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martedì 30 dicembre 2014

La funeralista di Raffaele Mastrangelo Recensione

Buon pomeriggio cari lettori. Spero abbiate passato con serenità il Natale. Io ho avuto davvero tante cose da fare ma sono riuscita a terminare la lettura di un libro che avevo in sospeso da un po'. La funeralista di Raffaele Mastrangelo è una storia che vi farà sorridere e nello stesso tempo riflettere su temi importanti come il rapporto con se stessi e con la propria identità. Una lettura a tratti divertente ma anche piena di spunti filosofici che avvicinano l'autore alla lezione ideologica pirandelliana. 
Leggete la recensione e come sempre aspetto i vostri commenti!


Intanto Buon Anno a tutti!



Titolo: La funeralista
Autore: Raffaele Mastrangelo
Editore: MReditori
Pubblicazione: Giugno 2014
Genere: Romanzo ironico
Pagine: 372
Formato: Cartaceo
Prezzo: 15.00



TRAMA

"Passiamo più tempo a desiderare che a goderci la felicità desiderata." Questo è quello che impara un ballerino che, dopo tanto tempo, si ritrova al suo paese natio per il funerale della zia. Tra tanti autoinvitati non riconosce una ragazza. Ritorna a Bologna dove tutto è pronto per il balletto. Durante i ringraziamenti di fine spettacolo accade un incidente. Incurante, continua la sua vita. Muore una seconda zia, ritorna a Teverola e ritrova la ragazza che non aveva mai dimenticato, una sua cugina. Non potendo più ballare, inizia a scrivere opere teatrali con la speranza che la cugina possa venire a Bologna. La rende personaggio e la desidera a tal punto da raggiungere una sorta di pazzia. Dopo una serie di fallimenti e di rifiuti della sua opera, conosce Iacopo De Finò, che l'aiuta. Riesce a portare la sua opera in teatro, a portare Sandrina a Bologna e a farla innamorare.

BIOGRAFIA

Raffaele Mastrangelo nasce a Marcianise (CE) il 6 febbraio 1988. A 21 anni inizia a scrivere narrativa per ragazzi. Nel 2012 si cimenta nella narrativa contemporanea realizzando “La funeralista”. Giudicato racconto, perché troppo breve, estende il contenuto terminando l’anno successivo.

LINK UTILI


Link ibs: http://www.ibs.it/code/9788899008055/mastrangelo-raffaele/funeralista.html

Presentazione del 26 settembre 2014: http://www.youtube.com/watch?v=XVI2XaNk1cg




La funeralista è un romanzo che può definirsi di formazione e che fa esplicitamente riferimento nella trama e nell’ideologia espressa, alle principali opere di Luigi Pirandello e soprattutto al suo modo di fare ironia. 
Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire cosa vuole dirci questo romanzo e soprattutto perché. 

Il protagonista inizialmente non ha un nome, viene definito in molti modi, ma il suo vero nome o quello che pensiamo tale, lo scopriremo solo molto più avanti nella lettura e sarà Pascal Andrè. Non vi dice nulla? A me immediatamente ha ricordato Il fu Mattia Pascal di Pirandello ma non solo per questo. Il concetto di nome e di identità giocheranno un ruolo fondamentale all’interno del libro. 

Il testo inizia con la descrizione molto accurata dell’ambiente campano, in particolare di Teverola, dove Pascal si è recato per assistere al funerale di una zia: “zia Sisinella”. Ed è proprio a proposito dei luoghi, degli usi e dei costumi paesani, che l’autore ci delizia con tutta una serie di dettagli che descrivono alla perfezione le tradizioni campane per quanto riguarda l’estremo saluto ai defunti, il modo di relazionarsi tra i familiari e tra tutti gli abitanti di un medesimo luogo. 
Così Pascal non è Pascal ma è il nipote venuto da lontano, la zia morta non è Teresa ma Sisinella e allo stesso modo tutte le persone che volenti o nolenti entrano nel giro matto dei soprannomi, perché così si usa nei piccoli paesi ai margini della città. Subito salta all’occhio la forte caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti, tra il drammatico e l’ironico. Ma la prima lezione che l’autore vuole trasmetterci, qual è? Che esistono abitudini in taluni luoghi,  come quella di attribuirti dei soprannomi, da cui non puoi sfuggire. 

La funeralista è un romanzo tragicomico che usa la drammaticità travestendola di ironia per aiutare a riflettere. Al funerale Pascal incontra una giovane donna dal cui sguardo resta folgorato. Scoprirà essere sua cugina e da quel momento in poi, lei per lui sarà la funeralista. E dunque un altro soprannome. 

Cos’è un soprannome se non il modo in cui ci vedono gli altri? E’ una definizione che le persone ci attribuiscono senza che noi gli abbiamo dato il permesso e che spesso deriva esclusivamente da ciò che loro vedono di noi ed in noi. Ma non siamo noi. Non lo siamo per niente. 

Il linguaggio è semplice, la scorrevolezza è però messa a dura prova da errori ortografici e grammaticali, spesso manca qualche virgola ed è presente qualche disattenzione attribuibile probabilmente alla distrazione. Il clima della storia è in compenso un po’ “pazzerello” così come sembra essere il protagonista che vive a Bologna, dividendo la casa con un’amica e facendo il ballerino. Durante la storia andrà in coma per lungo tempo e al suo risveglio non potrà più ballare ma soprattutto non ricorderà più il suo nome. Metaforicamente è come se morisse per rinascere ed avere una seconda possibilità. 
Anche Mattia Pascal finse di morire e ritornò “in vita” come Adriano Meis, credendo di poter condurre una vita molto più adatta ai suoi desideri e alle sue ispirazioni. Lo stesso farà Pascal, dedicandosi non più al ballo ma alla composizione di opere drammatiche per il teatro. 

“Si dovrebbe nascere una seconda volta per fare quello per cui si è nati.” 

E’ questo quello che crede il protagonista quando comincia ad avere un notevole successo con i suoi spettacoli, aiutato da una presenza molto particolare, strana ed evanescente, quella di Jacopo De Finò. Questo nuovo personaggio, che appare all’improvviso e a cui Pascal dà in lettura la propria opera, è la chiave del romanzo. L’uomo fantasma, che mette in scena l’opera di Pascal quando lui era in coma e che gli mostra come scrivere. L’unico a credere in lui, che non ha una vera casa, si muove come uno squinternato e appare e scompare senza alcun motivo. Ha una pseudo abitazione nella quale nasconde un acquario, un armadio che contiene una cassaforte chiuso dall’interno e una stanza piena di orologi rotti. In altre parole un folle. 
Sembra quasi che egli rappresenti l’autore. Proprio come faceva Pirandello con i suoi personaggi in Sei personaggi in cerca di autore e Miguel De Unamuno in Niebla, egli sembra giostrare la vita di Pascal riuscendo però sempre ad apparire estraneo a tutto. Eppure l’uomo scopre che Jacopo è coinvolto segretamente in ogni cosa che ha fatto, proprio come ogni autore fa con la sua creazione. Sembra proprio che sia lui a decidere il destino del nostro Pascal e non a caso è proprio dalle sue parole che scaturisce il discorso che richiama apertamente la teoria dell’identità e dell’uno nessuno e centomila espressa da Pirandello nell’omonimo libro. 

“Tu mi vedi in un modo, un altro in un altro modo, fino a dubitare io stesso di essere io. Come se di Jacopo ce ne fosse più di uno. Ognuno visto diversamente dagli altri. Eppure sono sempre io.” 

Per tutto il romanzo sono sparsi forti richiami ai punti focali dell’ideologia pirandelliana. Dal concetto dell’identità, del nome, della morte del nome e del rapporto tra autore e personaggi. Un connubio che diventa un grande atto reverenziale da parte di Raffaele Mastrangelo nei confronti del genio pirandelliano. 

Sarà proprio a teatro che Pascal rivedrà la sua funeralista e da quel momento in poi il loro rapporto si farà sempre più stretto, coronando il desiderio d’amore dell'uomo. Ma quell’amore è davvero ciò che vuole? 
Intanto il teatro diventa la sua casa e il suo sogno. 

“Il teatro non è solo il palcoscenico dove vi esibite davanti ad un pubblico, con la parola, i gesti, la musica, la danza e chi più ne ha più ne metta…è un pezzo di mondo che si stacca dalla realtà trascinando le anime che decidono di seguirlo. Il pubblico deve semplicemente sognare. Cos’è un sogno? Un sogno è un regalo… un regalo che dovete donare a chi quella sera vorrà dimenticare se stesso. Non importa se il sogno faccia piangere o ridere, l’importante è che rapisca l’animo e lo porti con sé, in un mondo che tutti vogliono e che nessuno può avere.” 

