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lunedì 16 giugno 2025

Recensione: DUE CUORI IN TEMPESTA di Sara Rattaro

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Sperling&Kupfer, oggi vi parlo di Due cuori in tempesta di Sara Rattaro.

due cuori in tempesta

di Sara Rattaro
Editore: Sperling&Kupfer
Pagine: 171
GENERE: Young Adult
Prezzo: 9,99€ - 17,90
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Mia è spezzata da una perdita che ha stravolto per sempre la sua vita. Suo padre, coraggioso vigile del fuoco, è morto davanti ai suoi occhi durante un salvataggio in mare, lasciandola con un vuoto incolmabile e un dolore che si aggrappa alla pelle come la pioggia incessante. Da allora, la ragazza ha tagliato i ponti con il passato da nuotatrice, con l'amica di sempre e con i compagni di scuola. Le sue giornate scorrono tra silenzi, scatti d'ira e pomeriggi in solitaria. Quando conosce Giovanni, enigmatico e pacato, con una macchina fotografica sempre in mano e due occhi che sembrano vedere oltre le apparenze, qualcosa in lei si muove. Anche lui ha le sue ombre e ha smesso di credere che la vita possa offrirgli ancora qualcosa di buono. Ma in quei pomeriggi trascorsi nell'officina abbandonata dello zio, Mia irrompe come un fulmine: incontrollabile, viva, spigolosa. Tra attimi rubati e sguardi carichi di non detto, tra i due nasce un legame tanto inaspettato quanto intenso. E così, mentre cerca una via per riconciliarsi con l'assenza del padre, anche grazie alla nuova amicizia con la sensibile e sfuggente Ella, Mia si ritroverà a fare i conti con il senso di colpa e la paura di lasciarsi andare. Sarà allora che capirà che forse non è sbagliato voler ricominciare a vivere e che l'amore può sbocciare anche nel mezzo della tempesta. Perché a volte è proprio nei luoghi più impensabili che troviamo chi sa tenerci la mano quando tutto il resto va in pezzi.

RECENSIONE

Due cuori in tempesta di Sara Rattaro è una storia che è come un grido sommesso: quello di due anime spezzate che cercano, tra la pioggia e il dolore, un modo per ricominciare. 
Mia ha perso suo padre, vigile del fuoco, durante un salvataggio in mare. Lo ha visto morire. E con lui è morta anche una parte di lei: quella che sapeva nuotare leggera nel mondo, quella che sapeva fidarsi, lasciarsi amare, vivere. Il trauma non si deposita in lei come una cicatrice: si radica, come un seme avvelenato. Da quel momento, Mia smette di nuotare, taglia i ponti con la sua migliore amica Anna, si chiude a riccio, e ogni tentativo della madre di raggiungerla si infrange contro il suo muro di dolore. 

La forza di Mia, però, sta proprio nella sua vulnerabilità intransigente. Non finge, non edulcora, non si presta a essere la figlia modello che elabora il lutto come da manuale. No. Lei si arrabbia, sbatte le porte, provoca, urla in silenzio. Il suo comportamento è quello di chi ha perso il baricentro del proprio essere. E noi, lettori, non possiamo che sentirla sulla pelle, questa vertigine continua. Non è facile amare Mia eppure è impossibile non farlo. Perché sotto la corazza c'è una ragazza che ancora crede nell’amore, nella bellezza, nella vita. Solo che ha paura. E la paura, quando sei adolescente, si traveste spesso da rabbia. 

Accanto a Mia, c’è una madre che la ama, ma che non sa più come raggiungerla. Il loro è un rapporto teso, profondo, tragico e meraviglioso. La madre è una donna forte, una caposala che lavora in oncologia pediatrica: sa affrontare la morte ogni giorno, ma non riesce a gestire quella della propria famiglia. Cerca di salvare Mia come salva i suoi piccoli pazienti: con soluzioni concrete, suggerimenti pratici, terapeuti consigliati e sport da riprendere. Ma Mia non vuole soluzioni. Vuole presenza. 

Quanto l'amore può fare male, se non è capace di adattarsi al linguaggio di chi soffre? Non basta amare un figlio per salvarlo: bisogna sapere come. Bisogna imparare a tacere, a reggere la distanza, a sedersi nel buio senza cercare di accendere subito la luce. Eppure, anche lei è fragile. Dietro la corazza, c’è una donna che si sveglia da sola nel letto ogni mattina, che sfiora la camicia del marito nell’armadio, che si aggrappa ai piccoli gesti per non crollare. 

