Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice PaperFirst di Il fatto Quotidiano, oggi vi parlo di Non sai cos'è successo... di Alessandro Ferrucci.
Non sai cos'è successo... di Alessandro Ferrucci Editore: PaperFirst Pagine: 434 GENERE: Narrativa Non-Fiction Prezzo: 9,99€ - 18,50€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2024 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟
Trama:
C’è chi ha assistito alla fuga da un battello parigino di Marcello Mastroianni e Mario Monicelli al grido “Mejo una gricia!”; altro che nouvelle cuisine. C’è chi non ha mai visto Monica Bellucci senza tacchi; nuda sì, ma sempre con i tacchi, “anche quando fa la doccia”. C’è chi ha vissuto gli anni Ottanta come una perfetta cartolina dell’edonismo senza limiti, tra un taaac, una festa, cocaina servita dentro le zuppiere, la malavita accanto e le gare di whisky a gogò sott’acqua. Poi il palco: c’è chi l’ha calcato e temuto tutta la vita, perché il vero artista non si abitua alla liturgia del sipario e non dà mai per scontate quelle assi, “altrimenti te se magnano”, parola di Gigi Proietti. C’è invece chi, come Ettore Scola, sosteneva: “Io sono di una generazione dove il lettino dello psicologo era la sedia del barbiere”. Ma la sedia del barbiere era pure un passaggio in tram dove tra una fermata e l’altra si guardava la città e si conosceva il prossimo. Senza cuffie nelle orecchie. “Papà non amava la montagna perché non aveva il tram. L’esistenza, quella reale, era il tram, non gli uccellini. Non voleva fuggire dalla vita di tutti”, racconta Paolo Jannacci, figlio di Enzo. Leggere questo libro significa salire, sedersi senza essere avvolti dalla fretta. Meglio leggerlo con calma, un pezzetto alla volta, un nuovo mondo aperto quando se n’è chiuso un altro; poi una pausa, una riflessione, la possibilità di guardare cosa accade attorno e magari condividere con il vicino le proprie emozioni a partire da un “Non sai cos’è successo…”. Questo libro è un “tram” popolato di storie. Un tram nel quale in otto anni di interviste sul Fatto Quotidiano sono saliti 400 protagonisti del cinema, dello spettacolo, della televisione, dello sport e della letteratura. Con tutto il loro bagaglio di vita.
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RECENSIONE
C’è qualcosa di profondamente teatrale in questo libro, e non solo per la quantità strabordante di attori, registi e comici che lo affollano come se fossero in attesa dietro il sipario.
Non sai cos'è successo... di Alessandro Ferrucci è un catalogo umano travestito da antologia di aneddoti. È un’opera collettiva che non assomiglia a nulla di accademico, né si presta a quella seriosità un po’ polverosa con cui spesso si affrontano i “libri di memorie”. Qui non si celebra il passato: lo si stuzzica, lo si sveste, lo si fa inciampare su una buccia di banana. E si ride, sì. Ma con l’amaro in bocca.
L'autore costruisce il libro come un tram affollato — metafora dichiarata nell’introduzione — in cui si incrociano vite, inciampi, piccole rivelazioni e sputtanamenti epici. Un tram dove, invece di timbrare il biglietto, si timbra la propria identità artistica con cicatrici, figuracce e dignità a brandelli. È un luogo in movimento, certo, ma anche un confessionale mobile, un palcoscenico instabile, dove si può passare in un istante dal ruolo di protagonista a quello di comparsa senza nemmeno accorgersene.
Ed è proprio questo movimento continuo che l'autore riesce a catturare: la costante trasformazione degli artisti, delle loro vite, delle loro maschere. Nulla resta fermo, nulla è garantito. Si può dormire in un bagno del teatro e ritrovarsi a Cannes (Marcello Fonte), oppure diventare una star della musica popolare iniziando come ragazzino che ruba le chiavi delle auto per dormirci dentro (Pino Scotto). Si può persino cadere dal palco alla prima teatrale e ritrovarsi in ospedale con trauma cranico e braccio rotto (Maurizio Micheli), senza perdere la voglia di recitare.
Il grande merito di Alessandro Ferrucci è quello di farci infilare le mani nel tritacarne del successo, scoprendo che spesso, più che carne da copertina, escono pezzi sparsi di umanità, dolore, autoironia e sopravvivenza.