Pascal è uno dalle idee strambe ed originali, a cui riesce bene di impressionare il pubblico, conquistandolo. Uno a cui piace sorprendere e rischiare pur di portare a termine la propria opera. Rischierà di morire per la seconda volta pur di emozionarsi ed emozionare ancora. Tutti lo apprezzano eppure la sua vita sembra essere mossa da qualcos’altro. 
Perché? 

Jacopo con le sue sceniche apparizioni, è la voce della sua coscienza, colui che da padre e da alter ego nascosto, gli mostra dove e come sta sbagliando. Le sue parole sono come una lampadina che si accende e si spegne nel buio immenso della conoscenza del sé e di quella identità che Pascal crede di avere ma che non ha. 

A rafforzare l’idea dei nomi e delle mille identità fasulle di un individuo c’è la descrizione ancora una volta precisa e mirata di Teverola, nella quale “la verità non è la cosa veramente accaduta ma la narrazione della voce del popolo.” Così come per i fatti anche per le persone, non conta tanto cosa è realmente successo o chi tu sia, ma come la gente racconta di te. 

Alle porte imminenti del matrimonio, Pascal non è più Pascal ma è o’ sposo e Sandrina non è più Sandrina ma a’ figlia e Peppenella. E dunque, ancora una volta, attraverso l’espediente dell’ironia, perché poi tutti questi nomi fanno davvero sorridere, che la riflessione ricade gravosa e pressante: chi siamo davvero noi? Ciò che vedono gli altri? O ciò che crediamo di essere per noi stessi? 

I nomi creano prigioni, determinano destini – Nomen Omen – ed è difficile anche per uno come Pascal ribellarsi. Egli diventa una marionetta nelle mani degli altri, fa tutto ciò che Sandrina gli dice, credendo di comportarsi con cognizione e di essere nel giusto, ma cosa realmente lo ha condotto fino a quel punto? Tutto va in frantumi, perché il desiderio è solo una grande illusione. Diventiamo guerrieri di bolle di sapone, perché contro il desiderio non si vince mai. 

Pascal si lascia trascinare in una vita che non gli appartiene, condotto dal desiderio di amare quella donna e quando ci riesce, si rende tristemente conto che è stata tutta un’illusione. Lentamente è entrato in una spirale senza via d’uscita, dove sono gli altri a decidere per lui e dove ha dimenticato persino il suo vero nome, prendendo per vero il modo in cui lo chiamano tutti, ossia Pascal Andrè. Ma questo non è il suo vero nome, è solo il suo nome da artista. 

Raffaele Mastrangelo ci mostra, attraverso una storia ironica ma profondamente riflessiva, quanto può essere sbagliato lasciarsi condizionare dagli altri, da cosa pensano e cosa vogliono per noi. Pascal dovrà assistere al funerale di se stesso, quello metaforico, per riuscire a capire che deve liberarsi dai nomi e dalle identità infruttuose che gli hanno attribuito gli altri per tutta la vita e cominciare a capire come costruirsi un futuro migliore. 

La vita è un fluire indistinto di possibilità secondo la poetica pirandelliana e la società con tutte le sue istituzioni non fa che intrappolare l’individuo, rubandogli il diritto ad essere libero. 

Ho apprezzato l’atmosfera a tratti leggera e lo spirito filosofico che si respira soprattutto nella seconda parte del romanzo e che si rafforza verso la fine, dove inizia la vera vita del protagonista. Il romanzo può essere suddiviso in due parti. La prima nella quale assistiamo alla pseudo vita del protagonista e a come ogni sua azione o pensiero sia indirettamente o direttamente influenzato dagli altri. La seconda parte invece, s’incentra sulla presa di coscienza, lenta ed inesorabile, di come tutto ciò che pensa o faccia non sia realmente determinato da se stesso ma da un desiderio illusorio che lo sta conducendo dove in realtà non vuole andare. 

Se nelle opere di Pirandello emerge la disgregazione dell’io e la perdita del concetto di identità da parte dei suoi protagonisti, qui assistiamo ad un percorso diverso, nel quale l’eroe ritrova la sua identità proprio nella scoperta di essere stato fino a quel momento solo ciò che gli altri vedevano. Pascal Andrè, il nipote morto che viene da lontano, o’ sposo… Questo è solo ciò che gli altri vedono. 

Mentre Mattia Pascal diventa un forestiere della vita, perché comprende di essere nessuno e di aver perso qualsiasi ruolo nel gioco chiamato esistenza, Pascal Andrè invece, si rende conto che per essere davvero felice deve uscire fuori dalla trappola sociale, a cominciare dal matrimonio che non sente come suo, e deve cercare la sua libertà altrove. Lontano, ovunque e da nessuna parte. 

E’ forte la lezione pirandelliana ed è resa intelligentemente in una storia che fa sorridere e che intrattiene e che soprattutto fa riflettere come le più grandi opere del maestro, di cui questo romanzo è senza dubbio un sentito omaggio.



martedì 23 dicembre 2014

La prossima star. Nastro rosso in TV di Paola Zivelli Recensione

Buon pomeriggio cari lettori, pochissimi giorni prima di Natale, posto l'ultima recensione prima delle feste. Un romanzo scritto dalla giornalista e scrittrice Paola Zivelli, che ha collaborato con TV Sorrisi e Canzoni, con programmi televisivi di successo e con la Mondadori, che s'intitola La prossima star. Una storia che racconta cosa si cela dietro il grande e pesante telone dello spettacolo, quali sono i meccanismi che lo controllano e le personalità sociali e politiche che ne decretano l'esistenza. 
Una lettura che non lascia indifferenti, che spinge a riflettere su un sistema che ci tocca tutti da vicino, nessuno escluso. Un romanzo che ti apre le porte su nuove scoperte e che spesso mi ha lasciata a bocca aperta. 

Leggiamo insieme la recensione e ditemi cosa ne pensate! 


 Intanto vi auguro un felice Natale e serene feste!   



Titolo: La prossima star. Nastro rosso in TV
Autore: Paola Zivelli
Editore: Cavinato
Pubblicazione: 2014
Genere:Romanzo
Pagine:336
Prezzo:Cartaceo 23,00
Link Acquisto



TRAMA 

 Il romanzo narra in modo molto chiaro retroscena della “dorata” TV e del giornalismo con una immersione dinamica, situazioni e intrecci proprio in quel mondo di cui poco si conosce realmente, nelle sue sfaccettature. Scritto a "voce alta", come la trama di un film, senza limiti di crude verità, la scrittrice fa testo a situazioni veritiere che spesso, dall’ambiente della televisione e del giornalismo, non vengono rivelate. Incalzano anche il mistero e i colpi di scena in una sorta di thriller realistico che si può rivelare un best-­seller, a volte ironico, in cui si manifesta una realtà spesso facente parte del quotidiano in genere. Il messaggio è chiaro, la scrittrice vuole dichiarare gli intrighi del “dietro le quinte”. Dall’essenza provocatoria, colei che diventerà la “Prossima Star” avrà la sua parte sì, ma come? Lasciamolo scoprire al lettore.



BIOGRAFIA


Paola Zivelli è romana, giornalista professionista specializzata in televisione, musica, cinema e spettacolo con lunga esperienza. È stata per anni inviato speciale del settimanale TV SORRISI E CANZONI e collaboratrice del settimanale TELEPIÙ. 
Grazie alla sua inchiesta sulla «Storia del grammofono e del disco» pubblicata a puntate sul settimanale TV SORRISI E CANZONI, poi diventata dettagliato catalogo storico per la mostra “1877-­1977 CENTO ANNI DI REGISTRAZIONI SONORE”, vince il primo premio dell’omonimo concorso indetto per l'occasione dall'AFI, Associazione Fonografi Italiani. 
Per Rai-­Radiodue è autrice dei testi delle trasmissioni “MEZZOGIORNO CON I POOH”, e puntate speciali di ‘RADIO OPEN’. 
Fra le sue esperienze come ufficio stampa:"COMPAGNI DI VIAGGIO" primo CD che raccoglie poesie di PAPA GIOVANNI PAOLO II° interpretate da VITTORIO GASSMAN. 

Per Raiuno collabora con Raffaella Carrà, come consulente artistico, occupandosi del coordinamento della redazione del grande successo televisivo "CARRAMBA CHE SORPRESA" e, contemporaneamente, è consulente di importanti agenzie fotografiche. 

Attualmente collabora con la redazione di BUDDISMO e Società, bimestrale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. 

Grazie alle esperienze sul campo nasce il suo primo romanzo/denuncia sul ‘dietro le quinte’ del mondo televisivo e giornalistico intitolato “LA PROSSIMA STAR-­ Nastro rosso in Tv”.




