’ seduto da
qualche parte a battere il tempo con il piede mentre noi leggiamo ritmando le
sue esperienze, le sue sensazioni, i suoi valori trascesi in poesia e visioni.
Terra e cielo per scavare nella profondità dell’animo, cogliere il frutto e
donarlo a noi che usufruiamo della poesia per riconoscere e per maturare ciò
che siamo, praticando strade già battute ma costantemente rinnovate.
Il caos del mondo è quello in cui il poeta ci
getta d’impulso e noi arranchiamo tra regole e disdette, tra mura che cadono e
silenzi che gridano per ritrovarci incastrati in un terrificante disincanto tra
romanticismo e maledizione, tra intimismo e distacco.
Il poeta è coraggioso e
temerario, scopre le nuvole, attento sempre al sole, e scava con le mani
cariche di ricordi e dolori gli abissi più interiori.
Parole schiette e
sincere, alcoliche e altamente rischiose come i colpi di una pistola che bucano
le pareti sensoriali e ci restano attaccati fino alla fine, fino a quando le
sensazioni non sono diventate percezioni sane ed infine, consapevolezze chiare.
Versi provocanti e ubriachi che stagliano immagini di luci e di ombre, selvagge
e impenitenti, dolorose e rinfrescanti, incisive come la paura e come le mani
nodose e ruvide di chi “ ha toccato troppe volte le stesse cose.”
Le
parole s’incastrano nei versi con sintonia e cadenza fatta di musica che non
intimidisce ma spinge a scoprire cosa l’anima poetica nasconde, rendendo quei
momenti come pezzi frantumati dall’estrema voglia di esserci. Qui ed ora.
Stralci
di mondo, di vita vissuta, fatta a pezzi per essere meglio compresa, evasione
di note fatte di ira e di terra, di malinconia e di alba. Un canto che è una
eco di rumori, di luci e di guerra: è questo l’amore che “dirige bellissima
orchestra.”
Alcune
poesie sono struggenti, emozionanti, romantiche
ed oscure come i sentimenti che usano la carnalità per venire fuori, per
incidere, per ferire e farsi finalmente sentire. Perché la poesia usa le parole
per rendere eterno un istante e per rendere tangibile un mondo fatto di anima e
di mistero. Il cuore, artista di strada, giocoliere di momenti in cui i sogni
diventano le carte vincenti, con cui fregare la vita, batte nel petto del poeta
e sanguina nel corpo di chi lo ha rubato.
“Ci
sono luoghi dell’anima che non hanno finestre
Soltanto
porte sbarrate.
Da
lì il mio cuore rimbalza da muro a muro e ha un suono grave
E
forte che riecheggia il tuo nome.
Nessuno
sentirà le mie urla e verrà a salvarmi,
tutti
dimenticano un piccolo principe
chiuso
in una torre d’avorio
che
muore dissanguato per te.”
Il
cuore che pulsa, protagonista di molti componimenti, nel suo lento incedere,
duro a morire, si rifiuta inesorabilmente di dimenticare. Nostalgia e
malinconia piombano pesanti su quella torre d’avorio dove il principe
innamorato si conta le ferite del suo amore dissanguato. E le parole incidono
le nostre porte di legno e non importa quanto siano sbarrate quelle che vede il
poeta, anche i nostri sensi rimbalzano da una parete all’altra senza tregua.
Tra
fumo, sigarette, birra e canzonette, bisognerebbe avere il coraggio di un
bambino che ama con tutto l’universo e dimostra senza vergogna di sentire la
mancanza di ciò che ama.
Stille
di pensieri, stelle di malinconie, bicchieri che capovolgono inganni, lampi di
bugie, ferite fredde e inquietudini
senza nome perché: “Tutti i poeti hanno per secondo nome inquieti.”
Parole
abusate, credenze strappate, preghiere sussurrate, ti amo spiazzanti e finestre
che gridano miserie tra felicità sonnolente che aspettano di essere timidamente
vissute.
Il
poeta urla contro il mondo e le sue discrepanze, contro l’avidità, lo spreco di
soldi, l’inerzia e l’amoralità del fine che giustifica i mezzi: “si mettono da
parte di ogni cadavere i pezzi.”
La
sua è una visione tanto terribile quanto reale, addolcita dalle forme delicate
della poesia, che accarezza senza strapazzare il cuore e la vista. Le parole si
abbracciano in versi, intessendo mondi nuovi eppure così riconoscibili perché
di ciascuno di noi. La poesia di questa raccolta diventa tutt’uno con i ricordi
e la memoria, con le paure e con i sogni
spezzati perché lo sguardo è fin troppo spesso disincantato, crudele,
sbagliato. Odio, morte, follia, guerra, passione e inganno che fa rima con
disastro eppure tutto è magico fino a quando si respira l’aria del gioco e ci
si dimentica che in fondo il mondo umano dei sentimenti è tragico, ma necessita
costantemente di qualcosa di comico.
Io
esisto sembra dire il poeta, così come esiste la sua poesia, tra intelligenza,
distacco e nostalgia.
Qui
e adesso è tutto un traffico di suoni e voci, di nebbie e colori, di canzoni
che hanno il sapore della lontananza, di memorie piene di odori fatte di versi
che scheggiano le mani ed inquietano i sensi. Ma la poesia è anche capace di
trascendere, ipnotizzare, identificare ciascuno di noi in quel vortice umano
fatto di anima e cuore di un poeta che non si tira indietro di fronte a questa
sfida: vita che diventa poesia. Senza fine.
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