Le storie di questi protagonisti, e si parla di centinaia di nomi che spaziano dal teatro alla televisione, dalla musica alla pornografia doppiata (ciao Pannofino), raccontano un mondo che ha fatto dell’immagine e dell’esibizione la propria ragion d’essere, ma che sotto sotto è impastato di insicurezze, umiliazioni, improvvisazioni, furbizie e botte di culo.
Che poi, diciamolo chiaramente, il mondo dello spettacolo, visto da dentro, è tutto fuorché spettacolare: è sudore, ansia da prestazione, casting disumani, tentativi disperati di sembrare qualcuno mentre dentro si frana tutto. Le storie raccolte smontano ogni aura glamour: ci mostrano attrici che devono difendere la propria dignità dai voyeur travestiti da assistenti alla regia, comici distrutti dalla malinconia, presentatori che partono dalla vendita della lattuga al mercato per finire su Rai Uno (e poi magari tornarci, ma solo per comprare il cavolo del giorno).
Ecco dove il libro diventa interessante anche al di là del suo valore documentario o aneddotico. Perché ciò che racconta non è solo il dietro le quinte di uno spettacolo, ma il riflesso fedele di una società che si costruisce e si autodivora sull’apparenza, sull’effimero, sull’autocelebrazione e sull’abbandono improvviso.
Nel racconto del successo che arriva sempre all’improvviso, spesso senza logica, e se ne va con la stessa velocità, si intravede la fragilità di un’intera generazione cresciuta con l’illusione che basti “esserci” — in tv, sui giornali, oggi su Instagram — per contare qualcosa. Alessandro Ferrucci, senza mai dirlo esplicitamente, smaschera la narrazione tossica del “ce la puoi fare” e ci ricorda che quasi sempre ce la fai se conosci qualcuno, se ti offri per poco, se ti inventi qualcosa, se resisti nella merda abbastanza a lungo da diventare parte del paesaggio.
Lo stile è agile, crudo, non privo di affetto ma mai compiaciuto. La sua scrittura non cerca effetti speciali, perché l’effetto speciale è già nella vita che racconta. Non c’è giudizio, ma c’è sempre una sottile ironia di fondo, una consapevolezza che chi fa spettacolo non è un dio, ma un sopravvissuto col trucco sbavato.
Si ride tanto, ma è un riso consapevole, mai idiota. È lo stesso riso che accompagna il racconto delle false docce cinematografiche che dovevano essere ripetute all’infinito (ma solo quelle), o delle finte colazioni d’albergo con ravioli e spumante ordinati in piena notte per vendetta goliardica. È il riso di chi sa che il vero palcoscenico non è quello davanti alla telecamera, ma quello dietro: lì si misura la tenuta dell’identità, la capacità di sopportare il ridicolo e il rifiuto.
Alla fine della corsa su questo tram disordinato, ci si ritrova con un gran bagaglio: non tanto di conoscenze biografiche, ma di consapevolezze esistenziali. Non sai cos’è successo non è solo un libro su chi fa spettacolo. È un libro su chi vive costantemente sotto esame, come tutti noi, costretti a vendere una versione di noi stessi ogni giorno, più fotogenica, più brillante, più performante.
E il bello è che nessuno si salva: né chi recita davanti a un pubblico, né chi recita al supermercato mentre fa finta di non aver bisogno di aiuto.
Dietro ogni volto che abbiamo applaudito c’è stato un momento di disperazione, un’umiliazione sopportata in silenzio, un bivio esistenziale. E se qualcuno ride ancora, forse è solo perché ha imparato che l’autoironia è l’unico trucco che non va mai via con l’acqua micellare.
Se il mondo dello spettacolo è così, quanto di questa ipocrisia, violenza, comicità disperata c’è anche nel nostro vivere quotidiano?
Alessandro Ferrucci non lo dice mai, ma lo fa intuire. E a quel punto non puoi più guardare una trasmissione del sabato sera o una serata di gala senza chiederti: quanta verità si è dovuta sacrificare per far ridere, cantare, piangere?
E allora, per dirla con Bombolo:
“Dateme ’na gomitata quando tocca a me”.
Ma stavolta, sul serio.
Tanto sul serio che sappiatelo: tutto fa spettacolo, anche (soprattutto) la fregatura.
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