“Noi produciamo solo finzione, sogni che da un momento all’altro svaniscono come bolle di sapone. La tv che facciamo non ha passato, non ha futuro, non ha storia. E’ il nulla.” 

La prossima star è uno di quei romanzi scomodi, che anche se non fa riferimento a nomi e a situazioni reali, è il sistema di cui parla ad incrinarsi, nonostante tutto, sotto il peso della denuncia. 
Paola Zivelli, giornalista e scrittrice, che ha collaborato per tanti anni con TV Sorrisi e Canzoni e con Telepiù e ha contribuito, come consulente artistico, al grande successo di programmi come Carramba che sorpresa!, condotto da Raffaela Carrà, ci racconta, attraverso metafore e suggeriti intendimenti di un mondo del quale facciamo parte tutti, ma dall’esterno: la televisione. 

I suoi meccanismi, i suoi finti miracoli, le sue pseudo celebrazioni da quattro soldi. Questo libro ti offre la possibilità di affacciarti dal davanzale di una finestra invisibile e spiare oltre tutto ciò che credi di sapere e che non immagineresti mai. La prefazione dell’ex direttore del settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, Gigi Vesigna, presenta con parole semplici e chiare a cosa andrà incontro il lettore che deciderà di leggere questo romanzo, a quali ingiustizie e nefandezze sarà costretto ad assistere, alle gelosie, alle corruzioni che si nascondono dietro il grande telone dello spettacolo. 

Ferrini è un giornalista alla ricerca della prossima star, colei che oscurerà la luminosità di tutte coloro che l’hanno preceduta e per la quale le due reti televisive più importanti, Upper Channel e A.I.R.E.-TV, lotteranno per imporsi sui dati Auditel. Una guerra televisiva che fin dalle prime pagine sembra essere caratterizzata esclusivamente dalla potenza degli ascolti, dagli sponsor e dalla possibilità di scovare, finalmente, una nuova stella che possa intrattenere milioni di spettatori davanti allo schermo ogni sacrosanta puntata, arricchendo i marchi pubblicitari e accrescendo l’importanza ed il successo della rete che l’ha lanciata. 
Ferrini come tanti altri, non è altro che una pedina in una scacchiera priva di colori, che cerca di districarsi nel mezzo di questo groviglio di meraviglie e terrori di cui è fatta la televisione. 

Chi sarà la prossima star? 

La dolce ed indifesa Loretta o la cinica e spietata Susanna? Entrambe ballerine professioniste, profondamente amate dal pubblico e desiderose di essere scelte per il grande show del sabato sera che il direttore della rete televisiva A.I.R.E.-TV, Rambaldi, sta organizzando. 

Lo stile della Zivelli è chiaro e scorrevole. Ci presenta l’ambiente televisivo e ciò che lo circonda attraverso svariati personaggi, inseriti in contesti diversi, capaci di mostrare le varie facce della luna chiamata TV. Ma a questo clima realistico e veritiero si aggiunge una strana atmosfera fantastica, che avvolge ed imprigiona alcuni personaggi, come Loretta e Susanna, rendendo le loro azioni vittime di pericolosi presagi, come l’eco di qualcosa di già destinato e quindi ineluttabile. Figure nere che appaiono nei sogni, danzatrici macabre che hanno il sapore degli incubi, gatti neri che miagolano nella notte e che diventano oscure presenze e strani compagni di improbabili streghe. C’è un fitto alone di mistero che rende alcune scene più inquietanti e sinistre, come se dietro ad ogni azione o parola si nascondesse molto altro da scoprire e questo basta ad accrescere la curiosità. 

Rambaldi è il centro della narrazione, intorno al quale ruotano le chiacchiere, le discussioni e le scelte degli altri protagonisti. Egli è l’uomo nel mirino, quello che tutti cercano al momento e che vogliono intervistare, ci vogliono parlare, vogliono sapere quel nome, il nome di colei che lui sceglierà per essere la stella del suo nuovo show. Ma Rambaldi è un uomo oscuro, sempre a caccia di donne. A volte collerico e violento, abituato a credere che tutto sia possibile grazie alla sua onnipotenza. Il suo aspetto fisico è tristemente banale, tratti somatici irrilevanti, statura bassa ed un atteggiamento vanitoso ed esibizionista. Eppure è lui il personaggio televisivo più potente, a tal punto che la sua influenza non può essere sottovalutata da coloro che voglio diventare delle vere star come Loretta e Susanna. 

La Zivelli usa molti aggettivi per descrivere gli attori del suo romanzo, permettendo a chi legge di figurarseli chiaramente sia fisicamente che caratterialmente in modo da rendere credibili i loro comportamenti e le loro scelte. Rambaldi, ad esempio, è furbo e sicuro di sé. E’ descritto egregiamente come un uomo freddo e distante, prepotente ed esigente, che non ammette errori. Eppure la sua personalità diventa suadente e carezzevole come quella del diavolo quando deve ottenere ciò che vuole. Il suo fascino risiede proprio in questo: in ciò che nasconde e che a tratti viene fuori, creando continue crepe nelle sue maschere e nel suo apparente stato di controllo. 

La guerra della televisione non è solo a colpi di Auditel, per stabilire tra reti concorrenti, quale sia il programma che ha avuto più successo, ma inizia molto prima, dietro le quinte e coinvolge tutti coloro che ne prendono parte, iniziando proprio dalle pseudo protagoniste, ipotetiche primedonne che lottano per ottenere quel posto in primo piano che le consacrerà a diventare delle vere star televisive. Ed è così che mentre Loretta sembra essere, almeno inizialmente, la prescelta da Rambaldi, Susanna non vuole assolutamente cedere, accettando la sconfitta, ed è pronta a fare qualsiasi cosa per ottenere ciò che secondo lei le spetta, dopo tanti anni di sudore e fatica. E’ estroversa, sensuale, presuntuosa ed orgogliosa proprio perché si considera la migliore. Ha già sedotto in passato Rambaldi ed è pronta a rifarlo, se fosse necessario, senza pensarci due volte. E’ una donna di marmo, forte e determinata, la sua furia è fatta di rabbia e di tenacia. 
Molto complesso il suo personaggio, soprattutto quando alla sua storia, si aggiungeranno una serie di elementi che renderanno ancora più difficile la sua caratterizzazione. 

Sia lei che Loretta ricevono telefonate minatorie da qualcuno che le vuole male. Il clima si appesantisce, si carica di tensione e di continua guerriglia sottile e seminascosta che scorre tra i corridoi e ancora più affondo dietro i programmi televisivi. L’arroganza, la furbizia, l’aggressività, la prepotenza, tutte caratteristiche che chi gioca in questi ambienti deve possedere per andare avanti, in una lotta che non finisce mai e che non ti fa mai sentire arrivato. 
Il piccolo schermo è costeggiato da una miriade di comparse, di attori quasi inanimati che svolgono macchinalmente i loro ruoli, perché quelli sono i ruoli a cui sottostare, come se un’enorme copione indirizzasse le gesta e le frasi di ciascun personaggio, incastrandolo perfettamente negli spazi vuoti di questa terribile e gigantesca storia. 

Giornalisti, manager, fotografi, ballerini, coreografi, locali ed agenti ruotano come sfere impazzite attorno ad un unico universo, quello della tv. L’autrice lascia intendere chiaramente che è un mondo fatto di manipolatori, di persone che ti fanno un favore in cambio di un altro, in cui nessuno è pulito e in cui tutto è inevitabilmente sporco. Dietro esiste la grande piramide del vero potere, il cui vertice è la politica. La televisione è comandata dai politici così come il vero successo di un personaggio televisivo dipende da quanto riesce a farsi amare dal pubblico, ingannandolo. 

Impensabili meccanismi televisivi controllano anche la costruzione di uno show di successo e la nostra autrice ce lo racconta in modo semplice e di grande effetto. 

“Se davvero vuoi lo show sfarzoso come dici, è in controtendenza. I gusti cambiano, le pretese aumentano e nessuno si accontenta. I telespettatori sono figli di puttana e i critici pure…Se proponi sogni e pailletes dicono che c’è bisogno di varietà senza pretese, innovativi e sperimentali, con facce di gente comune. Quando poi tenti di dare quello che hanno appena chiesto, ti sbattono in faccia il bisogno di evasione e la nostalgia per i sogni della tradizione. Lo fanno apposta, per dispetto.” 