Poi c’è lui. Giovanni. L’unico che riesce a guardare Mia senza il filtro del dolore o della pietà. Giovanni non cerca di aggiustarla. Non cerca nemmeno di capirla. La osserva. La vede. E in questo sguardo c’è tutto l’amore che un adolescente può desiderare. Anche lui porta le sue ombre. Ha smesso di andare a scuola, vive chiuso in una vecchia officina abbandonata, disegna murales e scatta fotografie. L’arte è la sua terapia, il suo modo di esistere nel mondo senza esserne ferito. Non è un salvatore, non è un ragazzo perfetto. Ma è una presenza che non invade, e questo lo rende unico.
Tra loro nasce qualcosa di potente e sottile. Non è l’innamoramento immediato dei cliché, ma un legame nutrito di silenzi, di piccoli gesti, di rispetto. È un amore che cura senza guarire, che consola senza promettere. È, forse, l’unico tipo di amore possibile quando sei in tempesta. 

A illuminare il percorso di Mia arriva anche Ella, una nuova compagna di classe. Due ragazze diverse, ma accomunate da un senso di spaesamento e dalla necessità di non sentirsi sole. La loro amicizia cresce lentamente, ma diventa presto un'ancora. Ella è dolce, sfuggente, imperfetta. Per chi soffre, avere accanto qualcuno che resta, anche senza dire nulla, può fare la differenza tra crollare e resistere. L’amicizia femminile, qui, è rappresentata con una delicatezza rara: senza rivalità, senza gelosie, solo con l’urgenza di tenersi strette mentre il mondo fa male. 

Il lutto è un cammino individuale, imperfetto, e pieno di ricadute. Non c’è catarsi, solo la possibilità di camminare mentre si soffre. L’autrice non infantilizza i suoi personaggi. Ne riconosce la profondità, la rabbia, la dignità. E ci mostra come spesso gli adulti, anche se benintenzionati, fanno più male nel tentativo di aiutare che nel silenzio. Giovanni e la sua macchina fotografica ci ricordano che non tutti riescono a parlare con le parole. Che a volte un disegno, uno scatto, un murale, può dire più di mille frasi. 
Il rapporto tra Mia e sua madre è lacerante, ma reale. Non c’è un colpevole. Ci sono solo due persone che si amano e non sanno più come farlo senza ferirsi. Eppure, quando si riconoscono nel dolore reciproco, succede qualcosa di prezioso: si ricostruisce un filo. Magari fragile, ma vero. 

Due cuori in tempesta è un libro importante. Per chi è genitore. Per chi è figlio. Per chi ha sofferto, per chi è arrabbiato, per chi si sente perso e cerca anche solo uno sguardo che lo tenga in vita. Sara Rattaro ci offre uno spaccato realistico e struggente dell’adolescenza come età liminale, dove la pelle è troppo stretta e il cuore troppo grande. È il tempo in cui si scopre quanto il dolore può essere ingestibile, soprattutto se non trova un nome. Molti ragazzi, come Mia e Giovanni, non cercano risposte — cercano uno spazio dove esistere. Dove il loro dolore sia riconosciuto senza essere curato a forza. 

Il romanzo ci ricorda che ascoltare è un atto rivoluzionario, che fare domande senza invadere è un’arte, e che amare davvero significa non avere paura delle ferite dell’altro. Il legame tra Mia e sua madre è un esempio paradigmatico di come l’amore non basti, se non è accompagnato da comprensione. La madre è presente, affettuosa, ma non riesce a entrare in sintonia. È convinta che “fare” (proporre attività, terapie, sport) sia sufficiente. Ma Mia ha bisogno che la madre senta. Che si sieda accanto a lei nel dolore, senza la fretta di farlo sparire. 

L'adolescenza è una terra di confine, in cui il corpo cambia, il mondo si deforma e nessuno ti spiega davvero come restare intero. Mia e Giovanni vivono entrambi la fatica di crescere. Ma mentre lei si frantuma nel silenzio e nella rabbia, lui si rifugia nell’arte e nella distanza. Entrambi hanno perso la fiducia negli adulti, nelle promesse, nella possibilità che esista davvero qualcuno disposto ad ascoltarli senza volerli riparare. 

A me ha dato l'idea che l'autrice scrivesse per far sentire meno soli. E in un’epoca in cui l’adolescenza è spesso trattata con leggerezza o pregiudizio, lei ha il coraggio di raccontarla nella sua grandezza tragica e luminosa. 
Alla fine del libro rifletti e ti emozioni non solo per ciò che è accaduto a Mia, ma perché capisci che, in qualche modo, Mia potresti essere tu. O tua figlia. O il tuo studente. O la tua parte ferita. E allora sì, il titolo ha un senso profondo: ci sono cuori che resistono solo se trovano qualcuno con cui condividere la tempesta.

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