La narrazione procede mentre l’attesa e la suspense crescono, alternata alla comparsa alienata e straniante di questa figura macabra e nera che incarna metaforicamente le paure e le incertezze che covano dentro ciascun personaggio che fa parte della vetrina di questo grande spettacolo. C’è molta oscurità, molto più di quanto possiate immaginare. 
La Zivelli racconta senza stancarsi cosa c’è dietro la nostra tv, ci conduce tutto d’un fiato in quei meta-luoghi in cui tutto avviene e tutto è inesistente, dove s’incrociano la politica, i giornali, i locali, i fotografi, le reti televisive e i personaggi dello spettacolo. Ci spiega come avvengono i servizi fotografici, l’invidia, la rabbia, la sete di vendetta, i colpi bassi, la corruzione, la svendita dei corpi e di come tutti quanti ne approfittino. E alla fine non vi sorprenderete mica se la tensione erotica che buca lo schermo, vale molto più della bravura? 

E su questo sfondo che sfonda la realtà e crea un mondo in cui le idee sono comandate da un telecomando virtuale che senza accorgervi, vi arriva fino al cervello, c’è chi ruba le idee per i programmi di successo e chi architetta un modus operandi efficace e mai compromettente per ricattare ed ottenere ciò che vuole. 
La televisione tradisce e non perdona. Ti brucia senza pietà quando non vai più bene e dovresti essere tanto furbo da salvarti la “vita” prima che arrivi la tempesta. 

Chiacchiere, gossip, discussioni, spie e intrecci pazzeschi tra vita privata e pubblica e il tutto diventa una verità romanzata che è soprattutto verità. A tratti la storia mi ha lasciata davvero a bocca aperta perché ti rendi conto di come la vita possa essere paradossale e scopri come proprio le due antagoniste della guerra per la conquista del grande show, resteranno entrambe fregate da qualcosa di completamente impensabile. 
E questo davvero non riesci ad aspettartelo, non puoi. 

Il romanzo è perfettamente lineare, furbo ed intrigante, non vi porta per i vicoli né per stradine buie, vi conduce, se avete occhi per vedere, direttamente dove volete andare e dove avete bisogno di arrivare per capire. Paola Zivelli sa scrivere storie, è una che con la scrittura ci vive, e si vede. 
C’è poco da fare, puoi anche metterti lì a cercare, frase dopo frase, per scovare una falla, un fosso, un passo falso ma non lo trovi. E’ tutto ben incastrato, come un giallo che leggi per la curiosità di scoprire chi è l’assassino. La stessa curiosità mista ad ansia la provi nell’attesa di scoprire chi è la prossima star. Quella tensione che sale, quel pizzico di terrore, quel saper mescolare presagi, maledizioni, incubi tormentati e illusioni tortuosamente abbellite da fantomatiche verità, rendono questo romanzo molto più che la storia di ciò che si nasconde dietro la tv. Lo rendono una trama che cattura, che t’incuriosisce, che ti prende, proprio come se stessi leggendo un thriller di alto livello e fossi tutto proteso ad arrivare alla fine, per afferrare finalmente la soddisfazione che meriti, dopo aver tanto penato e aver sofferto dietro quel mistero. 

Paola Zivelli è brava a non farti neanche lontanamente immaginare l’abominio mostruoso che soltanto le ultime pagine sveleranno, quella prossima star che tutti attendono e che l’oscuro Rambaldi ha finalmente trovato. 
E’ un gioco spietato e drammatico quello della televisione, che miete continuamente vittime eppure è anche capace di rinnovare le vite e caricarle di nuove e preziose energie. 
Il finale è pazzesco, folle, inaspettato e come un cerchio perfetto tutto ritorna a collegarsi e a unire il filo sottile che lega quella figura macabra ed evanescente che si muove come una marionetta fin troppo umana alla nascita della nuova star. 

Il piccolo grande schermo, come ce lo racconta l’autrice, fa rabbrividire. Perso nei suoi lustri e nelle sue musichette da varietà, lo show mette terrore come le più classiche storie dell’orrore. In quell'ambiente niente si salva e tutto è perduto e proprio per questo fin troppe persone sono pronte a tutto e leggere fino a che punto, fa ingenuamente tremare chi non è ancora pronto a scoprirlo. 

La televisione insieme ai mezzi di comunicazione di massa viene considerata parte del quinto potere, ossia un potere capace di creare consensi. Nel romanzo emerge chiaramente quanto dietro ogni programma televisivo ci sia la scelta di catturare il pubblico, confonderlo, appropriarsi di tutto l’interesse e muoverlo a proprio vantaggio. La tv è in grado di creare una realtà che possa essere usufruita da chi la guarda, mettendo in evidenza solo ciò che deve essere visto, guardato e pensato e omettendo tutto il resto. Pasolini sosteneva che la televisione si asserve alla massa dei telespettatori per asservirli e per indirizzarli verso un modo di pensare fatto di banalità, ignoranza e vanità. Come se al mondo non servisse altro, proponendo soltanto valori falsi ed alienanti perché il sistema che sta dietro la tv, agisce in modo che chi la guarda sia concentrato su determinati aspetti e si dimentichi dei veri problemi. 
Se solo pensiamo all’orrore che quotidianamente i grandi salotti della tv ci profilano riguardo le morti, gli assassini, le tragedie familiari che non fanno altro che accendere quella curiosità macabra verso la morte che forse non appartiene neanche a ciascuno di noi, ma ci viene suggerita, imposta dal modus pensandi che la tv ha creato per noi. 

Oggi tutto va in televisione, talk show, grande fratello, grandi show del sabato sera non fanno che parlare, giudicare, criticare molto più di qualsiasi vero processo nei tribunali. Basta che si guarda la tv e sembra che il colpevole già sia stato sentenziato. Così come un misero televoto decide chi deve uscire dalla casa più famosa d’Italia, così un branco di figurine televisive, tra pseudo criminologi e presunte giornaliste e qualche politico dismesso, decidono chi sarà il prossimo innocente a cui dare la medaglia del personaggio più discusso della settimana. Che siano donne, uomini o bambini, che importa? 

La tv divora, mastica, ingoia qualsiasi cosa. E pochi si rendono conto che quelle che ci propinano non sono altro che verità impacchettate con i fiocchi e le coccarde. Dovremmo tutti capire una cosa, che oggi più che mai, la televisione è uno strumento molto pericoloso, un vero e proprio lavaggio del cervello, che non ammette repliche, che ossida, annienta le funzioni del nostro pensiero. La tv ci fa vedere solo ciò che qualcuno vuole che noi vediamo, sappiamo, pensiamo. 

Discussioni, dibattiti, litigi, fantomatiche indagini, non sono altro che grosse caramelle da luna park che ci danno per farci riempire la bocca e non pensare.

Purtroppo chi dice queste cose è una che la televisione non la guarda e non l’ha mai guardata. Quindi non chiedetemi cosa passano alla tv stasera, ho un libro sulla scrivania. Ma voi intanto leggete il libro di Paola Zivelli e dopo forse la tv la guarderete con occhi diversi, gli occhi di chi sa come funziona. 

Ringrazio l’autrice per avermi dato la possibilità di leggere il suo romanzo. E’ stato un onore per me entrare nel suo “mondo” e comprendere, spero, ciò che lei vuole che si sappia di ciò che riguarda la sua storia e non solo.




domenica 21 dicembre 2014

La Harlequin Mondadori vi consiglia: cinque libri da regalare alle vostre amiche! ❤

Buongiorno lettori! Oggi è una giornata di segnalazioni e di consigli per quanto riguarda i regali da fare alle vostre migliori amiche! La Harlequin Mondadori vi consiglia cinque splendidi libri, tutti di generi diversi, accattivanti ed intriganti per ogni tipo di amica! Quindi pensate bene alla sua personalità e scegliete il regalo giusto per lei!





Ed ora diamo il via alle cover e alle trame!



Per: Le amiche più trendy...

Autore: Sarah Morgan
Casa Editrice: Harlequin Mondadori
Genere: Contemporary Romance


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TRAMA: Kayla Green odia il Natale. Farebbe qualsiasi cosa per evitarlo del tutto, così, quando le si presenta l'occasione di lavorare durante le vacanze, la coglie al volo. Kayla è un mostro sacro delle pubbliche relazioni, e ora dovrà occuparsi di una struttura alberghiera di lusso in montagna. Perfetto! Quello che non sa è che l'impresa del suo cliente, Jackson O'Neil, è a conduzione familiare, che lì tra montagne innevate e addobbi di stagione il Natale è più presente che mai, e che l'atmosfera è calda, accogliente e decisamente festiva. Inoltre, a rendere più coinvolgente e inebriante il suo soggiorno tra i monti ci si mette pure questa intensa e fastidiosa attrazione per Jackson. Un'attrazione che la porterà chissà dove. Ma certo non a letto con lui. O sì? Una commedia romantica che si legge d'un fiato e scalda il cuore, mentre fuori nevica.



Per: Le eterne sognatrici...

Autore: Nora Roberts
Casa Editrice: Harlequin Mondadori
Genere: Contemporary Romance


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TRAMA: Arriva un momento dell’anno in cui tutto assume un’aria speciale, in cui pare che i miracoli avvengano davvero e la speranza si accende di nuovo, tanto da spingerci a desiderare l’impossibile, o quasi. È il Natale! Saranno le luminarie, il freddo, la neve… tutto appare speciale a grandi e piccini. Che si tratti di un giornalista che vuole riavere con sé la ragazza che ha lasciato, o di una coppia di gemelli che desiderano una nuova mamma – e hanno già in mente chi sarebbe perfetta per papà – oppure di un tipo solitario, che chiede solo di essere lasciato in pace, il Natale ha in serbo un regalo che può cambiare la vita in meglio. Basta lasciarsi andare e seguire l’amore. Il resto viene da sé.



Per: Chi ha sempre la battuta pronta...

Autore: Kristan Higgins 
Editore: Harlequin Mondadori 
Genere: Contemporary Romance


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TRAMA: La perfezione è la caratteristica principale di Honor Holland, precisa, impeccabile e organizzata come nessuno mai. Tanto che a ogni compleanno ha un bizzarro appuntamento fisso e imprescindibile. Una sorta di messa a punto, per essere certa di non stare invecchiando troppo. Quando però, viene mollata dall'uomo che ha frequentato, di nascosto, per una vita, il muro di perfezione dietro il quale si è a lungo nascosta crolla, rendendola avventata e impulsiva, tanto da prendere decisioni impensabili per lei. Così, un po' per fare ingelosire quel farabutto, un po' per spirito di solidarietà, accetta di sposare Tom Barlow, che ha bisogno di un matrimonio di convenienza per ottenere la Green Card. Ma trattandosi di Honor, c'è da aspettarsi che questo finto fidanzamento si riveli la cosa più autentica che le sia mai capitata. Così perfetta come solo l'amore può essere.




Per: Chi ama le storie hot...

Autore: Megan Hart 
Editore: Harlequin Mondadori 
Genere: Erotic Romance


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TRAMA: Il sesso a volte può essere una fuga, un mezzo per creare una realtà parallela, dove sentirsi vivi e smettere di pensare. E' ciò che crede Stella che, ogni tanto nel fine settimana, prende un aereo e parte per una destinazione qualsiasi. Non importa quale, perché lei non è interessata a visitare questa o quella città, il suo obiettivo è un altro. Si ferma al bar dell'aeroporto e lì abborda uno sconosciuto per una notte di sesso anonimo e senza legami. Le sembra questo l'unico modo per alleggerire la tensione e le preoccupazioni della vita quotidiana. Finché un giorno, volando a Chicago per lavoro, incontra Matthew, un ex pilota, che entra nella sua vita in maniera inaspettata. Stella infatti, per la prima volta da tantissimo tempo, è realmente attratta da lui, tanto da smettere di fingere e dargli il suo vero nome. Il sesso tra loro è esplosivo e si crea un'intimità intensa e nuova per entrambi. Ma le cose non sono semplici come possono sembrare. Stella e Matthew, infatti, hanno un passato difficile con cui fare i conti e sentimenti con cui riconciliarsi. Un romanzo intenso, che mostra come anche dal dolore più profondo si possa guarire.




Per: Chi ha voglia di innamorarsi...

Autore: Chelsea M Cameron 
Editore: Harlequin Mondadori
Genere: New Adult 
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TRAMA: Fin dal primo incontro, Taylor Caldwell non sa se desidera baciare o prendere a pugni Hunter Zaccadelli, il suo nuovo coinquilino. Da una parte Hunter è un affascinante ragazzo dagli occhi blu, irresistibile e pieno di charme. Dall'altra è il tipico bad boy, con la chitarra sempre in mano e il corpo coperto di tatuaggi. Forse è per questo motivo che Taylor ha paura di innamorarsi di lui, non vuole restare scottata e quindi è necessario che Hunter se ne vada... prima che sia troppo tardi. Anche Hunter ha avuto le sue delusioni e i suoi dolori nel passato, ma Taylor ha una risata così sexy e inoltre non gliene fa passare una liscia! Insomma non può darsi per vinto facilmente e le propone una scommessa: se lei riuscirà a convincerlo che lo odia o lo ama sul serio, lui se ne andrà dall'appartamento, lasciandola finalmente in pace. Ma quando il passato riemerge all'improvviso Taylor deve decidere: fidarsi di Hunter confidandogli il suo segreto più nascosto o fare tutto il possibile per vincere la scommessa e allontanarlo per sempre.

giovedì 18 dicembre 2014

Trio di Annalisa Pardi Recensione

Buon pomeriggio cari lettori, dopo quasi una settimana di assenza, torno con una recensione di un libro davvero bello pubblicato dalla casa editrice Leone che ringrazio tantissimo per la fiducia dimostratami e scritto da Annalisa Pardi, scrittrice che non solo si occupa di narrativa ma anche di teatro e di cinema. Il libro è Trio, una storia molto particolare, ambientata in Italia negli anni '30, che ha come protagonisti la musica classica, il pianoforte ed un trio composto da due uomini e una donna. Una storia di passione e di amore oltre ogni convenzione, che per l'intensità della scrittura e per la profondità delle emozioni, vi lascerà a bocca aperta. 

Leggete la recensione e come sempre fatemi sapere cosa ne pensate!




Titolo: Trio
Autore: Annalisa Pardi
Editore: Leone
Pubblicazione: Settembre 2014
Genere: Romanzo
Pagine: 480
Prezzo: Cartaceo 14.00



TRAMA

1928. Mentre una crisi di dimensioni incalcolabili si profila all’orizzonte per la società italiana, l’ex pugile Leone (Leonardo) Salis, con la sua fiammeggiante Alfa Romeo, acconsente ad accompagnare la sua giovane conoscente Ida, collezionista di quadri fiorentina, a un’asta d’arte a Mantova. L’uomo spera di poter conquistare la ragazza quando un terzo compare improvvisamente nelle loro vite, il pianista inglese Albert Andrew Hall. Leonardo e Ida accompagneranno il pianista in tutte le tappe del suo itinerario italiano, in un triangolo di passione, amicizia e tensione.

BIOGRAFIA

Annalisa Pardi si è laureata in Cinema teatro e produzione multimediale nel 2006 col punteggio di 110 e lode. Nel 2004 ha fondato a Pisa la compagnia teatrale e associazione culturale Quieta Movere, in cui ricopre i ruoli di vicepresidente (presidente dal 2004 al 2008), drammaturgo, regista, organizzatore e addetto alla formazione e con la quale ha ottenuto svariati premi in rassegne e concorsi teatrali nazionali.





1928. Leone Salis e Ida Dal Ponte, due semi sconosciuti vanno ad un concerto a Mantova dove appare il misterioso pianista inglese Albert Andrew Hall

Le ambientazioni scivolano come un abito che indossi e che ti calza perfettamente. La teatralità visiva degli ambienti è eclatante e lo stesso vale per le descrizioni così accentuate e mature dei protagonisti che non puoi smettere di guardare. La verità è che sono stata immediatamente catturata dallo stile dell’autrice, così ricco, fatto di esperienza figurativa e visiva, come se ogni immagine, scaturita dalle parole, fosse frutto di un attento e delicato disegno, stilizzato con cura e padronanza della matita stilistica, senza alcuna sbavatura.

Ho amato il modo in cui Ida prende corpo davanti a me, attraverso lo sguardo estasiato di Leone. Lei è una giovane ereditiera italiana, collezionista di quadri, con un’inusuale istinto per la bellezza. Amante della cultura e della musica, vive senza compromessi. La sua vita di vent’anni è fatta di conoscenza e di scoperta, alla costante ricerca del bello in tutte le sue forme. 

“Era l’opera d’arte fragile e forte di un dio capriccioso e senza virtù.” 

Una donna inusuale per l’epoca, che non pensa a sposarsi o a sistemarsi ma solo ad inseguire le sue passioni, unici diademi in grado di arricchire la sua personalità. Ho apprezzato il modo in cui Annalisa Pardi usa le parole, insistendo molto sui sensi, in particolar modo la vista e l’olfatto, per descrivere Ida. 

“Odorava di rosa, e di cipria e di rossetto.” 

Questa frase mi ha fatto sorridere. Ho immaginato perfettamente quell’odore, perché le parole, brevi e sintetiche, in poco spazio, sono state in grado di farmi ricordare esattamente quel profumo che apparteneva ad una persona cara della mia infanzia. La grandezza della scrittura è anche questa: ovunque sei, le parole, segni che rompono i limiti fisici per anelare alla dimensione metafisica della memoria e dell’interiorità di chi apprende e conosce la storia, sono capaci di strapparti di dosso la tua corazza e riportarti a galla sensazioni che avevi dimenticato, ma che fanno parte di te, molto più di qualsiasi maschera che hai adottato per non lasciarti guardare. 

Leone è incantato da Ida: è la donna che vuole. 

“Era il suo apparente disinteresse di fronte ad ogni cosa terrena, come il cibo o il sesso, a renderla così eccitante.” 

Lui è un ex pugile di origini napoletane, che adesso vive a Roma, risalito dalla gola impietosa della miseria e della povertà per raggiungere le più alte vette della vittoria sportiva. Ammirato e temuto da tutti, quando combatteva, non vinceva mai per forza ma per volontà. Sopravvissuto ad una lunga serie di esperienze, ha avuto molte donne e si è lentamente inserito nei salotti artistici e culturali, non solo apprendendo le forme comportamentali di facciata ma soprattutto istruendo la sua intelligenza e la sua preparazione. E’ ormai diventato un uomo ammirato con il suo volto cinematografico e le sue maniere da galantuomo e la stessa Ida non può non notare il legame sottile e misterioso che li unisce. 

Già dalle prime pagine respiri l’atmosfera, la senti invaderti le narici fino ad arrivare alla testa e capisci che non puoi sbagliarti: sei lì insieme a loro e riesci a percepire persino gli stessi suoni e la stessa musica. Una storia che lascia trasparire sensualità suggerita dai personaggi, dalla loro vita e dal modo in cui si legano così tenacemente ed irresistibilmente. Scorre un senso di non detto, disperso in mezzo a quel fiume di frasi che sembrano così chiare e definite ma in realtà non fanno altro che sussurrarti all’orecchio qualcosa di altro, un fascino apparentemente distante e straniero che ha la capacità di condurti lontano. 

“Salis aveva da sempre, un successo spietato con le donne. Era quel che si può definire un uomo bello, ma la sua era una bellezza talmente sporcata dalla vita e dagli eventi, che ogni ruga del volto, ogni piega, sembrava tracciare attorno ai suoi tratti un fascino ulteriore.” 

Intensa la scena in cui Leone dichiara il suo sentimento ad Ida. Una semplice frase che nasconde un mondo intero di tormento. E i momenti successivi, incalzanti e spietati nei quali come un castello di carte che cade inesorabile con l’arrivo del vento, così i sentimenti di entrambi vengono messi drasticamente a nudo. Albert invece, pur soffre e immagina, desidera e cela, ma con maggiore astuzia e dunque freddezza. All’apparenza sembra essere fuori dal groviglio di emozioni e pericolo che rappresenta quella coppia che gentilmente si è offerta di accompagnarlo nella sua tournée, eppure anche lui, dietro la corazza dell’indifferenza e della noncuranza, è ormai parte di quel trio anticonvenzionale, da cui sarà difficile, se non impossibile, staccarsi. 

Il racconto è intrigante ed accattivante così come lo è questo Trio formato da due uomini agli antipodi, un ex pugile ed un pianista, ed una donna assetata di scoperta. In principio tutto sembra perfetto: Leone e Ida si sono dichiarati il loro amore, seppur senza approfondire, ma l’ombra di Albert, ignota e potente, turba, mettendo a tacere quei sentimenti ancora troppo fragili per imporsi nei cuori di entrambi. 
Leone è troppo galantuomo per esigere un chiarimento e Ida è incantata dalla potenza e della delicatezza del pianista. I due uomini si ammirano e si odiano vicendevolmente. Ambiscono alla stessa preda e questo li rende animali pronti ad attaccare seppur ognuno nel modo che ritiene più congeniale. 
Leone è sanguigno, popolare, intenso, drammatico, le sue esplosioni di emozioni sono spontanee, vive, capaci di smarrire ed ottenebrare la mente. Albert invece è più macchinoso e previdente e molto spesso la stessa autrice lo descrive con un sorriso insolente sul volto che non fa altro che indispettire chi lo guarda. 

Lo stile di Annalisa Pardi è passionale e concreto. Non perché ciò che racconta siano scene d’amore ma perché la sua scrittura rende di carne ogni suo personaggio ed ogni sua reazione. Ci sono libri, seppur scritti bene, che hanno una freddezza di spirito che non riesci a sentire i personaggi e le scene neanche se lo desideri ardentemente. Qui invece è naturale lasciarsi ammaliare dalla vivacità e dalla prorompenza vitale di Leone e di Ida. 
Albert invece è diverso. E’ malinconico, buio, al contrario di Leone che è solare e vivace. L’inglese ha capito sin da subito che il suo fascino particolare ed inconsueto ha messo in crisi il nascente rapporto d’amore tra Leone e Ida ma non vuole cedere, non ancora, continuando a mostrare indifferenza. Un’indifferenza che non durerà a lungo di fronte alla bellezza maestosa della passione e dell’amore. 

Ma è il personaggio di Ida a far tremare la terra, così apparentemente disinibita, libera, aperta. E’ sua la scelta di viaggiare da sola con due uomini, al di là di qualsiasi legge morale o sociale, pronta ad inseguire il suo sogno, qualsiasi sia il prezzo. 

“Aveva scelto di vivere questa storia caduta nell’irrealtà, questo strappo al velo delle convenzioni. Lo sapeva bene. Non sapeva però quanto a lungo avrebbe avuto il coraggio di portare avanti la follia di una fuga a tre.” 

Albert Andrew Hall, maestoso e terribile insieme, che sembra una divinità e non solo quando suona. Il suo aspetto conserva qualcosa di così delicato e surreale da sembrare mistico e bisognoso di fede. Leone ed Albert rappresentano il terreno contro il divino. In questa preziosa contrapposizione si annida tutto il senso e il pericolo dell’attrazione. 

Lo stile è a tratti poetico, metaforico, permettendo così al lettore di cogliere quella grazia e quella veridicità nelle immagini che per chiunque altro arriverebbero sbiadite ma non per Annalisa Pardi, che rende colorata, impressionante ed elegante qualsiasi scena. I sentimenti e le passioni sono turgide, pulsanti, sono vistose ma mai volgari. Ti affascinano e ti accarezzano, invogliandoti a prenderne parte, anche solo per sentire cosa si prova ad essere così ardentemente parte di qualcosa. 

Più passano tempo insieme, più la follia diventa carne, sangue che scorre nelle vene di questi uomini e questa unica donna, consapevole ed ingenua condottiera, smarrita e confusa di un amore al limite del dicibile, quasi inenarrabile perché non esistono parole per descrivere passioni così grandi da far tremare. 

Ida ama sia Leone che Albert, di un amore sconosciuto, indomito, selvaggio, affamato. Straniero perché sono stranieri i due uomini che le sono accanto, conosciuti da pochissimo tempo eppure capaci di entrarle nell’anima. 
L’autrice mette insieme le parole e ci fa sognare. Le lettere, apparentemente innocue si susseguono, leggere e flebili nella loro luce sottile d’inchiostro eppure provocano tempesta e devastazione nei cuori di chi ne percepisce l’ardore. 

Le scene che ritraggono i tre insieme sono affascinanti, sensuali, cariche di quel non detto capace di fermare i cuori. 

“Poi parve che le due mascelle si cercassero per divorarsi, unite a formare un’unica bestia affamata e rossa e crudele.” 

Nulla può Leone contro la passione viscerale di Ida, non può fare altro che donarle la sua forza ed il suo desiderio, sottomettendosi a quell’amore così simile ad un miracolo. E niente può neanche Albert, che sotto la pioggia impazzita, impazzisce di rabbia quando Ida lo accusa di aver fatto tardi per essere andato con una puttana. Gelosia, rabbia, violenza, follia si concentrano in un solo dannato istante nel quale Ida bacia anche Albert, con la stessa disperazione e la stessa tragedia. 

Un amore forte tre volte che coinvolge corpo ed anima, cervello e volontà. Ida è l’angolo su cui grava il peso di tutta quella forma geometrica delle passioni. E’ lei che ama sia la forza e la vitalità di Leone che la divinità dell’artista che si racchiude nell’anima di Albert. Li ama entrambi in modo struggente e doloroso. Leone è irresistibilmente ingenuo, onesto, appassionato. Il loro è un legame fuori da qualsiasi schema e regolamentazione. Lui ed Ida sono gli emblemi della vitalità e dell’incendio dei desideri mentre Albert sa provocare sensazioni e riesce ancor meglio a goderne, con la sua apparente calma ed autocontrollo. E’ più misurato, più cosciente, meno sfrontato ma l’effetto che ha sugli altri è ugualmente devastante. 

Le scene in cui il trio esplora se stesso, dischiudendo le proprie voglie e i propri intendimenti in un groviglio di mani e di baci che non risparmiano nulla e che si abbeverano dell’innocenza e della purezza di ciò che è ancora sconosciuto ma terribilmente riconoscibile, sono descritte in modo raffinato e soffuso. Quegli atteggiamenti dovrebbero gridare allo scandalo e invece sembrano immagini dipinte su quadri di nuvole, con un pennello invisibile. 

La mano dell’autrice scrive di momenti inafferrabili, così profondi, dotati di calore e di fragilità da non poter essere accolti se non come attimi penetranti di vita e di amore. 
E’ un’invasione di emozioni, il racconto di un peccato che peccato non è. Proibito, dannato, inconsolato alla strenua ricerca di un appagamento a cui non si può dire basta. Nella notte si consuma la tensione di quel legame, come un incantesimo, una maledizione, una magia dal sapore dolce ed inebriante del sogno. E’ la notte la culla degli amanti senza sesso e senza genere. Ogni freno cade in pezzi e si frantuma l’orgoglio, l’inibizione, la rivalità che domina gli animi quando la luce è ancora alta. 

L’idillio viene però interrotto da una presenza scomoda ed ingombrante. La moglie di Albert fa la sua apparizione creando scompiglio nelle vite del trio. Così come l’amore ha creato, distrugge. E le convenzioni sono state bruciate e di esse non è rimasto altro che cenere. Sempre più folle, sempre più indomito il comportamento degli amanti persi nella loro gelosia ed ossessione. Possessione e negazione sono i due principi cardini delle reazioni umane, spregiudicate ed insensate di fronte alle immani conseguenze. 

“Ecco: siamo nell’arca e siamo in tre. Forse c’è il diluvio universale. Ma noi ci salveremo.” 

Trio è un romanzo disperato che sa di temporali e di tempeste. Non è solo anticonvenzionale per l’epoca in cui è ambientato ma forse lo è anche per il nostro oggi che con fatica approverebbe una storia d’amore così piena di ira, di rabbia, di insoddisfazione, nella piena e costante ricerca della felicità sbagliata.

Leone, Ida ed Albert sono figure danzanti in una primavera di stelle, che poi diventa autunno e trema di fronte al più ghiacciato inverno, eppure quel sentimento supera le rughe del tempo, affonda nella memoria per scavarsi un posto che non possa essere dimenticato. 
Un amore che forse non può essere compreso se lo si osserva nella sua forma, quel trio così scandaloso e sfacciato. Eppure se lo guardiamo nel suo contenuto, e ci lasciamo cullare dai suoi incantesimi, dalle sue carezze e sogni, ci rendiamo conto che non è altro che Amore, uguale a qualunque altro. 
Un bisogno folle di ritrovarsi in qualcun altro. Un'armonia dettata da un Trio la cui esistenza determina un’estasi di fughe, di necessità, di certezze e languori che va oltre i sentimenti mortali di chi dell’amore conosce solo il calore ma non la radice della fiamma che non deve morire. 

La prima parte del romanzo è pura passione e pazzia. La seconda è inquietudine ed oscurità. Un’ombra che non abbandona neanche la notte, insegue i protagonisti finchè non mettono a nudo tutti i loro desideri. 

Non si può non amare questo libro, non si può non cogliere la passione per ogni emozione umana, la sua tragedia, il suo pianto, la sua febbre viscerale di appartenenza. Ogni pagina è un omaggio al dolore e all’amore, è un invito a godere della vita, qualunque cosa ne vogliate fare. 

Mangiate la vita, sembra dire qualcuno. 

Perché No Time Like Present. Nessun tempo è come il presente. 
Tutto è ora e qui.



venerdì 12 dicembre 2014

Poche storie di Stefano Uggè Recensione

Buon pomeriggio! Prima del weekend ho voluto pubblicare la recensione di questa raccolta di racconti di un autore, Stefano Uggè, di cui ho già recensito un romanzo, intitolato La setta delle tre erre, che potete leggere quiAdesso invece, vi parlerò di una serie di storie che hanno a che vedere con il soprannaturale, il terrore e la paura! Insomma per gli amanti del genere e non, può risultare una lettura molto interessante. Provare per credere!




Titolo: Poche storie
Autore: Stefano Uggè
Editore: Cavinato
Pubblicazione: 2014
Genere: Racconti Noir
Pagine: 120
Prezzo:10.20
Link acquisto



TRAMA

Troviamo in questo libro una raccolta di racconti noir, adeguata ad ogni lettore, pur se non prettamente amante di questo genere di lettura, in quanto le storie narrate in questi scritti, non portano alla "noia" ma liberano la fantasia in particolar modo nella particolarità che l'autore, Stefano Uggè, ha nello scrivere le parti finali dei racconti. Una serie ,in sequenza, di letture che scorre fluida e accattivante, in descrizione delle varie città in cui le vicende si svolgono e prendono forma. Come anche gli ambienti, i personaggi, e i minimi particolari ben descritti insieme agli scenari. Ci troviamo quindi, in un contesto di vivibile lettura in tutti gli aspetti del libro. Ogni racconto è una città diversa, un posto diverso in cui vivere un'avventura nonché la suspance che la accompagna, e che diventa viva leggendola. In "Poche Storie" si possono apprezzare eclatanti scene che spaziano tra realtà, mistero, fiato sospeso, colpi di scena ed il surreale che appartiene al genere. Ci possiamo trovare quindi con la bellissima ed angelica "Eleonora", o con David...



BIOGRAFIA

Stefano Uggè nasce a Lodi il 15 giugno 1974. Sin dalle scuole medie mostra di avere grande fantasia e si cimenta con i propri compagni di classe a scrivere piccole parodie di film o di canzoni, per puro divertimento. Nel tempo libero legge i racconti di E.A. Poe e qualche libro di fantascienza. Attorno ai 18 anni scopre la passione per Stephen King, ma distratto dai divertimenti adolescenziali (playstation, amici, calcio…) accantona il piacere di scrivere. Nell’estate del 2006 divora “ON WRITING”, l’autobiografia di S. King. Grazie a quel libro, infatti, si riaccende in lui qualcosa che forse non si era mai del tutto spento, ma era stato solo accantonato in un angolo remoto della sua personalità. Un po’ per gioco e un po’ per sfida personale, scrive il suo primo racconto : “IL CASTELLO” che viene incluso nell’antologia del Premio Logos II edizione, come uno dei migliori racconti del concorso letterario. Successivamente scrive altri racconti che pubblica sul web: “IL TAGLIO PERFETTO”, “GALLERIE”, “LA FERITA”. Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo, edito da “CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL” intitolato “LA SETTA DELLE TRE ERRE”, e la raccolta Noir “POCHE STORIE”.




“Quello che sto vedendo adesso, così atroce e macabro, è un potente segnale che mostra l’esistenza di qualcosa che si può identificare come IL MALE, indipendentemente dal nome con il quale lo si vuole chiamare.” 

Una raccolta di storie horror che inizia nel modo più inquietante, presentandoci le forme spaventose di un castello che incarna perfettamente le caratteristiche di questo genere letterario. La sua descrizione è minuziosa e carica di particolari proprio perché l’autore pretende di farci vedere subito ciò a cui stiamo prendendo parte, leggendo. Un’intensa aria che sa di orrore si respira sia all’esterno che all’interno del castello e non è difficile immaginare che qualcosa di molto sbagliato stia per accadere. E’ proprio nella Sala delle Torture, in cui verremo condotti insieme ai personaggi, che la razionalità si ritira impaurita di fronte alla follia e alla più arcana paura.
I demoni interiori delle lunghe e sanguinose torture prendono il sopravvento portati dalla nebbia, nemica delle anime che cercano invano una salvezza che non può esistere in un luogo come questo. 

Lo stile di Stefano Uggè, di cui ho già recensito il romanzo intitolato La setta delle tre erre, è una piacevole conferma. Il lieve senso di ansia e di imperturbabile silenzio avvolge le atmosfere colorandole lentamente di nero e soffocando qualsiasi grido di aiuto. Il castello è l’emblema dei racconti del terrore ma qui non troviamo mai scene splatter o condizioni in qui l’orrore è portato all’esasperazione del macabro, rendendolo spesso ridicolo. L’autore riesce a raccontare, imprimendo in chi legge, il desiderio di andare avanti con l’ansia di fare un passo indietro che poi alla fine non fai, perché tanto sai che in fondo sei fuori da quei luoghi nefasti e malvagi, anche se la tua mente ti suggerisce il contrario. 

Ne Lo strano incontro, molti elementi si fondono creando una storia all’apparenza normale, nella quale però vengono poi inseriti elementi legati al mistero e alla suspense. Ci si accorge solo alla fine che colei che era la vittima in realtà non è assolutamente ciò che appare, e l’autore, anche in questo caso come nel romanzo citato in precedenza, è molto bravo a descrivere i meccanismi mentali che creano mostri dentro e fuori le anime dei protagonisti. Mostri che grondano follia o veri e propri demoni che prendono possesso delle anime fragili e dedite inconsciamente al male. Così tragedie del passato si rivelano figlie del presente e difficili da estirpare soprattutto quando chi fa del male è insospettabile. 

Le atmosfere sono sempre lente, molli, appiccicose di quell’ansia che non riesci a toglierti di dosso. Ed è in questo che si cela tutto l’orrore di una devastazione mentale e fisica che conduce a compiere atti malvagi da parte di assassini privi di logica. Con minuzia e dovizia di particolari Uggè ci racconta anche e soprattutto le scene più raccapriccianti e per i deboli di stomaco è meglio non guardare. 

In ogni racconto l’ambientazione riprende un luogo tipico delle storie horror. Castelli, catacombe, sotterranei, case infestate di fantasmi. Ed è proprio un fantasma ad intimorire i protagonisti del racconto L’annuncio. Il fantasma di una bambina che ha ancora qualcosa da dire al mondo. 
Lo stile di Uggè è maledettamente preciso nella sua inquietudine. Non puoi non accorgertene. La scrittura scorre priva di errori e lui tranquillamente ti conduce laddove vuole, senza distrazioni. Nei suoi racconti è apprezzabile la capacità di coinvolgere il lettore in storie sempre ben costruite e mai lasciate al caso del tanto per fare. Storie che via via si complicano come in una sorta di piramide capovolta in cui la punta coincide con il primo racconto più breve e semplice dal punto di vista dell’intreccio ed immediato da quello dell’effetto, e la base con gli ultimi racconti sempre più articolati ed intensi, sia per l’intreccio sia per lo spessore e la quantità delle emozioni coinvolte. 

Luoghi non solo infestati da fantasmi ma anche da altre entità paranormali che si mostrano in tutto il loro orrore. Terre dimenticate in cui sanguinose vicende di vendetta e di morte sono state seppellite per non essere mai conosciute. Eppure il male di Uggè trova sempre il modo per arrivare, per raggiungerti anche quando pensi di esserti messo in salvo. E questo l’autore ce lo fa capire in modo chiaro, senza alcuna possibilità di fraintendimento. Non esistono fughe possibili. Scenari da brivido in cui misticismo e fede si contendono lo scettro della verità. E in questi racconti tutto è terribilmente possibile. 
State a guardare. 

Incubi che uccidono come fossero reali, premonizioni, atti di violenza e squallore, perdite di controllo, segreti e misteri nascosti nei luoghi più impensabili rendono queste letture un minaccioso panorama sull’incubo attraverso gli occhi di un autore che ancora una volta dimostra di conoscere molto bene ciò di cui sta narrando. Il suo stile è sempre scenografico e anche se chiudiamo gli occhi ormai le porte della nostra mente sono spalancate sull’abisso nero e informe dal quale risalgono creature di cui non conosciamo il nome e mai vorremmo saperne. 
E a volte capita che quella vendetta seppur così tremenda ed efferata possa farci tirare un sospiro di sollievo ma è solo un attimo perché sappiamo che dietro ogni azione di queste storie c’è sempre un’unica forza che sa di dolore e di morte. Che odora di muffa e si ricopre di cenere bruciata. Non c’è spazio per la luce né per il profumo caldo della vita. 
Spazi angusti, chiusi, impenetrabili. Sono così le atmosfere nelle quali manca l’aria, dove non puoi respirare. 

Uno dei miei racconti preferiti è Il controllo. Anche qui l’ambientazione è tipica del genere: un albergo. La narrazione è incredibile, tutto è il contrario di tutto e accade ciò che non ti aspetteresti mai. Più si va avanti nella lettura e più l’autore dimostra padronanza, sicurezza, incastrando perfettamente tutti gli elementi al posto giusto. Le sue parole sono penetranti, crude, visivamente incandescenti. Come puoi non vedere? Come puoi non sentire? Tutto quel dolore, quella rabbia, quell’orrore. Le parole gridano ed esigono la tua presenza. E tu non riesci a sottrarti. Vuoi sapere, vuoi vedere come va a finire perché il ritmo diventa sempre più incalzante e tu ti lasci rincorrere dalle storie o le rincorri tu stesso per dirti che sei arrivato alla fine sano e salvo. 

“Il controllo. Adesso era suo.” 

Il controllo è un racconto cattivo, di quelli sbagliati, irriverenti, nei quali non esiste alcuna forma di redenzione. Dolore per il piacere del dolore. La sofferenza per godere, il pungente odore del male che fa della carne e del sangue il suo trofeo. 

Queste sono storie cattive per gente che non si spaventa. Che non ha paura degli incubi prima di andare a dormire, che non trema di fronte all’imponderabile, che non scappa da quei luoghi che si portano addosso le cicatrici della maledizione. 

Punto e a capo è un racconto legato alla scrittura dove il protagonista scrive storie di cui è terrorizzato lui stesso. L’intreccio si sgretola sotto i nostri occhi, tutto comincia a muoversi vorticosamente e non riesci più a capire se è un incubo o è tutto dannatamente vero. Il clima che si respira è pauroso, i sensi sono sensibilmente in allarme per qualsiasi cosa e sopraggiunge l’ansia che ti attanaglia mentre stai leggendo di qualcosa che in teoria non ti dovrebbe riguardare. Ma davvero? 

I momenti sono scanditi perfettamente, attimo dopo attimo, come se la paura avesse a disposizione tutto il tempo del mondo. Perché tanto noi non scappiamo. E dove mai potremmo andare? 

“La gola è secca, ho bisogno di un bicchiere d’acqua, ma ho paura di uscire dalla stanza; è la prima volta che mi capita di essere terrorizzato, nonostante scrivo racconti horror.” 

L’atmosfera è surreale. Tutto è incredibile, drammatico, terrificante. Assurdo, astratto, torbido, insano. Le scene sono vivide, maledette, malate, alcune calde come l’inferno che le parole spregiudicate dell’autore non smettono di evocare, altre fredde come il ghiaccio ed insensibili come la morte. 

L’ultimo racconto è dedicato ai libri, ambientato in una biblioteca, alla ricerca di un manoscritto e al cospetto di un incontro inquietante. E’ proprio alla fine di questa storia, che l’anima dell’autore, attraverso l’alterego del suo protagonista, esplode e si confessa mettendo a nudo la sua umile e pura volontà di scrittura, augurandosi che il proprio cammino si popoli sempre di più di nuovi lettori. 

“L’istinto e il destino mi dicevano di sfruttare la mia forte immaginazione. Di coltivare la mia fantasia che continuava a produrre idee sempre nuove. Così iniziai a scrivere altri racconti, di paura, suspense, in bilico sulla linea che separa il filo logico della ragione dal surreale.” 

L’aria è cupa, carica di ombra e di rovine. E’ povera di luce, ansimante di terrore, sconvolta dalla dura legge del male. Non esiste salvezza per l’autore perché le vittime sono sempre gli uomini e le donne, siamo noi che di fronte all’imponderabilità della follia sia essa umana o demoniaca, presenza invisibile o fatta di carne, riconosciamo la potenza inesorabile del soprannaturale contro cui nessuno è in grado di vincere. 

Il mondo che emerge da queste storie è un mondo in cui i morti camminano tra noi, in cui esseri demoniaci ed immortali assumono il ruolo di conquistatori e di nemici dell’uomo e della sua logica. Non esistono eroi, ma solo una natura blasfema che incorpora l’aria e l’atmosfera in cui i personaggi tentano di sopravvivere, rendendola oscura e pesante. L’autore lascia molto all’immaginazione di chi legge ed è proprio quest’ultima a rendere reale e tangibile anche ciò che non può e non deve esserlo. 
Leggendo ho pensato ai racconti di Lovecraft nei quali l’uomo non è che un fuscello privo di volontà di fronte alle forze cieche e malefiche che dominano l’universo. Anche qui è così, per l’autore l’umanità non ha via di scampo, le vite dei personaggi sembrano essere solo pedine per far divertire e per soddisfare altre entità. Eppure come per Lovecraft, anche per l’autore, l’unico cammino possibile sembra essere quello dell’immaginazione e quindi quella del sogno, e come dice lui stesso: “Sognare… non costa niente.” 
E’ vero, basta solo avere il coraggio di non smettere.